Il 1 ottobre 2014 i media hanno dato la notizia della posizione assunta dalla Regione Lombardia conto il Decreto Legge “Sblocca Italia”.
Il Consiglio regionale ha approvato una mozione riguardante le nuove disposizioni in materia di inceneritori e rifiuti contenute nel decreto Sblocca Italia.
Nel merito è intervenuto il vice capogruppo della Lega Nord e primo firmatario, Fabio Rolfi.
Fabio Rolfi
“Esprimo soddisfazione – commenta Fabio Rolfi – per l’approvazione di questa mozione che nasce dalla volontà di non subire in silenzio l’ennesimo atto ingiusto da parte di un Governo centralista e arrogante nei confronti dei cittadini lombardi.
Le nuove norme contenute nel decreto Sblocca Italia
in materia di rifiuti prevedono infatti che gli impianti esistenti vengano utilizzati a pieno regime e ciò obbligherebbe i termovalorizzatori lombardi a bruciare una sensibile quantità in più di rifiuti.
In primo luogo queste disposizioni costituiscono un pesante disincentivo alla differenziata, che le regioni virtuose come la nostra hanno avviato con grandi sacrifici, a fronte di altre realtà dello Stivale che invece se ne sono fregate fino a oggi.
Sinteticamente questo decreto pone le basi per inondare il nostro territorio con rifiuti provenienti da altre regioni, obbligando a sostituire la quota di rifiuti speciali con rifiuti solidi urbani di provenienza nazionale, causando così gravi criticità ai nostri termovalorizzatori dovute all’obbligo di ricercare alternative percorribili per i rifiuti speciali.
Queste regole assurde causeranno nuovi e gravi problemi che derivano da un obbligo di legge figlio della volontà politica di nascondere l’incapacità cronica del Mezzogiorno nella gestione della propria immondizia.
Lo dicono i numeri, non la Lega Nord; la quota di differenziata in Lombardia supera il 50%, con un trend crescente, mentre in altre realtà regionali non si arriva nemmeno al 20%, nonostante il fiume di denaro sprecato fino ad ora nel vano tentativo di sistemare le cose.
Inoltre è bene chiarire come queste norme tendano a distruggere il piano regionale dei rifiuti recentemente approvato, che prevede, fra le altre cose, la progressiva dismissione degli inceneritori lombardi.
Va ricordato infatti che gli impianti presenti in Lombardia hanno una capacità di smaltimento superiore alla produzione e ciò ha favorito una concorrenza fra i gestori, creando un equilibrio che rischia di essere distrutto dalle nuove regole del Governo Renzi.
A conclusione di questa operazione chi ne farà le spese saranno, come sempre, quei Comuni lombardi che negli anni hanno fatto grandi sacrifici e adesso si ritroveranno, tanto per cambiare, cornuti e mazziati a causa dell’incapacità altrui.
Questa mozione esprime pieno sostegno al ricorso posto in essere dalla Giunta e chiede di attivare i rappresentati lombardi a Roma affinché facciano fronte comune per portare ad un cambiamento necessario e radicale di questo decreto.
Infine, il documento esorta la Giunta regionale a porre in essere un atto di forza che preveda il non recepimento di queste norme assurde e fortemente lesive del territorio.
Si tratta di una battaglia di civiltà ed è imperativo – conclude Fabio Rolfi – tutelare la salute dei cittadini, l’ecosistema lombardo e le scelte che sono state fatte negli anni passati.”
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Il 18 ottobre 2014 i media hanno fatto sapere che Dopo l’articolo 35 dello ‘Sblocca Italia’, la Regione Lombardia è pronta a presentare ricorso anche contro l’articolo 38 riguardante l’attività di ricerca e stoccaggio degli idrocarburi.
Ad annunciarlo è l’assessore regionale all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Claudia Maria Terzi.
Claudia Maria Terzi
“A seguito degli approfondimenti condotti, anche in sede di Coordinamento interregionale Ambiente – spiega l’assessore Terzi – il provvedimento del Governo presenta profili di grave alterazione di adeguati procedimenti autorizzatori, oltre che di lesione delle competenze regionali in materia”.
LE CRITICITÀ
Le criticità secondo Terzi starebbero nel fatto che “in particolare si prevede il rilascio di un unico titolo concessorio che ricomprende tutte le fasi di esercizio delle attività, dalla ricerca preliminare alla coltivazione”.
“Ciò – prosegue – comporta l’impossibilità di realizzare adeguate valutazioni circa l’attività da svolgere e di assicurare un idoneo coinvolgimento degli Enti locali interessati. Anche il Comitato legislativo regionale, nell’esame del Decreto Legge, ha segnalato un profilo di lesione dei principi costituzionali e la conseguente possibilità di impugnazione”.
IL RICORSO
“Nel raccogliere l’indicazione del Comitato legislativo – fa quindi presente l’assessore Terzi – si è ritenuto necessario anticipare alla Giunta regionale di venerdì l’intendimento, ove il testo dell’articolo 38 risulti confermato in sede di conversione, di procedere anche su tale norma al ricorso alla Corte Costituzionale.
Un no anche all’articolo 38 condiviso da tutte le Regioni – evidenzia Terzi – sebbene le ripercussioni maggiori siano nel bacino Padano.
Di fatto – conclude l’assessore – si vanificano gli sforzi messi in campo per le politiche ambientali.
Qualcuno dovrà spiegare ai cittadini che non saranno mai più coinvolti. Ancora una volta le decisioni sui territori saranno calate dall’alto senza confronto.
Un approccio completamente diverso da quello che, come assessorato, abbiamo iniziato a fare”.