La Convenzione internazionale relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, meglio nota come Convenzione di Ramsar, è un atto firmato a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971 da un gruppo di paesi, istituzioni scientifiche ed organizzazioni internazionali partecipanti alla Conferenza internazionale sulle zone umide e gli uccelli acquatici, promossa dall’Ufficio Internazionale per le Ricerche sulle Zone Umide e sugli Uccelli Acquatici (IWRB – International Wetlands and Waterfowl Research Bureau), con la collaborazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN – International Union for the Nature Conservation) e del Consiglio Internazionale per la protezione degli uccelli (ICBP – International Council for bird Preservation).
Ai sensi della Convenzione “si intendono per zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbiere oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri”.
“Ai sensi della presente convenzione si intendono per uccelli acquatici gli uccelli ecologicamente dipendenti dalle zone umide”.
La Convenzione di Ramsar è stata ratificata e resa esecutiva dall’Italia col D.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976 e con il successivo D.P.R. n. 184 dell’11 febbraio 1987.
I siti che possiedono tali caratteristiche e che rivestono una importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, possono essere inclusi nella “lista delle zone umide di importanza internazionale” approvata dalla convenzione stessa.
Possono essere quindi considerate “zone umide”: i laghi, le torbiere, i fiumi e le foci, gli stagni, le lagune, le valli da pesca, i litorali con le acque marine costiere, ed inoltre, tra le opere artificiali, le casse di espansione, gli invasi di ritenuta, le cave di inerti per attività fluviale, i canali, le saline e le vasche di colmata.
I siti Ramsar individuati in Italia sono attualmente 51 per una superficie totale di 60.052 ettari.
Le zone umide rivestono una notevole importanza per i seguenti diversi aspetti.
- idrogeologico, in quanto svolgono la funzione di attenuazione e regolazione dei fenomeni come le piene dei fiumi. Le paludi adiacenti i corsi d’acqua, ad esempio, creano un effetto spugna cioè raccolgono le acque durante le piene – rallentando il deflusso delle acque e riducendo il rischio di alluvioni – restituendole poi durante i periodi di magra. Sono, inoltre, importanti serbatoi per le falde acquifere.
- chimico e fisico, dal momento che sono trappole per nutrienti. La ricca e diversificata vegetazione delle zone umide conferisce a questi ambienti la capacità di assimilare nutrienti, cioè composti di potassio e azoto, e la possibilità di creare condizioni favorevoli per la decomposizione microbica della sostanza organica.
- biologico, perché rappresentano, a livello mondiale, una delle tipologie di habitat più importanti per la conservazione della biodiversità. Tra gli uccelli minacciati di estinzione, ad esempio, 146 specie dipendono dalle zone umide che, dopo le foreste e le praterie/savane, rappresentano il terzo gruppo di ambienti per numero di specie minacciate.
- produttivo, per la loro importanza nei settori dell’ittiocoltura o della molluscocoltura, e per la produzione di sale.
- educativo e culturale, grazie alle svariate attività, tra cui in particolare il birdwatching, legate a questi luoghi. In Italia le oasi naturalistiche del WWF e della LIPU, molto frequentate dai visitatori, costituiscono luoghi elettivi per l’osservazione dell’avifauna acquatica; inoltre in molte zone sono ancora presenti vecchi manufatti che testimoniano la presenza di antiche attività umane legate alle zone umide.
- scientifico: dallo studio dei profili pollinici nelle torbiere, ad esempio, è possibile ricostruire le vicende ecologiche, climatiche ed evolutive del territorio in cui questi ambienti sono situati.
Dal 1971 la Convenzione di Ramsar istituisce il 2 febbraio quale giornata per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza e il valore delle zone umide, ricordando che questi sono anche gli ecosistemi più a rischio del Pianeta.
Oggi è dunque la Giornata Mondiale per le Zone Umide (World wetlands day), per ricordare l’urgenza di difendere laghi, lagune e corsi d’acqua e il loro ruolo importante che svolgono nel mondo per le specie migratorie e per le numerose attività economiche che sostengono quali la pesca, il turismo e l’agricoltura, focus delle celebrazioni di quest’anno.
Il WWf ricorda che “circa 2/3 delle zone umide d’Europa sono scomparse negli ultimi 50 anni e quelle che restano sono sotto pressione per l’inquinamento e i cambiamenti climatici”.
Si stima che a questi ambienti sia legato circa il 12% di tutte le specie animali e il 40% aggiungendo quelle vegetali: quasi il 50% delle specie di uccelli presenti in Italia sono legate alle zone umide.
La Giornata mondiale delle Zone umide 2014 è dedicata al rapporto con l’agricoltura e la Convenzione Ramsar: gli organizzatori sottolineano che “le zone umide sono partner per la crescita e sono state a lungo viste come un ostacolo all’utilizzo agricolo del territorio ma il loro ruolo essenziale a supporto anche dell’attività agricola sta diventando sempre più chiaro e ci sono pratiche agricole di successo che traggono vantaggio da zone umide in buona salute”.
Secondo il recente dossier Wwf “Monitoraggio Biodiversità Rete Natura 2000”, “dei 16 habitat target per il sistema delle oasi Wwf, giudicati prioritari per la difesa della biodiversità, la metà appartengono a zone umide come le lagune costiere e le praterie umide mediterranee mentre delle 23 specie target ben 16 vivono o frequentano le ‘acque interne’ come lontre, testuggini palustri, martin pescatore, falco di palude, moretta tabaccata e il gambero di fiume. Queste specie si possono ammirare in questo periodo, oltre a decine di migliaia di uccelli acquatici e in particolare anatre selvatiche (dal germano reale al moriglione, dal mestolone all’alzavola), folaghe, aironi di più specie (airone cenerino, airone bianco maggiore, airone guardabuoi, garzetta), limicoli di più specie (avocetta, pettegola, piovanelli, ecc.), gabbiani”.
Il Panda quest’anno punta tutto sulla denuncia delle minacce alle specie migratorie che popolano le zone umide e punta il dito soprattutto e contro la caccia, rallegrandosi perché il 31 gennaio 2014 la stagione venatoria si è chiusa con un segnale positivo: “Dopo anni di lavoro portati avanti dagli avvocati del Panda, dall’Ufficio legale dell’Associazione e dai volontari che svolgono l’attività di vigilanza ambientale il numero dei ricorsi contro i calendari venatori e le deroghe sull’uccisione di uccelli di piccola taglia sono in diminuzione”.
Patrizia Fantilli, responsabile dell’Ufficio legale del Wwf Italia, ha sottolineato: “Raccogliamo i frutti delle battaglie che portiamo avanti da moltissimo tempo per il rispetto delle norme da parte delle Regioni italiane. È stato grazie ai ricorsi e ai successivi pesanti interventi dell’Unione Europea, che l’adozione di deroghe e il prolungamento ingiustificato dei calendari venatori hanno subito una frenata”.
Patrizia Fantilli
L’associazione non abbassa la guardia e continua a vigilare sul rispetto della Direttive Ue e su una corretta applicazione della legge sulla caccia, segnalando il caso eclatante della Liguria, dove nel 2013 sono stati presentati dal Wwf ben 4 ricorsi (di cui 3 vinti) contro il calendario venatorio regionale.
Le zone umide e l’agricoltura di qualità possono dunque non solo convivere ma integrarsi in un sistema virtuoso che contribuisce allo sviluppo corretto del settore agricolo e all’idonea fruizione di queste aree preziose, ricche di biodiversità.
“Le zone umide svolgono un ruolo essenziale per la tutela della biodiversità – ha dichiarato Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente – Sono infatti tra gli ambienti a maggiore diversità biologica e sono fondamentali per mantenere la qualità e la disponibilità dell’acqua, uno dei servizi ecologici alla base della vita degli esseri viventi. Senza contare che i 53 siti Ramsar riconosciuti, che coprono oltre 60.000 ettari del Paese, sono fondamentali per la conservazione di moltissime specie di uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e invertebrati. Malgrado la loro importanza, però, dal 1900 ad oggi sono scomparse più della metà delle zone umide mondiali: una situazione gravissima che rischia di aggravare sempre di più la perdita di biodiversità che stiamo affrontando in questi ultimi decenni”.
Antonio Niccoletti
Per salvaguardare questi preziosi ecosistemi Legambiente mette in rete le numerose esperienze di adozione del territorio da parte delle sue strutture locali: sono infatti oltre 30 i siti di “Natura e Territorio” che assumono rilevanza come zone umide e nei quali vengono sperimentati modelli di sviluppo sostenibile, di valorizzazione delle risorse naturali, di sensibilizzazione, di educazione e di riscoperta delle culture locali.
La giornata mondiale delle zone umide è oggi dunque un occasione per scoprire queste aree grazie agli eventi organizzati dai circoli dell’associazione con l’obiettivo di promuovere la salvaguardia delle zone umide ma anche di sviluppare il turismo e le economie locali.
Per la Giornata mondiale delle zone umide, se gli inglesi possono oggi ammirare il ritorno delle lontre a Glastonbury, i bielorussi hanno l’occasione per visitare le riserve naturali di Vydritsa, Kozyansky e Pripyatsky, appena inserite nella lista di Ramsar delle zone umide di importanza internazionale.
Fuori dall’Europa, alla periferia di Gerusalemme si festeggia per Einot Tzukim, una palude salina che è stata recuperata poco a Nord del Mar Morto e a Hong Kong si tiene una cerimonia al Wetland Park mentre a Bangalore, in India, gli appuntamenti sono i laghi Kaikondrahalli e Devarabisanahalli.
Negli Usa sono innumerevoli le feste, dal Rifugio per la fauna selvatica lungo il fiume Detroit, in Michigan, al Corkscrew Swamp Sanctuary di Naples, in Florida.
E non è da meno l’Australia, dove è possibile, ad esempio, osservare gli uccelli migratori nei laghi di Apex e Freeman, nel Queensland, o andare alla scoperta delle mangrovie a Davistown, nel nuovo Galles del Sud.