Con deliberazione n. 292 del 19 settembre 2013 la Giunta Regionale del Lazio ha approvato quella che è poi diventata la Proposta di legge regionale n. 75 del 23 settembre 2013 di modifiche alle leggi regionali n. 21/2009, n. 36/1987 e n. 8/2012.
Contestualmente con deliberazione n. 293 del 19 settembre 2013 la Giunta Regionale del Lazio ha approvato quella che è poi diventata la Proposta di legge regionale n. 76 del 24 settembre 2013 di modifiche alle leggi regionali n. 24/1998 e n. 21/2009.
Il 24 settembre 2013 le due proposte di legge sono state trasmesse alla VI Commissione Consiliare Permanente presieduta dall’On. Enrico Panunzi, che ha avviato una serie di audizioni con tutti i soggetti interessati.
Enrico Panunzi
Dopo aver sentito gli ordini professionali il 22 ottobre 2013, gli inquilini e gli agricoltori il 29 ottobre 2013 ed i sindacati il 5 novembre 2013, il Presidente Panunzi ha convocato per l’audizione del 7 novembre 2013 Carteinregola, Salviamo il Paesaggio, ARC, ARCA, Italia Nostra, Forum Ambientalista, WWF, VAS, Inquilini Ater e Legambiente.
A differenza di tutti gli altri, il dott. arch. Rodolfo Bosi è stato l’unico a far presente che le due proposte di legge regionale n. 75 e n. 76 non prevedono nessuna modifica della legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012 ed in particolare del comma 19 dell’articolo 1, che ha chiesto di abrogare per i vizi di legittimità costituzionale spiegati in un apposito documento poi consegnato agli atti della Commissione Ambiente.
L’originario testo della legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 alla lettera o) del 3° comma dell’art. 8 [divenuta oggi lettera q)] prevedeva che “all’interno delle zone A … sono vietati: … o) la realizzazione di nuovi edifici all’interno delle zone territoriali omogenee E) [zone agricole di P.R.G., n.d.r.] previste dall’art. 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968”, mentre alla lettera e) del successivo 4° comma dello stesso art. 8 [divenuta oggi lettera d)] stabiliva che “all’interno delle zone A … sono consentite: … d) le attività agricole e gli interventi strutturali previsti dai piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti>>.
Fra gli “interventi strutturali” possono essere ricompresi, oltre che gli impianti di recinzione o di irrigazione o comunque non di tipo edilizio, anche i fabbricati ad uso residenziale o quelli adibiti ad annessi agricoli (stalle, fienili, serre, silos ecc.) che si configurano a tutti gli effetti come nuovi edifici in zona agricola e quindi in contrasto con il divieto imposto dalla lettera o) del 3° comma dell’art. 8.
Le possibili “interpretazioni” del suddetto combinato disposto dai due suddetti commi sono tre:
1) la più estensiva, secondo la quale sarebbero consentiti sia gli edifici per la residenza che gli annessi agricoli;
2) la intermedia, secondo al quale sarebbero consentiti solo i fabbricati per annessi agricoli;
3) la più restrittiva, secondo la quale non sarebbero consentiti né gli edifici residenziali né gli annessi agricoli, ma solo “interventi strutturali” che non comportino nuove edificazioni.
Nelle domande di rilascio di nulla osta inizialmente istruite direttamente dal personale tecnico della Regione Lazio, l’allora Assessorato U.T.V.R.A. si é orientato verso la posizione intermedia che andava comunque confrontata con le prescrizioni impartite dai Piani Territoriali Paesistici (P.T.P.) nonché dal Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.), perché ai sensi del 5° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998 valgono parimenti come misure di salvaguardia da rispettare, con la clausola che “in caso di contrasto vale la più restrittiva”.
Le prescrizioni dei P.T.P. e del P.T.P.R. potrebbero confermare tale “interpretazione”, ma essere anche ancor più riduttive e risolvere quindi la problematica con l’applicazione obbligatoria del divieto più totale: ciò nonostante, gli “organi tecnici competenti” (dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio e delle Province del Lazio) che sono tuttora chiamati ad autorizzare i “piani di miglioramento aziendale”, arrivavano ed arrivano tuttora troppo spesso ad approvare progetti di presunto miglioramento aziendale non consentiti dai P.T.P. e/o dal P.T.P.R. (ad esempio per mancanza delle superficie minima aziendale prescritta o per violazione delle altezze massime degli edifici o addirittura per superamento delle cubature massime consentite), sul presupposto errato che – con il meccanismo delle camere stagne delle “competenze” – non spetti anche ad essi verificare il rispetto delle norme paesistiche, come se la legge non fosse uguale per tutti.
Dalla probabile applicazione diversificata delle tre possibili “interpretazioni” da parte di ognuno degli Enti di gestione delle aree naturali protette deriverebbe una evidente disparità di comportamento da cui potrebbe scaturire il forte rischio di contenziosi precedenti presso il T.A.R. del Lazio: basti dire al riguardo che mentre da una parte l’Ente Parco di Veio si era inizialmente orientato verso l’interpretazione di mezzo, l’Ente “Roma Natura” ha fin qui adottato l’interpretazione più estensiva.
Si rendeva pertanto necessario che venisse disciplinata tale casistica, indicando quale fosse la “interpretazione autentica” del dettato legislativo, che assicuri comunque uno standard di comportamenti (anche da parte degli “organi tecnici competenti” sopra detti) ed annulli il rischio di contenziosi amministrativi avverso i nulla osta rilasciati dagli Enti di gestione.
Il problema è stato sollevato dallo stesso Ente Parco di Veio in occasione della 1° Conferenza Regionale delle Aree Naturali che si è tenuta il 26, 27 e 28.1.2000, senza che la Regione Lazio provvedesse a dare un chiarimento in merito.
Con Nota VAS prot. n. 336 del 14 novembre 2005 l’associazione Verdi Ambiente e Società (VAS) ha chiesto all’allora “Presidente della Giunta Regionale, On. Piero Marrazzo, ed all’Assessore all’Ambiente della Regione Lazio, On. Angelo Bonelli, di provvedere (ciascuno nell’ambito delle proprie competenze) a rendere giuridicamente valida l’interpretazione ufficiale delle suddette disposizioni che sarà data dall’Ufficio Legislativo, sotto forma di Circolare esplicativa o di Regolamento di attuazione della legge regionale n. 29/1997, al fine di ottenere una loro applicazione uniforme e soprattutto non soggetta al rischio di essere censurata per vizio di legittimità”.
All’istanza di VAS non è stato dato alcun seguito.
Dopo che il Governo Berlusconi ha impugnato presso la Corte Costituzionale la legge regionale n. 10/2011 (cosiddetto “Piano Casa”), per cercare di superare i vizi di legittimità costituzionale rilevati il Consiglio Regionale ha successivamente approvato la legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012, con cui ha modificato la lettera d) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997.
Il comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12/2012 ha infatti sostituito le parole: “piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti” con le seguenti: “piani di utilizzazione aziendale (PUA) disciplinati dall’articolo 57 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e dall’articolo 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico)”.
Il comma 19 dell’art. 1 ha anche coordinato con il suddetto testo la lettera d) del 1° comma dell’art. 31 della legge regionale n. 29/1997, sostituendola con il seguente testo: “d) la possibilità di realizzare gli interventi e le attività previste dall’articolo 8, comma 3, lettera q) e comma 4, lettera d).”.
Il coordinamento ha riguardato anche l’art. 46 della legge regionale n. 29/1997, a cui è stato aggiunto un comma 2 ter dal seguente testo: “2 ter. Fino all’approvazione degli strumenti di cui agli articoli 26 e 27, le previsioni di cui all’articolo 8, comma 4, lettera d) si applicano anche alle aree naturali protette regionali istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge”.
Il 28 settembre 2012 il Governo Monti ha deliberato l’impugnativa in Corte Costituzionale avverso anche la legge della Regione Lazio n. 12/2012.
Secondo il Consiglio dei Ministri l’articolo 1 della legge regionale n. 12/2012 è in contrasto con le norme statali in materia di tutela del paesaggio e di governo del territorio ed in particolare il comma 19 che prevede che nelle zone di massima protezione (zone “A” in regime di misure di salvaguardia) siano consentiti interventi di nuova costruzione e di realizzazione di manufatti funzionali all’attività agricola anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico: a tal ultimo riguardo si fa presente infatti che ai sensi del 2° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 24/1998 “gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati, se in deroga alle norme dei PTP, del PTPR e/o della presente legge, all’approvazione, da parte dell’organo competente, del piano di utilizzazione aziendale (PUA), secondo le modalità indicate con deliberazione della Giunta regionale e sono corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30”.
In considerazione della suddetta impugnazione con Nota VAS n. 7 del 22 maggio 2013 il dott. Arch. Rodolfo Bosi aveva chiesto “di emanare quanto meno una Circolare che inviti tutti gli Enti di Gestione a non rilasciare in via cautelativa alcun nulla osta per progetti di trasformazione assistiti da P.U.A. che vengano richiesti ai sensi della lettera d) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997, così come modificato dalla legge regionale n. 12/2012, perché rischiano di modificare irreversibilmente le aree naturali protette istituite e di innescare comunque dei sicuri contenziosi di tipo amministrativo anche in termini di risarcimento danni”.
A titolo di esempio significativo alla nota era stata allegata la documentazione fotografica di alcune delle costruzioni che sono state realizzate in tal modo dentro il Parco di Veio: appare evidente che se in tutte le aree agricole del Parco di Veio (così come di qualunque altro parco) venissero costruite residenze ed annessi agricoli sempre grazie a Piani di Utilizzazione Aziendale, non solo il Parco di Veio verrebbe interamente urbanizzato prima ancora che venga approvato il suo Piano di Assetto.
Il dott. arch. Rodolfo Bosi ha quindi chiesto l’abrogazione del comma 19 dell’articolo 1 della legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012.
Sulla sua richiesta si è aperto un caso di una certa gravità, che si presta ad inquietanti interrogativi.
Il Presidente della Commissione Ambiente Enrico Panunzi ha fatto presente al dott. arch. Rodolfo Bosi che le due proposte di legge sono state sottoposte all’attenzione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MI.B.A.C.) per sapere se ottemperavano in modo corretto a tutti i presunti vizi di legittimità impugnati presso la Corte Costituzionale ed ha letto davanti a tutti una nota del MI.B.A.C. in cui è scritto che vanno bene entrambe le proposte di legge ed in particolare la n. 176.
Il dott. arch. Rodolfo Bosi ha replicato al Presidente Panunzi che a fronte di due oggettivi ed inconfutabili documenti, quali da un lato la dichiarata impugnazione da parte del Governo del comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12/2012 e la sua completa ignoranza dall’altra parte in entrambe le proposte della Giunta Regionale, se non è comprensibile la dimenticanza di una tale espressa censura da parte della Regione Lazio, non è assolutamente ammissibile che di tale dimenticanza non si sia accorto il MI.B.A.C. che è stato l’autore della impugnazione di questa specifica disposizione presso la Corte Costituzionale.
A rendere ancora più preoccupante quanto è successo, il Presidente Enrico Panunzi ha anche fatto sapere che la Corte Costituzionale che si doveva pronunciare il precedente 5 novembre 2013 sembra essere stata convinta a rimandare ogni sua decisione per il tempo necessario ad approvare le due proposte di legge, con l’eventualità che poi non si pronunci più se venissero prima definitivamente tramutate in legge le due proposte della Giunta Regionale: è di tutta evidenza in tale caso la conseguenza che ne deriverebbe ed a cui a questo punto è legittimo il sospetto che si tenda proprio a questo, perché una dichiarazione di illegittimità costituzionale di norme del Piano Casa che nel frattempo siano state attuate con costruzioni diventate a questo punto del tutto illecite dovrebbe comportare la loro demolizione o determinare comunque richieste di risarcimento dei danni ambientali prodotti, mentre senza la pronuncia della Suprema Corte le leggi regionali che venissero approvate in questo modo non sarebbero retroattive ed andrebbero a sanare di fatto tutto, chiudendo un occhio se non tutti e due (da “volemose bene”) su tutti gli sfaceli fatti sul territorio.
Il dott. Arch. Rodolfo Bosi ha fatto altresì presente che la proposta di legge n. 75 sottopone a revisione la legge regionale n. 8 del 22 giugno 2012 mantenendone però in vigore le abrogazioni previste dall’art. 6, tra cui quelle della lettera c) che ha a sua volta abrogato immotivatamente i commi 6, 7 e 8 dell’articolo 9 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico).
Il 6° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24 del 6 luglio 1998 disponeva che i Piani di Assetto delle arre naturali protette regionali “hanno valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituiscono i piani paesistici e i piani territoriali paesistici di qualsiasi livello”, con la precisazione che “i piani delle aree naturali protette tengono conto delle disposizioni di cui al Capo II della presente legge quali livelli minimi di tutela, fatte salve valutazioni specifiche coerenti con le finalità delle aree naturali protette”.
Il Capo II della legge regionale n. 24/1998 è relativo alle “Modalità di tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico” e riguarda quindi anche i Piani Territoriali Paesistici (P.T.P.) ed il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) e le loro rispettive classificazioni in zone di tutela ed ambiti di paesaggio: sul piano dell’applicazione pratica del suddetto dettato normativo, ne deriva che una zona di tutela integrale o comunque una prescrizione di inedificabilità assoluta impartita dal P.T.P. o dal P.T.P.R. non può essere derogata dal corrispondente Piano di Assetto del parco, il quale può invece imporre a tutela dell’ambiente naturale destinazioni più rigide di quelle previste dal P.T.P..
A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 42 del 22 febbraio 2004, con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, e della sentenza n. 108 del 19 maggio 2008 della Corte Costituzionale che ha sancito definitivamente la cogenza delle componenti tipiche del paesaggio (assicurata da P.T.P. e P.T.P.R.) sul Piano di Assetto, con legge regionale n. 5 marzo 2009 è stato sostituito il testo del 6° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 con il seguente: “6. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), il piano dell’area naturale protetta ha valore di piano urbanistico e sostituisce i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello. Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblica utilità per gli interventi in esso previsti”.
La Regione Lazio non ha provveduto contestualmente a correggere in modo analogo anche il 6° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998, che è stato però poi immotivatamente abrogato dalla lettera c) del 1° comma dell’art. 6 della legge regionale n. 8 del 22 giugno 2012 con cui sono stati abrogati anche i successivi commi 7 ed 8 del medesimo art. 9 altrettanto immotivatamente, perché snellivano le procedure stabilendo che a seguito dell’approvazione dei Piani di Assetto i nulla osta rilasciati dagli Enti Parco assorbono anche l’autorizzazione paesaggistica che occorre invece acquisire in regime di misure di salvaguardia.
Il dott. Arch. Rodolfo Bosi ha quindi chiesto l’abrogazione della lettera c) del comma 1 dell’articolo 6 della legge regionale n. 8 del 22 giugno 2012 con la contestuale sostituzione del comma 6 dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998 secondo un testo coordinato con il 6° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997.
Ha quindi consegnato agli atti la Nota VAS prot. n. 19 del 7 novembre 2013 con allegata una sua relazione sui vizi di legittimità costituzionale del Comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12 del 2012 .
Alla fine della audizione il dott. Rodolfo Bosi ha fatto presente al Presidente Panunzi che in applicazione del principio di cautela sancito anche a livello di Direttive Europea sarebbe più che opportuno che nelle more della approvazione delle due proposte di legge della Giunta Regionale si faccia una moratoria del Piano Casa o quanto meno si imponga la sospensione del rilascio dei nulla osta da parte degli Enti Parco.