Con questo titolo ho trasmesso all’Assessore Leonori ed a tutti i consiglieri di maggioranza e per conoscenza al diretto interessato cons. Alessandro Onorato ed al cons. Enrico Stefàno il seguente messaggio di posta elettronica.
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Mi sono stati chiariti ieri pomeriggio ma in linea di massima i termini della mediazione che sarebbe stata raggiunta con l’opposizione e che oggi dovrebbe permettere di approvare in una sola seduta sia la proposta di deliberazione n. 59 che la proposta di deliberazione n. 61.
Riassumo in particolare per chi di voi non ne fosse ancora a conoscenza quanto ci è stato riferito e confermato da più parti.
1 – Viene confermato che le concessioni di tutti gli impianti del riordino scadono improrogabilmente il prossimo 31 dicembre e verranno tutt’al più prorogate solo per il tempo che si renderà necessario ad entrare a regime, “comunque non oltre l’esito delle procedure di gara conseguenti alla redazione dei piani di localizzazione”: significa che tutti gli impianti al momento esistenti sul territorio di Roma dovranno essere rimossi per fare posto a quelli individuati dai Piani di Localizzazione distribuendo in modo puntuale sul territorio i 138.000 mq. complessivi previsti dal PRIP.
2 – L’accordo è stato raggiunto decidendo di assegnare il 17,5% dei 138.000 mq. esclusivamente ad impianti SPQR di proprietà comunale, pari quindi a 24.150 mq.: non posso al riguardo far notare come il prezzo dell’accordo, per strappare il “sì” sia di Bordoni che di Alemanno, sia stato il totale rinnegamento non solo del 15% proposto in origine dal cons. Franco Marino (pari a 20.700 mq.), ma anche e soprattutto del 10% (pari a 13.800 mq.) che al quotidiano “Il Messaggero” di domenica scorsa il Sindaco Marino in persona aveva detto di essere disposto ad accettare obtorto collo: sotto questo aspetto sia Bordoni che Alemanno possono dire di avere vinto loro.
3 – I piani di Localizzazione dovranno individuare a priori sul territorio impianti SPQR per 24.150 mq. oppure sarà la stessa amministrazione capitolina a farlo dopo: se ipotizziamo che il formato di maggiore convenienza anche economica sia un 3 x 2 monofacciale, avremmo individuato nelle rispettive posizioni un numero di 4.025 impianti SPQR.
4 – Trattandosi di impianti di proprietà comunale l’amministrazione capitolina può decidere, come deciderà, di non metterli a gara e di assegnarli a chi ne farà richiesta fra le sole ditte del riordino in base a dei criteri di “premialità” che saranno sempre e comunque del tutto discrezionali per cui occorre trovare una strada che eviti il rischio di contenziosi vincenti in tal senso e che è quella in negativo dell’esclusione prevista per legge e quindi non censurabile dell’art. 38 del D.Lgs . 163/2006 in base al quale il Comune di Roma sarà obbligato a considerare ammissibili o meno a partecipare di diritto alle gare una serie di soggetti in base a determinati requisiti di legge: in perfetta analogia, per evitare disparità di trattamento, dovranno essere ammesse a fare richiesta di vedersi assegnata in locazione una quota parte dei suddetti 4.025 impianti ipotizzati esclusivamente le ditte del riordino che presenteranno gli stessi requisiti di partecipazione ai bandi.
4 A – Il suddetto criterio non è ad ogni modo sufficiente, perché ad esso vanno aggiunti obbligatoriamente quanto meno il requisito oltremodo oggettivo che non può avere nessun diritto la ditta che abbia installato abusivamente uno o più impianti “senza scheda”, anche ed a maggior ragione se titolare di impianti del riordino.
Se questo procedimento fino a qui ed alle condizioni sopra dette sembra perfettamente fattibile, si cominciano ad avere seri dubbi finché non saranno state date risposte di altrettanta legittimità ai seguenti problemi che al momento sembrano non essere stati presi in considerazione e risultano quindi irrisolti:
1) con quali criteri che non sono quelli di una gara vera e propria verranno scelte le ditte da “premiare”;
2) quanti impianti SPQR (con la conseguente superficie pubblicitaria complessiva, quota parte dei 24.150 mq.) verranno assegnati in locazione;
3) a quale importo di locazione verranno assegnati i 4.025 impianti SPQR senza poterne strappare quel sicuro importo maggiore se si mettessero a gara alla maggiore offerta.;
4) la locazione concessa sarà per 5 o 10 anni (al pari in quest’ultimo caso delle autorizzazioni rilasciate a chi avrà vinto i bandi di gara);
5) al termine dei 5 o 10 anni la locazione sarà rinnovata per altrettanti anni, in regime praticamente di monopolio.
Quand’anche si riuscisse a trovare la quadra anche ai suddetti problemi, il PRIP che si verrebbe ad approvare rischia di non essere più all’altezza delle altre principali città europee se alla fine proprio il modo autolesionista in cui sarà stato definitivamente approvato diventerà la principale causa di vedere andare deserte tutte le gare che dovranno esser fatte per assicurare alla città proprio quei servizi di cui ha bisogno e che fanno la netta differenza sulla valutazione finale della qualità del prodotto che sarà stato sfornato: ci si riferisce principalmente al servizio di Bike Sharing ed agli elementi di arredo urbano che il Comune di Roma ha l’enorme possibilità di avere a costo zero, concedendo come corrispettivo una certa quantità di superficie pubblicitaria il cui ricavo consenta a chi si aggiudica la gara di coprire le spese per assicurare il servizio e per ricavarne il dovuto guadagno.
Per rendere l’idea con un paragone significativo porto l’esempio del bando del Bike Sharing voluto nella passata consiliatura dall’allora Assessore all’Ambiente Marco Visconti, che prevedeva la realizzazione a costo zero per il Comune di 70 stazioni di Bike Sharing assegnando come corrispettivo 1.500 mq., corrispondenti a 347 impianti bifacciali di mt. 1,20 x 1,80 però non espressamente individuati nelle rispettive posizioni sul territorio.
Come requisiti obbligatori per partecipare al bando il Comune chiedeva, a fronte di un importo complessivo a base di asta di 21.400.000 euro, compreso il rinnovo eventuale per ulteriori 5 anni, un fatturato globale non inferiore a 40.000.000 di euro ed un fatturato da commercializzazione di spazi pubblicitari non inferiore ad euro 20.000.000 euro conseguito nel triennio antecedente.
Riguardo invece ai requisiti di capacità tecnico-organizzativa, il requisito richiesto era la sottoscrizione nel triennio antecedente di almeno un contratto con identico oggetto con un numero minimo di 40 stazioni.
I suddetti requisiti sono stati ritenuti pienamente legittimi dal TAR del Lazio che però con sentenza n. 668 dell’8 giugno 2012 ha ugualmente annullato il bando, perché la mancata localizzazione sul territorio dei 347 impianti da mt. 1,20 x 1,80 non consentiva alle ditte di poter fare una seria analisi dei costi-benefici e valutare conseguentemente se i ricavi ottenibili dalla pubblicità coprissero i costi del servizio lasciando un giusto margine di guadagno.
Mantenendo gli stessi identici requisiti di capacità tecnico-organizzativa da un lato e di capacità economico-finanziaria dall’altro lato, il Comune ha l’enorme possibilità di avere subito ed a costo zero un servizio maggiore di ben sei volte, vale a dire di 420 ciclostazioni con cui consentire di andare al lavoro in bicicletta (compresa quella a pedalata assistita) e dare occupazione fissa ad un gran numero di persone solo con la manutenzione delle suddette 420 ciclostazioni, concedendo come corrispettivo 9.000 mq. dei 138.000 mq. complessivi previsti dal PRIP (pari ad appena il 6,5%).
IPOTIZZANDO DI DARE COME CORRISPETTIVO GLI STESSI TIPI DI IMPIANTI BIFACCIALI DA MT. 1,20 x 1,80, SI AVREBBERO BEN 2.082 IMPIANTI PUBBLICITARI CHE NON POTRANNO MAI AD OGNI MODO RIPAGARE IL COSTO DEL SERVIZIO DA ASSICURARE DANDO IL DOVUTO GUADAGNO SE UNA CERTO LORO QUANTITÀ NON STESSE COLLOCATA IN POSIZIONI CHE SIANO COMMERCIALMENTE MOLTO REMUNERATIVE E CHE NELLE PRINCIPALI CITTÀ EUROPEE SI TROVANO ANCHE E SOPRATTUTTO NEL CENTRO STORICO.
In tutte le principali città europee i modelli standard utilizzati per finanziare questo servizio a costo zero per l’amministrazione sono proprio il formato da mt. 1,20 (di altezza) x 1,80 (di lunghezza), rinvenibile ad esempio lungo la avenue des Champs Elysées a Parigi, ed il formato di mt. 3,20 x 2,40 (di complessivi 7,68 mq., che a Roma andrebbe localizzato solo in periferia, comunque al di fuori della perimetrazione individuata dalla deliberazione n. 609/1981).
Ora la lista Alfio Marchini ha presentato l’emendamento n. 437 alla 59° proposta di deliberazione e l’emendamento n. 934 alla 61° proposta di deliberazione che propongono di introdurre tanto nella normativa tecnica di attuazione del PRIP quanto nel Regolamento di Pubblicità proprio i due suddetti formati standard europei “CONSENTITI ESCLUSIVAMENTE PER IMPIANTI E SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ” anche nella Città Storica (sottozona B2), ma non nel centro storico (sottozona B1).
Una loro eventuale bocciatura da parte di questa maggioranza significherebbe la contestuale bocciatura del servizio di Bike Sharing, in quanto il relativo bando andrà deserto perché non ci sarà nessuna ditta con i requisiti sopra detti che riterrà possibile avere i dovuti ricavi per assicurare il servizio senza una pubblicità fatta quanto meno nella Città Storica, se non anche nel centro storico con i soli formati da mt. 1,20 x 1,80.
Come ho già avuto modo di scrivere, i cittadini romani rischiano che cada loro sul collo l’approvazione di un PRIP mediocre, livellato al ribasso, adeguato soltanto (se non addirittura esclusivamente) al livello delle micro aziende in grado solo di piantare cartelloni vecchia maniera, senza la possibilità di liberare investimenti anche tecnologici che aumenterebbero per di più l’occupazione.
Invito quindi seriamente tutti voi ad evitare questo.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi
Ma come…ALCUNI ESPONENTI DEL pd si autodefiniscono “ambientalisti” ma nei fatti, volutamente, vogliono affossare la possibilità di un servizio di bike sharing degno di questo nome?
NON CAPISCO E NON MI ADEGUO