Il 4 giugno 2014 sul quotidiano on line “Il Tempo.it” è stato pubblicato sotto forma di “inchiesta” un articolo a firma del giornalista Vincenzo Bisbiglia dal titolo “Una per una le strade di Roma soffocate dalla pubblicità” (http://www.iltempo.it/roma-capitale/2014/06/04/una-per-una-le-strade-di-roma-soffocate-dalla-pubblicita-1.1257166).
Vincenzo Bisbiglia
È riferito al PRIP licenziato dalla Giunta Capitolina il 30 aprile scorso ed ha il seguente significativo sottotitolo: <<Il Comune riduce i cartelloni in periferia e moltiplica quelli destinati al centro>>.
Con il termine “inchiesta” da un lato e con il suddetto sottotitolo dall’altro lato vengono snocciolati tutta una serie di dati che agli occhi di un lettore inesperto possono apparire come una “verità” eclatante che invece non è affatto così e che anzi tradisce una arroganza che è pari alla ignoranza (nel senso offensivo di “chi non sa”), se di tale si è semplicemente trattato.
Ma siccome le cifre riportate dal giornalista Vincenzo Bisbiglia non sono farina del suo sacco, ma gli sono state fornite addirittura da una addetta ai lavori quale non può non essere la Sig.ra Daniela Aga Rossi, nella sua qualità dichiarata nello stesso articolo di Presidente della Associazione Imprese Pubblicità Esterna (A.I.P.E.), che rappresenta ditte pubblicitarie della portata di “S.C.I.” (Società Concessioni Internazionali), A.P.A. (Azienda Pubblicità Affissioni) ed A.P. Italia, allora l’articolo assume una veste chiaramente strumentale e tradisce malamente una evidente opera di discredito dello strumento di pianificazione licenziato dalla Giunta Capitolina, che viene camuffata sotto forma di “verità” in modo del tutto inaccettabile, perché così non é.
Questa operazione diventa ancor più inaccettabile se si considera che nello stesso giorno il suddetto articolo è stato pubblicato sul sito www.esterniamo.it sotto il titolo <<Ri-Esterniamo. “Una per una le strade di Roma soffocate dalla pubblicità”>> con la seguente premessa: <<Ripubblichiamo l’articolo-inchiesta uscito su Il Tempo di oggi sui risvolti che avrà l’applicazione del Piano regolatore degli impianti pubblicitari presentato dal Comune di Roma un mese fa. Il PRIP così come è stato concepito riduce, di fatto, i cartelloni nelle zone periferiche della Capitale ma moltiplica quelli destinati al centro. Daniela Aga Rossi, presidente dell’AIPE (Associazione Imprese Pubblicità Esterna), interpellata dal quotidiano romano, sottolinea l’inapplicabilità e le contraddizioni del Piano stesso>>. (http://www.esterniamo.it/senza-categoria/ri-esterniamo-una-per-una-le-strade-di-roma-soffocate-dalla-pubblicita/)
Dal momento che a mio giudizio si tratta di una operazione che rasenta quasi la diffamazione a mezzo stampa, mi sento in obbligo di dimostrare oggettivamente la falsità di ognuno dei dati che sono stati riportati nell’articolo per dare una presunta dimostrazione della “inapplicabilità” e delle “contraddizioni” del PRIP.
L’articolo esordisce dichiarando quanto segue: <<Via Savoia è una strada interna di 550 metri che costeggia Villa Albani, nei pressi di piazza Fiume. Marciapiedi stretti, molte case e tante auto parcheggiate. Qui il Comune di Roma prevede 130 mq di affissioni pubblicitarie, ben 60 cartelloni del formato di 1,20 x 1,80 metri ciascuno, un cartellone ogni 20 metri su entrambi i marciapiedi.>>
Va premesso preliminarmente che gli elaborati del PRIP non sono stati a tutt’oggi pubblicati, per cui c’è da chiedersi come faccia la sig.ra Daniela Aga Rossi a conoscere in particolare le 14 tavole di zonizzazione e tipi stradali: si deve presumere che abbia fatto richiesta di accesso agli atti ed ottenuto un CD con tutti gli elaborati del PRIP.
Veniamo ora a dimostrare quante autentiche falsità sono state messe assieme nel diffondere a mezzo stampa i suddetti dati, tutti sbagliati: la verifica puntuale è stata da me fatta avvalendosi delle 14 tavole di zonizzazione e tipi stradali del PRIP originario pubblicato a suo tempo .
Foto satellitare tratta da Google Maps
L’intero tratto di 550 metri di via Savoia ricade nella sottozona B2, dove il formato da mt. 1,20 x 1,80 non è affatto previsto dalla “normativa tecnica di attuazione” del PRIP, mentre sono previsti impianti di diverse dimensioni, fino ad un massimo di mt. 3 x 2.
Lungo tale strada è previsto il tipo stradale ST 16: significa che l’indice massimo di affollamento consentito lungo tutta via Savoia è di 16 mq. ogni 100 metri lineari, intesi per entrambi i lati, che la sig.ra Daniela Aga Rossi ha voluto deliberatamente ignorare, inventandosi di sana pianta i 130 mq. complessivi.
Ne deriva che il PRIP consente di installare sui 550 metri di via Savoia una superficie espositiva massima di soli 88 mq. (5,5 x 16) e non certo di 130 mq.: quanto al numero dei cartelloni installabili, che la sig. Daniela Aga Rossi porta strumentalmente a 60 (calcolando che 130 mq. : 2,16 mq. di sviluppo complessivo di ogni impianto di mt. 1,20 x 1,80 dà come risultato 60 cartelloni) c’è da mettere in grande evidenza che non può non aver letto la “normativa tecnica di attuazione” del PRIP che riporta in allegato le schede tecniche dei vari tipi di impianti prescrivendo per tutti una distanza minima di 25 metri tra l’uno e l’altro, e non di 20 metri come afferma invece lei sapendo di mentire e non certo per ignoranza.
Va per di più messo in grande evidenza che la sig.ra Daniela Aga Rossi si arroga il diritto di decidere in anticipo quello che non spetta al PRIP (che si limita a prescrivere gli indici di affollamento per ogni strada), ma ai Piani di Localizzazioni (che dovranno individuare sul territorio le posizioni esatte di ogni impianto, con le relative dimensioni e le facciate, nel rispetto soprattutto delle distanze minime prescritte dal Regolamento di attuazione del Codice della Strada).
Se si considera che all’incrocio di via Savoia con via Salaria c’è un semaforo, da cui gli impianti debbono stare distanti 25 metri in generale o tutt’al più 15 metri ma solo se gli impianti sono di dimensioni uguali o inferiori a metri 1,20 x 1,80, nonché che gli impianti di qualunque formato debbono stare distanti l’uno dall’altro 25 metri, applicando i suddetti limiti al tratto di 550 metri di via Salaria si avrebbe che gli impianti installabili tutti su un lato sarebbero al massimo solo 22 (in quanto 550 : 25 = 22) e non certo 60: se la sig.ra Daniela Aga Rossi avesse fatto lo stesso ragionamento, pur mantenendo la stessa distanza di 20 metri tra un impianto e l’altro, si sarebbe accorta che 550 mt : 20 mt. = 27,5 impianti che se messi in misura uguale su entrambi i lati della strada diventano ca. 13 per ogni lato.
Ma se si considera che con 22 impianti di formato a piacere si deve coprire una superficie espositiva massima di 88 mq., allora viene fuori che la dimensione media di ogni impianto non può superare complessivamente i 4 mq. (perché 88 mq. : 22 impianti = 4 mq.), intesi anche come bifacciali e quindi in tal caso di mt. 2 x 2.
L’articolo prosegue con un 1° paragrafo dedicato a “L’INVASIONE NEL CENTRO” affermando che <<A via Savoia, come detto, ci saranno 130 mq di affissioni, contro i 220 mq di tutta la via Salaria>>.
Foto satellitare tratta da Google Maps che lascia vedere il tratto della via Salaria dall’incrocio con via Savoia ad oltre via del Foro Italico.
Via Salaria ricade nella sottozona B2 fino a via del Foro Italico ed a sottozona B3 nel tratto successivo.
Lungo tale strada sono previsti i tipi stradali ST 16 e ST 20 fino a villa Ada, mentre oltre sono previsti invece i tipi stradali ST 04 ed ST 08.
Il 1° tratto fino a Villa Ada è per lunghezza pari quanto meno al doppio di via Savoia, per di più con i secondi 550 metri destinati al tipo stradale ST 20, dove si avrebbe una superficie complessiva espositiva di 110 mq. da sommare agli 88 mq. del 1° tratto, per un totale di ca. 200 mq. solo per il tratto della Salaria più strettamente urbano, a cui deve aggiungersi il successivo ulteriore tratto che arriva ai confini del Comune oltre il GRA e che porta il totale della superficie espositiva massima ben oltre “i 220 mq di tutta la via Salaria” che la sig.ra Daniela Aga Rossi vorrebbe far credere per dimostrare falsamente che <<Il Comune riduce i cartelloni in periferia e moltiplica quelli destinati al centro>>.
La descrizione della “invasione del centro” prosegue nel modo seguente: <<Destinati a far discutere anche i 117 mq previsti in via Cavour, così come i 45 mq nella «piccola» via Quattro Novembre, dove oggi ci sono appena 11 mq.>>.
Foto satellitare tratta da Google Maps che lascia vedere la posizione di via IV novembre
Sia via Cavour che via IV novembre ricadono nella sottozona B1, dove sono consentiti solo cartelli riservati esclusivamente a comunicazioni di tipo istituzionale fino ad un massimo di mt. 3 x 1,40, paline SPQR di mt. 1 x 1 e paline con orologio di mt. 1 x 0,70.
Su entrambe le vie è previsto il tipo stradale ST 08 (cioè con 8 mq. ogni 100 metri lineari).
Per lunghezza via IV novembre è pari ad 1/3 circa di via Savoia (180 mt. circa), con quindi al massimo 16 mq. di superficie espositiva complessiva e non certo i 45 fatti credere dalla sig.ra Daniele Aga Rossi.
Analogamente, per lunghezza via Cavour è pari al doppio di via Savoia (1.000-1.100 mt) con quindi al massimo 80-88 mq. di superficie espositiva complessiva e non certo i 117 mq. “inventati” (e comunque non dimostrati) dalla sig.ra Daniele Aga Rossi.
La descrizione della “invasione del centro” prosegue nel modo seguente: <<Anche la Passeggiata del Gianicolo potrebbe essere invasa dai cartelloni, con ben 80 mq previsti. E così via Quattro Fontane, via del Quirinale, via Ripetta, via Tomacelli e molte altre>>.
Si fa presente che tutte e 5 le suddette strade ricadono nella sottozona B1 ed è previsto il tipo stradale ST 08, per cui valgono per esse le considerazione già fatte precedentemente.
La descrizione della “invasione del centro” prosegue nel modo seguente: <<Il clou a viale Trastevere, dove sono stati previsti la bellezza di 252 mq di affissioni, almeno un cartellone ogni 50 metri.>>
Foto satellitare tratta da Google Maps che lascia vedere la posizione dell’intero tratto di viale Trastevere
Anche viale Trastevere ricade nella sottozona B1 per un tratto, per il quale è previsto il tipo stradale ST 08, mentre ricade nella sottozona B2 per il rimanente tratto per il quale è previsto invece l tipo stradale ST 16.
Per confronto sempre con via Savoia, il tratto di viale Trastevere in sottozona B1 è lungo ca. 700 metri, dove sono consentiti in tutto 56 mq.: il rimanente tratto in sottozona B2 è lungo 1.000 mq. ca., dove sono consentiti in tutto 160 mq., per un totale del viale di 216 mq. e non di 252 mq. calcolati non si sa come dalla sig.ra Daniela Aga Rossi.
Se per giunta calcolassimo l’intera lunghezza presunta di viale Trastevere in 1.600 metri e volessimo calcolare quanti impianti vi risulterebbero installati ogni 50 metri, si arriverebbe ad avere solo 34 impianti !
La descrizione della “invasione del centro” prosegue nel modo seguente: <<In tutto questo, vengono ignorate strade e consolari tradizionalmente più «appetibili» per concentrare le affissioni a vie periferiche di dubbio interesse. Ecco dunque che a viale America, via Appio Claudio, viale Europa o via di Casal Bertone verranno rimossi i cartelloni esistenti>>.
In modo del tutto ignorante, ma comunque non ammissibile da parte di un soggetto addetto ai lavori, la sig.ra Daniela Aga Rossi lamenta che dovranno essere rimossi gli impianti pubblicitari attualmente installati in viale America e viale Europa che il PRIP destina a zona A, dovendo sottostare ai vincoli a cui sono soggetti con il divieto di affissione che evidentemente non vuole riconoscere (alla faccia del rispetto delle regole).
Altrettanto dicasi per via Appio Claudio e via di Casal Bertone, che ricadono in sottozona B3 dove però il PRIP non prevede nessun tipo stradale perché non ha dovuto applicare gli indici di affollamento a tutte le strade di Roma, ma soltanto a quelle elencate nel Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU) del 1999, dove non figurano né via Appio Claudio né via di Casal Bertone.
La descrizione della “invasione del centro” si conclude nel seguente modo: <<per insistere con ben 1000 mq in via di Settebagni, 1200 mq in via di Massa San Giuliano e 500 mq in via Casal di San Basilio. Per non parlare del litorale: solo nel Municipio X (Ostia) sono previsti qualcosa come 31.100 mq di pubblicità, dei quali 12.400 in sole 19 strade.>>
Non merita dilungarsi oltre per dimostrare la falsità di quanto dichiarato anche con le suddette cifre: mi limito solo ad evidenziare che la sig.ra Daniela Aga Rossi ha ripetutamente quanto cocciutamente contestato la cogenza dei vincoli paesaggistici che gravano su diversi tratti della strade consolari di Roma, come la via Aurelia a ridosso della Riserva Naturale del Litorale Romano (di cui ha impugnato presso il TAR le “misure di salvaguardia”) o della via Flaminia e della via Cassia a ridosso del Parco di Veio, da dove .ha dovuto rimuovere gli impianti.
Prima di passare al seguto dell’articolo, per confutare definitivamente la tesi del sottotitolo secondo la quale <<Il Comune riduce i cartelloni in periferia e moltiplica quelli destinati al centro>> è sufficiente andare a vedere gli 8 tipi stradali (sopra riportati in legenda), per accorgersi che gli indici di affollamento più alti (ST 24, ST 28 ed ST 32) non sono applicati affatto nel centro della città, mentre si trovano applicati solo o comunque per lo più in periferia: ne deriva di per sé l’esatto contrario della “tesi” della sig.ra Daniela Aga Rossi.
L’articolo prosegue con un paragrafo dal titolo “UN BANDO PER POCHI” che descrive nel modo seguente con riferimento ai 30 milioni che il Comune si prefigge di incassare con il PRIP: <<Ipotizzando che l’amministrazione riesca ad approvare i piani di localizzazione per tutti i metri quadri, sarà necessario assegnare tutti i lotti per poter incassare i 30 milioni previsti. Dividendo questa somma per i 10 lotti di gara risulterà dovuto un canone pari a 3 milioni circa a lotto per ogni anno. Considerando la rimozione dell’esistente e la reinstallazione (circa 3250 impianti a lotto), oltre al canone anticipato di 3 milioni di euro, il vincitore dovrà entro il gennaio 2015 investire ben 12 milioni di euro.>>
Non si può non osservare al riguardo come la sig.ra Daniela Aga Rossi vada alla fine del percorso, saltando i Piani di Localizzazione che stabiliranno il numero esatto degli impianti pubblicitari da mettere a gara nelle rispettive posizioni da essi individuate: si interroga così e si risponde anticipatamente da sola, secondo un metodo basato su ipotesi che non è accettabile, perché non dimostra ad esempio da quali calcoli presunti vengano fuori i 3.250 impianti a lotto.
Se si scende ad ogni modo al suo livello e si fa ad ogni modo una media delle dimensioni dei formati degli impianti dal più grande al più piccolo, si ottiene un formato medio di 6 mq. circa mq.: se si divide per 6 la superficie espositiva complessiva del PRIP che è di 138.000 si avrebbe un totale presunto di 23.000 impianti (e non di 32.500 impianti totali, che sono peraltro più o meno quelli attualmente registrati nella Nuova Banca Dati) e quindi, ipotizzando 10 lotti più o meno omogenei fra di loro si avrebbero 2.300 impianti circa a lotto e non certo i 3.250 che calcola la sig.ra Daniela Aga Rossi pro domo sua, per fare uno sterile allarmismo a mezzo stampa, secondo il quale i bandi che si terranno saranno per pochi, ignorando volutamente da un lato l’analisi costi-benefici (che si potrà fare solo quando si conosceranno le esatte posizioni con le rispettive rendite di posizione degli impianti messi a gara per ogni lotto) e tacendo del tutto dall’altro lato della possibilità di gareggiare in Associazioni Temporanee di Imprese (ATI).
L’articolo prosegue con un altro paragrafo dedicato a “IL BIKE SHARING” nel seguente modo: <<Su 10 lotti, 9 avranno delle restrizioni ben precise in termini di zone e metri quadri. Farà eccezione, invece, quello relativo al bike-sharing, con cui il Campidoglio spera di far ripartire, per la terza volta, il servizio di noleggio delle biciclette a Roma, da finanziare proprio con le pubblicità. Con la modifica al regolamento, che prevede agli impianti del bike-sharing di posizionarsi ovunque (quindi anche nelle zone che il Prip vieta integralmente), chi si aggiudicherà il lotto di fatto otterrà una fetta enorme della pubblicità a Roma. Una procedura che in molti hanno paragonato immediatamente all’ «appaltone» del 1996 e che rumors del settore dicono possa interessare ad alcune concessionarie francesi. «Che razza di piano regolatore è – si domanda Daniela Aga Rossi, presidente dell’Aipe, associazione imprese pubblicità esterna – se poi diamo le deroghe al bike-sharing?»>>.
Il comma 1 bis dell’art. 6 del vigente Regolamento già prevede che <<in deroga ai limiti di cui al presente articolo, è autorizzata l’esposizione pubblicitaria su manufatti costituenti elementi di arredo urbano, funzionali a servizi di mobilità alternativa, collocati nell’ambito della Città Storica, come definita in sede di pianificazione del territorio>>, con la precisazione che <<L’autorizzazione ha durata di cinque anni, rinnovabile una sola volta per altri cinque anni, e può costituire anche il corrispettivo di servizi inerenti il decoro urbano o la mobilità alternativa>>.
Fra le modifiche ed integrazioni proposte al vigente Regolamento di Pubblicità ci sono le “deroghe al bike-sharing” che la sig.ra Daniela Aga Rossi ravvisa nella seguente: <<Art. 6 comma 1 bis dopo le parole “di cui al presente articolo”, aggiungere le parole: “nonché alle zonizzazioni dei piani di cui ai successivi art. 19 e 20”>>.
Dal momento che gli artt. 19 e 20 disciplinano sia il PRIP che i Piani di Localizzazione, la sig.ra Daniela Aga Rossi si pone provocatoriamente l’interrogativo su che razza di PRIP sia stato licenziato, ma non considera da un lato che le “deroghe” riguardano eventualmente non solo il servizio di Bike Sharing (mobilità alternativa) , ma anche gli elementi di arredo urbano (servizi inerenti il decoro urbano), e dall’altro lato che i “manufatti costituenti elementi di arredo urbano” debbono essere esclusivamente “collocati nell’ambito della Città Storica”, così come individuata dal P.R.G. di Roma approvato nel 2008, e non anche in tutto il resto della città.
C’è poi da considerare che la zonizzazione prevista dal PRIP di Roma è di gran lunga meno restrittiva di quella adottata da tutte le città del mondo che hanno finalizzato sia servizi di pubblica utilità interamente finanziati dalla pubblicità sia altri progetti strettamente pubblicitari che comportano puro gestito per l’amministrazione.
Questo modello, a differenza della situazione attuale, comporta una precisa separazione dei diversi segmenti del mercato pubblicitario e porta a massimizzare il valore della pubblicità esterna a Roma a tutto vantaggio dell’amministrazione (la pubblicità esterna è un asset comunale).
Se ad ogni modo rimanesse il rischio di “deroghe” ritenute pur sempre pericolose, c’è ancora tutto il tempo per cercare di fare emendare questa parte della “proposta”.
L’articolo prosegue con un ultimo paragrafo dedicatoa “IL CONFRONTO CON MILANO” nel seguente modo: <<Il modello ispiratore della Giunta Marino, come spesso accade, è la Milano di Pisapia. A giustificare l’aumento delle tariffe pubblicitarie, durante la presentazione del Prip sono stati divulgati dati di raffronto tra i versamenti di imposta di pubblicità tra Roma e Milano. Il Campidoglio incassa circa 14 milioni dal solo gettito degli impianti inseriti nella nuova banca dati, mentre il capoluogo meneghino raccoglie 20 milioni. Importo quest’ultimo che, come confermano dal Comune di Milano, non sarebbe corretto: all’ombra della Madonnina gli introiti da impianti pubblicitari sono appena 8 milioni, mentre il resto è composto dal gettito di altre inserzioni. «Previsioni di bilancio errate – afferma Daniela Aga Rossi – confronto con Milano sbagliato e incasso diviso tra servizi e soldi: un’operazione imprecisa che, tra l’altro, potrebbe provocare un ulteriore buco nel bilancio capitolino»>>
Metto in evidenza che sempre sul sito di “Esterniamo” sono stati pubblicati due diversi articoli che criticavano apertamente il servizio di Bike Sharing realizzato sia a Londra (http://www.esterniamo.it/senza-categoria/barclays-cycle-hire-ecco-a-voi-il-bike-sharing-che-i-contribuenti-londinesi-pagano-a-peso-doro/ ) che a Milano (http://www.esterniamo.it/senza-categoria/bikemi-non-e-tutto-oro-quel-che-luccica-sotto-il-duomo/).
Per un corretto e funzionale servizio di Bike Sharing a Roma almeno personalmente non mi auguro né il modello di Londra né quello di Milano.
Il gettito che l’amministrazione percepisce dalla pubblicità deve essere ad ogni modo calcolato dalla somma degli introiti cash che normalmente derivano da canoni o imposta (o Cimp) e dei servizi gratuitamente forniti dalle società che si occupano di fornire elementi e servizi di arredo urbano in cambio di pubblicità, quindi dal denaro che l’amministrazione dovrebbe impiegare per fornire quei servizi invece gestiti e forniti dalle concessionarie nell’ambito dei progetti di arredo e di mobilità sostenibile.
Intendo chiedere sia al quotidiano on line “Il Tempo.it” che al sito “Esterniamo” la dovuta rettifica con la pubblicazione del presente articolo.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi