Il 29 marzo del 2006 la compagnia statunitense AleAnna Resources ha presentato al Ministero dello Sviluppo economico la richiesta di rilascio del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi, denominato «Palazzo San Gervasio».
Riguarda un’area di 469,90 Kmq. comprendente 13 Comuni della Provincia di Potenza precisamente Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Ripacandida e Venosa) e 2 Comuni della Provincia di Bari (cioè Minervino Murge e Spinazzola).
Nel 2007 la domanda è stata positivamente valutata dal Comitato Tecnico per gli Idrocarburi e la Geotermia.
Nel 2010 anche il Soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata ha espresso parere favorevole (“solo ai fini della tutela archeologica”), prescrivendo che prima dell’avvio dei lavori dovevano essere comunicati sia il perimetro esatto dei luoghi interessati alla ricerca, le attività e le opere da svolgere nel terreno e nel sottosuolo, sia l’impegno “a farsi carico degli oneri relativi ad eventuali indagini archeologiche preliminari e/o estensive che dovessero essere ritenute necessarie” dalla Soprintendenza.
Con Determinazione n. 276 del 9.3.2011 il Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione Basilicata ha esentato dal procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale il predetto permesso di ricerca, escludendo:
1) l’impiego di esplosivi;
2) le aree naturali protette fino ad una fascia esterna di 1 km.;
3) le aree individuate dai vigenti Piani Stralcio dell’Autorità di Bacino a rischio idrogeologico molto elevato ed elevato ed a rischio di inondazione per l’attività di ricerca e tutte le aree a rischio idrogeologico ed a rischio di inondazione per l’eventuale realizzazione di pozzi esplorativi;
4) le aree fluviali fino ad una fascia esterna di 500 m.;
5) le aree agricole interessate dalla coltivazione di vigneti;
6) i centri urbani fino ad un raggio esterno di 500 m., prevedendo anche la distanza minima di 200 m. dalle case, per l’attività di ricerca e fino ad un raggio esterno di 2 Km. per l’eventuale realizzazione di pozzi esplorativi;
7) le aree sottoposte a vincolo archeologico fino ad una fascia esterna di 500 metri.
Con tale Determinazione è stato chiarito che l’esenzione dalla VIA scadeva il 9.3.2014, specificando che poteva essere eventualmente prorogata per una sola volta “sulla base di adeguate motivazioni ed a condizione che risultino invariate le componenti ambientali del contesto territoriale di riferimento” e che tale atto non sostituiva “in alcun modo ogni altro parere o autorizzazione necessaria al rilascio del permesso di ricerca di che trattasi”.
A giugno del 2011 anche la Soprintendenza per i Beni Paesaggistici della Basilicata ha espresso parere favorevole alla suddetta attività di ricerca petrolifera, escludendo soltanto le aree sottoposte ai vincoli ex art. 142, comma 1, lett. c) e h), D.Lg.vo n. 42/2004, cioè i fiumi, torrenti e corsi d’acqua e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 m. ciascuna ed i terreni gravati da usi civici.
Ma con Deliberazione n. 682 del 7.6.2013 la Giunta Regionale della Basilicata non ha rilasciato l’intesa prevista ai sensi dell’art. 29, comma 2, lett. l), del D.Lg.vo n. 112/1998, in conformità all’Accordo sancito nella Conferenza Stato-Regioni del 24.4.2001, proprio facendo riferimento alle aree di pregio naturalistiche, paesaggistiche, storiche, enologiche e archeologiche presenti nell’area, al fatto che i titoli minerari già concessi occupassero più della metà del territorio regionale, determinando l’impossibilità di una programmazione equilibrata che valorizzasse tutte le risorse del territorio, all’interno della quale a valorizzazione e la protezione dell’ambiente costituivano «obiettivi primari».
Per la Giunta Regionale inoltre il permesso risulta in contrasto con l’indicazione della diversificazioni delle fonti energetiche data dal Piano Energetico Regionale, e andavano considerate le contrarietà espresse da comitati e cittadini.
La AleAnna Resources ha impugnato la deliberazione n. 682 del 7.6.2013 presso il TAR della Basilicata che con sentenza n. 325 del 25/6/2015 ha accolto il ricorso anche «perché con la riduzione della produzione di idrocarburi la Regione avrebbe rinunciato alla consistente fonte di entrata fiscale derivante dal valore del 7% della quantità di produzione annuale di idrocarburi liquidi e gassosi».
Tesi che hanno convinto i giudici del Tar che hanno anche osservato come la Aleanna abbia dimostrato l’infondatezza di quanto sostenuto dalla Regione sul fatto che più del 50% del territorio sia interessato da titoli minerari («i permessi di ricerca autorizzati scadevano tutti il 31.10.2016 e riguardavano solo il 5,34% del territorio regionale ed anche che le concessioni di coltivazione rilasciate scadevano tutte il 31.7.2023 ed interessavano il 16,98%») e che «la controversia in esame attiene per il momento alla fase dei rilievi geologici e geofisici, che viene eseguita per alcune settimane su poche migliaia di mq. per volta. Pertanto, solo se i risultati di queste indagini risultano positivi e si presuppone l’esistenza di idrocarburi, si accede alla fase eventuale della perforazione del pozzo petrolifero, la quale comunque interessa una piccola porzione di territorio».
Tale sentenza rischia di causare effetti nefasti “a cascata” anche sugli altri 4 dinieghi di Intesa Frusci (ENI – DGR n.1104/2012), Satriano di Lucania (ENI-DGR n.1249/2012), Anzi (ENI – DGR 1250/2012) Grotte del Salice (Shell – DGR n.1088/2012): lo ha reso noto la Organizzazione lucana ambientalista (Ola) già da tempo in prima linea nella difesa del territorio contro il progetto dell’impianto solare termodinamico di Banzi della Teknosolar (vedi https://www.rodolfobosi.it/il-contestato-progetto-di-impianto-solare-termodinamico-di-banzi-pz/).
Per ribadire la netta contrarietà all’attività mineraria proposta dalla società AleAnna Resources LLC, ritenuta incompatibile con un’area di eccellenza per i suoi prodotti agroalimentari, per i suoi paesaggi e per la sua volontà di perseguire una strada di sviluppo improntata alla sostenibilità quindi al rispetto della vocazione del territorio e delle sue tradizioni, l’Associazione Intercomunale Lucania ed il neo Circolo Territoriale di VAS del Vulture – Alto Bradano hanno organizzato la prima assemblea di istituzioni, associazioni e cittadini che si è tenuta nella calda serata del 3 luglio 2015 in Largo San Rocco a Palazzo San Gervasio.
Un incontro pubblico convocato dall’Associazione Intercomunale Lucania (protagonista della mobilitazione dei cittadini e dei sindaci per sventare il tentativo dell’impianto del Solare Termodinamico, altro grande progetto speculativo che tenta di approfittare della crisi economica e rurale di quel territorio) con Maurizio Tritto, cui hanno partecipato, oltre che Gianni Fabbris per Altragricoltura e il Movimento Riscatto, il Sindaco di Palazzo San Gervasio, Michele Mastro (che ha duramente attaccato le chiacchiere della politica che in realtà opera mettendo in difficoltà le amministrazioni e i cittadini), la Ola con Vito L’Erario che ha sottolineato il compito delle Associazioni e dei Cittadini nel difendere il territorio e per scongiurare il progetto caro a tanta parte politica di trasformare la Basilicata in Hub energetico nazionale, il giornalista Cosimo Forina che ha sottolineato la funzione e il ruolo del giornalismo e della corretta comunicazione nell’informare i cittadini per renderli consapevoli e l’ing. Donato Cancellara, Responsabile del Circolo Territoriale di VAS del Vulture – Alto Bradano.
Donato Cancellara
L’intervento di Donato Cancellara, in particolare, ha messo in evidenza tutte le irregolarità, le debolezze, le contraddizioni ed i limiti delle azioni amministrative messe in atto dagli Uffici Regionali per cui si è arrivati al paradosso di una Regione che non concede “politicamente” l’autorizzazione alla Società Aleanna Resources dopo che i suoi dirigenti hanno dato nei fatti l’autorizzazione.
Amministrazione concessa, peraltro, con un procedimento inaudito che ha tenuto conto solo delle posizioni della società e dei suoi elaborati ed addirittura ritiene che non sia necessaria la VIA (Autorizzazione di impatto ambientale) o altre documentazioni che normalmente sono di prassi in questi casi.
Alla fine è apparsa chiara la linea di azione proposta congiuntamente dalla Associazione Intercomunale Lucania e dal Circolo Territoriale di VAS del Vulture – Alto Bradano con la conseguente richiesta alla Regione.
Piuttosto che il ricorso al Consiglio di Stato per appellare la sentenza del TAR (per cui è prevedibile una nuova sentenza sfavorevole) se la Regione vuole davvero andare fino in fondo nel perseguire il risultato, ha altre possibilità ben più efficaci: annulli il provvedimento adottato dal suo ufficio con un procedimento in autotutela amministrativa e riveda l’autorizzazione per cui sono scaduti i tempi e che la società nelle prossime settimane dovrà chiedere la proroga facendo valere le stesse ragioni per cui il TAR ha dato torto alla Regione.
Il giorno dopo, 4 luglio 2015, la Associazione Intercomunale Lucania ed il Circolo Territoriale di VAS del Vulture – Alto Bradano hanno formalizzato la seguente proposta.