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Home Archivi

L’Enciclica di Papa Francesco spiegata da Giorgio Nebbia

19/06/2015
in Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente editoriale che Giorgio Nebbia ha scritto per VAS spiegando in estrema sintesi i diversi temi che vengono affrontati dall’Enciclica di Papa Francesco.

 Immagine.Giorgio nebbia

Giorgio Nebbia

È difficile concentrare in poche parole il contenuto delle 187 pagine dell’enciclica “ecologica” che è stata anticipata ai giornali già ieri e che sarà pubblicata domani l’altro. 

Chiamare banalmente “ecologica” l’enciclica “Laudato sì” è riduttivo perché il Papa Francesco, partendo dalla bella canzone con cui San Francesco ha ringraziato il Signore per il dono dei beni del Creato, tratta i principali temi del destino dell’uomo sulla Terra. 

La prima parte è dedicata ad una dettagliata analisi delle violenze ambientali e della loro origine. 

Comincia con l’inquinamento atmosferico dovuto ai fumi delle attività umane e alle modificazioni della composizione dell’atmosfera che sono responsabili dei mutamenti climatici. 

Dopo aver ricordato le conseguenze di tali mutamenti nell’avanzata dei deserti, nel cambiamento del ciclo dell’acqua, nell’aumento delle tempeste tropicali, ne riconosce l’origine nell’uso dei combustibili fossili che auspica siano sostituiti con fonti rinnovabili di energia. 

E l’analisi continua con la violenza esercitata dalle attività umane nei confronti delle acque, bene essenziale per la vita umana e per la produzione di cibo, la cui disponibilità è compromessa da interventi sul territorio, da sprechi, da eccessivi prelevamenti e dall’uso delle acque per scaricarvi i rifiuti. 

Le attività umane generano crescenti quantità di scorie e rifiuti che contaminano i corpi naturali; l’enciclica riconosce molto realisticamente che queste e le altre fonti di degrado ambientale derivano dagli attuali modi di produzione e di consumo e che, se si vogliono evitare più gravi conseguenze, è in tale vampo che occorre intervenire. 

I paesi ricchi, con i loro ideali consumistici, sono maggiormente responsabili delle alterazioni climatiche, ma sono i poveri che soffrono maggiormente per le perdite di fertilità del suolo, per la distruzione delle foreste, per l’avanzata delle megalopoli con il loro carico di violenza e da cui i poveri sono più emarginati. 

Le disuguaglianze planetarie fanno sì che si levi, insieme un grido della terra e un grido dei poveri, disuguaglianze che riguardano non soltanto le persone ma anche i paesi; i paesi ricchi del Nord del mondo non esistano a portare via a quelli poveri le ricchezze minerarie, forestali, di prodotti agricoli, di terre coltivabili, che essi possiedono e non esitano a scaricare nei paesi poveri per i rifiuti tossici e spesso morali. 

Il Papa continua con considerazioni più teologiche; la Bibbia ricorda che all’uomo è stata affidata la terra perché la coltivasse e la custodisse, le parole della Genesi che il Papa ripete continuamente; il Salmo 24 ricorda che la Terra è di Dio il quale ce l’ha affidata come dono. 

All’uomo è stato dato anche il dono della conoscenza che ha consentito enormi successi tecnico-scientifici spesso usati come strumenti di violenza verso le persone e la natura. 

Eppure tali conoscenze potrebbero, se usate in spirito di solidarietà, risolvere i principali problemi umani usando le risorse della Terra. 

Il Papa insiste nel ricordare che tali risorse sono “beni comuni”, un concetto che fa tanta fatica a trovare ascolto nelle società e nella politica, sostituito dall’idolo della proprietà privata che legittima tante forme di violenza contro l’ambiente. 

L’enciclica continua indicando alcune possibili soluzioni per il futuro a cui l’enciclica dedica grande attenzione parlando di responsabilità non solo verso il nostro prossimo vicino e lontano, ma anche per le generazioni future. 

Il tema della solidarietà e giustizia fra generazioni presenta particolare importanza perché molte nostre azioni odierne hanno conseguenze sull’ambiente e sulla vita di chi verrà anni o decenni o secoli dopo di noi. 

Si pensi soltanto alla distruzione delle foreste che lascia il suolo esposto all’erosione, fonte di frane e alluvioni. 

I cambiamenti climatici dovuti ai fumi emessi oggi dalle nostre fabbriche e automobili e camini faranno sentire i loro effetti in futuro; i rifiuti tossici nascosti nel sottosuolo, continueranno per lungo tempo a mettere in circolazione sostanze dannose alla salute. 

Le scorie generate dalle attività che producono armi di distruzione di massa e dalle centrali nucleari continueranno ad emettere radioattività per secoli e millenni.

Il Papa insiste sulla centralità “dell’uomo” e invoca quella “ecologia umana” che dovrebbe orientare le azioni economiche e politiche del futuro. 

La parte finale dell’enciclica è un invito alla speranza. 

La soluzione dei problemi ambientali e umani richiede azioni e impegni, a cominciare dalla diminuzione e cessazione dei tanti conflitti che colpiscono l’umanità, quella “terza guerra mondiale” diffusa nel mondo, di cui il Papa ha parlato anche di recente. 

Va abbandonato l’enorme spreco di beni impiegati nelle armi e di beni distrutti nei conflitti; gli stessi beni, se usati a fini umani, consentirebbero la soluzione dei problemi di povertà. Pace, giustizia e solidarietà sono le ricette per poter vivere su questa terra. 

L’enciclica si chiude ricordando che dobbiamo trattare il Creato come Giuseppe ha trattato ed ha avuto cura di Maria e di Gesù, con discrezione, umiltà, fedeltà, amore. 

L’enciclica finisce con una bella preghiera in cui è contenuto un “grido” della terra e dei poveri, che chiedono al Signore un regno di giustizia, di pace, di amore e di bellezza. 

Una aspirazione che vale anche per i non cristiani e i non credenti, per tutti gli abitanti di questo pianeta.

 

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