Ci permettiamo di far presente anzitutto al Ministro Marianna Madia che l’ultimo periodo del 2° comma dell’art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004 (“Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”) dispone che una volta decorso inutilmente il termine entro cui ogni Regione avrebbe dovuto approvare definitivamente il proprio Piano Paesaggistico, spetta al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo approvare in via sostitutiva il Piano Paesaggistico con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
A tutt’oggi in Italia sono soltanto 3 i Piani Paesaggistici definitivamente approvati (Sardegna, Puglia e Toscana): ne deriva che il Ministro dovrebbe spiegare come si debba fare per far sì che la finalità che si prefigge di “costringere” le amministrazioni a prendersi la responsabilità delle proprie decisioni possa essere pienamente attuata anche quando a venir meno a precisi obblighi di legge è proprio lo Stato nel massimo vertice del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Se l’Italia fosse dotata di Piani Paesaggistici definitivamente approvati, per tutte le zone vincolate sarebbe vigente una disciplina di tutela che ai sensi del 4° comma dell’art. 145 sempre del D.Lgs. n. 42/2004 dovrebbe essere recepita da ogni Comune entro due anni dalla approvazione del Piano Paesaggistico, adeguando ad essa il rispettivo Piano Regolatore Generale.
In tal modo la prescrizione “paesaggistica” della Soprintendenza e della Regione diventerebbe norma “urbanistica” del Comune e non ci sarebbe addirittura bisogno di una vera e propria “autorizzazione paesaggistica” per ogni progetto di trasformazione del territorio da parte delle Soprintendenze competenti per territorio, a cui potrebbe essere delegato solo il compito di verifica del rispetto della disciplina di tutela.
In questo modo si assicurerebbe una semplificazione dei compiti ed un conseguente vero snellimento delle procedure (evitando una marea di Conferenze dei Servizi), senza bisogno di “scorciatoie” temporali.
L’istituto del “silenzio-assenso” su aree soggette a vincolo paesaggistico presenterebbe fra l’altro dei vizi di legittimità costituzionale perché andrebbe in violazione dell’art. 9 che obbliga lo Stato alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico.
La normativa vigente in materia, dettata dall’art. 14–quater della legge 241/1990, prevede che in caso di “motivato dissenso” espresso “da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione”.
Far scattare comunque l’istituto del “silenzio-assenso”, anche se dopo 90 giorni anziché 60 giorni, scardinerebbe anche la normativa sopra richiamata, che bene o male rientra nella finalità che si prefigge proprio il Ministro Marianna Madia e che è quella di “costringere” le amministrazioni (in tal caso il Consiglio dei Ministri di cui anche lei fa parte) a prendersi la responsabilità delle proprie decisioni.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi