Come dovrebbe essere ormai noto, fin dal 22 ottobre 2013, data di inizio del percorso di partecipazione al PRIP voluto dal Presidente della IX Commissione Commercio Orlando Corsetti, si è parlato di un “premio” da dover riconoscere alle ditte pubblicitarie romane che hanno rispettato le norme.
Su questo stesso sito il 29 giugno 2014 ho pubblicato un artico dal titolo <<PRIP: questa maggioranza sta con la Giunta di Marino o con la Giunta di Alemanno ? Corsetti vuole a tutti i costi ottenere delle larghe intese per “premiare” certe ditte “virtuose”>>, in cui ho provato a dimostrare come il “confronto” sulla “premialità” si fosse tramutato in una estenuante “trattativa” che era degenerata al livello di un autentico mercato da Porta Portese (https://www.rodolfobosi.it/prip-questa-maggioranza-sta-con-la-giunta-di-marino-o-con-la-giunta-di-alemanno-corsetti-vuole-a-tutti-i-costo-ottenere-delle-larghe-intese-per-premiare-certe-ditte-vituo/#more-8303).
La cronistoria che cercava di dimostrarlo arrivava fino al 26 giugno scorso, quando la maggioranza di centro-sinistra in seno alla Commissione Commercio ha approvato un emendamento proposto dal cons. Franco Marino, secondo cui a non meglio individuate “ditte virtuose” si sarebbe dovuto assicurare in uno dei 10 bandi di gara un 15% dell’intera superficie espositiva del PRIP che è di 138.000 mq., mentre l’opposizione di centro-destra quello stesso giorno ha proposto come controemendamento il 50% dei 138.000 mq. da riservare addirittura al di fuori dei 10 bandi di gara agli impianti del riordino delle sole ditte “virtuose”.
Il 1 luglio 2014 la IX Commissione Commercio ha espresso parere favorevole al PRIP licenziato con Decisione dalla Giunta Capitolina n. 35 del 30 luglio 2014, subordinandolo a 15 emendamenti nessuno dei quali riguardava la “premialità”: le ragioni sono state spiegate quel giorno stesso dal Presidente Orlando Corsetti che ha fatto sapere che “Tutti gli emendamenti di oggi sono stati ‘testati’ dalla nostra Avvocatura Comunale“ e che “ad esempio abbiamo dovuto rinunciare all’emendamento che riservava il 15% alle ditte cosiddette ‘virtuose’.”
È stato così deciso di rimandare in aula Giulio Cesare l’ulteriore approfondimento della questione.
Si è arrivati così al 28 luglio 2014 quando sulla cronaca di Roma del quotidiano “Il Messaggero” è stato pubblicato il seguente ulteriore e ben più importante articolo, leggibile anche on line (http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/cartelloni_affissioni_pubblicitarie_marino_bando_campidoglio/notizie/820138.shtml).
Nei due giorni che ne sono seguiti, l’Assessore Marta Leonori ha avocato a sé il compito di cercare a nome della Giunta una mediazione con l’opposizione che permettesse di sbloccare la situazione di scontro in atto e lo stallo conseguente.
Alle ore 13 del 30 luglio 2014 l’accordo, che il giorno prima sembrava raggiunto quanto meno sulla percentuale del 17,5% da riservare alle cosiddette ditte “virtuose”, non era stato ancora definito, come mi è stato riferito dallo stesso cons. Davide Bordoni.
All’inizio della seduta pomeridiana l’Assessore Marta Leonori ha illustrato l’emendamento al riguardo n. 517 che è stato concordato con l’opposizione e che con riferimento all’art. 21 della Normativa Tecnica di Attuazione del PRIP propone di ridurre dal 40% al 29% la superficie espositiva riservata agli impianti di proprietà di Roma Capitale affidati in concessione, che quindi rispetto ai 138.000 mq. complessivi previsti dal PRIP vengono ridotti da non meno di 55.200 mq. a 40.020 mq..
Dopo che è stato approvato il PRIP con Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 49 del 30 luglio 2014 e si è passati all’esame della proposta di deliberazione n. 61 relativa alle modifiche ed integrazioni al “Regolamento comunale in materia di esposizione della pubblicità e di pubbliche affissioni”, l’Assessore Marta Leonori ha illustrato l’emendamento di Giunta n. 1279 che è stato parimenti concordato con l’opposizione.
L’emendamento è stato approvato dalla Assemblea Capitolina che ha così aggiunto contestualmente il comma 5 bis all’art. 7, secondo cui “in sede di prima applicazione dei Piani di Localizzazione di cui all’art. 19 gli impianti pubblicitari di proprietà di Roma capitale sono oggetto di concessione, nel rispetto dei principi di evidenza pubblica, prioritariamente alle imprese che hanno partecipato alla procedura di cui alle deliberazioni di Consiglio Comunale n. 254/1994 e di Giunta Comunale n. 1689/1997 con i criteri che saranno successivamente definiti dalla Giunta Capitolina”, con la precisazione che “a tali impianti, ove non diversamente previsto, si applica la medesima disciplina prevista per gli impianti di proprietà privata”.
L’Assemblea Capitolina ha anche coordinato il suddetto emendamento con il successivo art. 21 relativo alla “Applicazione del canone a tariffa per l’esposizione della pubblicità”, stabilendo al comma 2 che “la pubblicità effettuata su impianti di proprietà comunale o dati in godimento al Comune è soggetta al pagamento del canone di locazione, il quale ultimo, ove non risultante dalle procedure di cui all’art. 7, è determinato con deliberazione della Giunta Capitolina, sentita la competente Commissione Capitolina permanente”.
Nel Comunicato Stampa pubblicato il 1 agosto 2014 sul sito del Comune viene dichiarato al riguardo che “la novità alla delibera di Giunta riguarda gli spazi pubblicitari di proprietà del Campidoglio, quelli contrassegnati con la dicitura SPQR che diminuiranno da circa 35.000 mq a meno di 25.000 mq (-17,5%): la loro gestione verrà messa integralmente a bando, con priorità per le aziende romane (virtuose) del settore pubblicitario, in modo da tutelare i piccoli operatori in un contesto di generale riduzione degli spazi per l’affissione.”.
Da Wikipedia si apprende che l’evidenza pubblica è la procedura principale e necessaria con la quale la pubblica amministrazione svolge la sua attività negoziale nell’individuazione di un contraente per il reperimento sul libero mercato di forniture, opere e servizi (nel nostro caso “servizi pubblicitari”).
Nonostante la piena adozione delle norme comunitarie è stata mantenuta la dizione tradizionale “evidenza pubblica” meglio definita “procedura per la definizione degli offerenti” dall’art.54 del Codice dei contratti pubblici, emanato con Decreto Legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, che testualmente dispone:
“Art.54. Procedure per l’individuazione degli offerenti (art. 28, direttiva 2004/18).
1. Per l’individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l’affidamento di un contratto pubblico, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo, di cui al presente codice
2. Esse aggiudicano i contratti mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta 3. Alle condizioni specifiche espressamente previste, le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante il dialogo competitivo
4. Nei casi e alle condizioni specifiche espressamente previste, le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara”.
La procedura ad evidenza pubblica si può articolare sinteticamente in 3 distinte fasi: 1) Deliberazione a contrarre; 2) Aggiudicazione; 3) Conclusione e approvazione del contratto.
È regolata come detto dal D.Lgs 163/2006: nonostante il mercato di riferimento a cui attingere sia quello libero, il particolare fine della tutela dei pubblici interessi e della trasparenza e legalità impongono il riferimento a procedure normate dal diritto amministrativo.
L’equilibrio della procedura di evidenza pubblica è stato creato per conciliare le esigenze di legalità e autonomia della pubblica amministrazione nel perseguimento del pubblico interesse con le esigenze di trasparenza e libertà di accesso dei partecipanti nonché della garanzia del corretto reperimento delle risorse sul libero mercato nell’ottica di economicità, efficienza ed efficacia (art.106 Costituzione).
a) Deliberazione a contrarre. Inizialmente l’amministrazione procedente emette un atto nel quale evidenzia l’oggetto contrattuale e la sua valutazione (a corpo, a misura) motivando le ragioni che la portano a contrattare in vista dell’interesse pubblico che vuole perseguire, e lo strumento negoziale, ovvero il tipo di procedura scelta tra:
b) procedura aperta ovvero pubblico incanto o asta pubblica che svolge con la Pubblicazione dell’avviso d’asta e prosegue con la verifica dei requisiti di legge dei candidati per poi arrivare al vero e proprio svolgimento dell’asta (esperimento della gara e formazione del prezzo) fino all’aggiudicazione; è quella che consente la massima apertura al mercato; l’aggiudicazione avviene secondo il criterio del prezzo più basso, con il correttivo del vaglio dell’anomalia dell’offerta (la quale non determina automaticamente l’esclusione dell’impresa, ma impone alla p.a. di aprire una fase di contraddittorio che metta il privato in condizioni di chiarire le ragioni dell’offerta anomala).
b) procedura ristretta (o licitazione privata), nella quale invece vengono invitati solo un numero chiuso di contraenti qualificati; alla procedura ristretta possono invece partecipare solo le imprese che siano invitate, essendo in possesso dei requisiti per partecipare predeterminati dalla p.a.; il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata non solo avendo riguardo al profilo economico ma anche a quello tecnico, sulla base di indici prefissati.
c) procedura negoziata (o trattativa privata): l’unico contraente con il quale intavolare la trattativa viene scelto in modo riservato;
d) dialogo competitivo (o appalto concorso): solo i concorrenti ritenuti idonei sono invitati a presentare progetti tecnici di lavori e forniture che verranno opportunamente valutati. Questo procedimento è d’ufficio che deve iniziare con una comunicazione attraverso un bando di gara disciplinata da “lex specialis” (leggi speciali per ogni bando).
Accanto al bando sono previsti i capitolati d’oneri, cioè delle specifiche tecniche che riguardano i bandi in determinati settori che possono essere generali (regole tecniche pubbliche) o speciali (regole tecniche determinate per quel bando).
Nel bando sono specificati i requisiti di ammissione che sono: soggettivi (riguardano l’impresa e possono essere personali o impersonali) oppure oggettivi che si distinguono in economici (capacità economica in grado di reggere l’appalto) e tecnici ( macchinari tecnici). Se non si dimostrano i requisiti soggettivi ed oggettivi si viene esclusi.
2) Aggiudicazione: il Codice dei contratti pubblici prevede la scelta fra il criterio del prezzo più basso (per la procedura aperta) e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (per la procedura ristretta) dove quest’ultima considera una più ampia gamma di fattori rispetto al mero prezzo.
Dopo i pertinenti Controlli nelle Gare (vedere Codice dei contratti pubblici) avviene l’aggiudicazione.
3) L’aggiudicazione non equivale ad approvazione, infatti per la Conclusione devono passare 60 gg dopo la scelta del concorrente in base ai due criteri qui sopra, in questo lasso di tempo l’aggiudicatario ha diritto di recedere o di approvare il contratto, ma non prima di 35gg (D.Lgs 53/10) dall’avviso dell’esito della gara dei cointeressati.
In base alle suddette informazioni, ai fini del rilascio delle concessioni relative alla gestione per il primo decennio di tutti gli impianti pubblicitari di proprietà di Roma Capitale (cosiddetti SPQR), la procedura di evidenza pubblica più indicata per il caso in questione sembrerebbe la “procedura ristretta”, nella quale verrebbero invitate solo un numero chiuso delle ditte pubblicitarie storiche romane “virtuose” che hanno partecipato alla procedura di riordino.
A tal riguardo l’art. 62 del D. Lgs. n. 153/2006, che è relativo al “Numero minimo dei candidati da invitare nelle procedure ristrette, negoziate e nel dialogo competitivo – Forcella”, testualmente dispone:
“1. Nelle procedure ristrette relative a servizi o forniture, ovvero a lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro, nonché nelle procedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo competitivo quale che sia l’oggetto del contratto, le stazioni appaltanti, quando lo richieda la difficoltà o la complessità dell’opera, della fornitura o del servizio, possono limitare il numero di candidati idonei che inviteranno a presentare un’offerta, a negoziare, o a partecipare al dialogo, purché vi sia un numero sufficiente di candidati idonei. Quando si avvalgono di tale facoltà, le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara i criteri, oggettivi, non discriminatori, secondo il principio di proporzionalità che intendono applicare, il numero minimo dei candidati che intendono invitare, e, ove lo ritengano opportuno per motivate esigenze di buon andamento, il numero massimo.
2. Nelle procedure ristrette di cui al comma 1, il numero minimo di candidati non può essere inferiore a dieci, ovvero a venti per lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Nelle procedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo competitivo il numero minimo di candidati non può essere inferiore a sei, se sussistono in tale numero soggetti qualificati.
3. In ogni caso il numero di candidati invitati deve essere sufficiente ad assicurare un’effettiva concorrenza.
4. Le stazioni appaltanti invitano un numero di candidati almeno pari al numero minimo prestabilito nel bando, non inferiore comunque a quello di cui al comma 2.
5. Le stazioni appaltanti non possono invitare operatori economici che non hanno chiesto di partecipare, o candidati che non hanno i requisiti richiesti.”.
Come si può bene vedere il 1° comma del suddetto art. 62 obbliga l’Amministrazione Capitolinaad indicare “nel bando di gara i criteri, oggettivi, non discriminatori, secondo il principio di proporzionalità che intendono applicare, il numero minimo dei candidati che intendono invitare”: in ogni caso, nel rispetto anche e soprattutto del comma 5 bis dell’art. 7 del Regolamento di Pubblicità, la Giunta Comunale deve definire i “criteri” con cui assegnare prioritariamente le concessioni decennali degli impianti SPQR “alle imprese che hanno partecipato alla procedura di cui alle deliberazioni di Consiglio Comunale n. 254/1994 e di Giunta Comunale n. 1689/1997”.
I criteri con cui individuare quali debbano essere le ditte romane storiche “virtuose” che hanno partecipato alla procedura di riordino dovranno essere anzitutto rispettosi della disciplina dettata in particolare dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, che disciplina i “Requisiti di ordine generale” con cui escludere una serie di ditte “dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni”: ne deriva che tutte le altre ditte pubblicitarie sono per esclusione implicitamente “virtuose” e comunque nel pieno diritto di partecipare alla procedura di evidenza pubblica relativa agli impianti SPQR.
I “criteri “dovranno essere contestualmente rispettosi della disciplina prescritta dal comma 1 bis del successivo art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006, ai sensi del quale “quando le stazioni appaltanti si avvalgono della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, ai sensi dell’articolo 62, comma 1, richiedono ai soggetti invitati di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando, in sede di offerta, la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito in originale o copia conforme ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.”
Ma i criteri con cui individuare le ditte pubblicitarie da invitare debbono essere anche altri.
Su questo stesso sito il 26 giugno 2014 ho pubblicato un articolo dal titolo “La soluzione per non far fallire nessuna delle ditte pubblicitarie storiche non sta nel riconoscere ad esse una “premialità” che è del tutto illecita, ma consiste nell’individuare per differenza quelle che hanno le carte in regola per partecipare alle gare, escludendo da queste tutte quelle ditte non “virtuose” in base ad ineludibili norme di legge” (https://www.rodolfobosi.it/la-soluzione-per-non-far-fallire-nessuna-delle-ditte-pubblicitarie-storiche-non-sta-nel-riconoscere-ad-esse-una-premialita-che-e-del-tutto-illecita-ma-consiste-nellindividu/#more-8255) in cui ho fatto la seguente considerazione riguardo alla “premialità”:
“Se si considera preliminarmente che questo tipo di atteggiamento “politico” non può e non deve preoccuparsi di non far fallire, o meglio ancora di far sparire dal mercato di Roma, anche le ditte che si sono fin qui comportate irregolarmente in modo sistematico ormai comprovato, si arriva allora a trovare la soluzione in un modo esattamente opposto e perfettamente rispettoso della normativa vigente in materia, individuando le ditte che hanno diritto di partecipare ai bandi per esclusione fra quelle che hanno “virtuosamente” rispettato le regole, impedendo di gareggiare a tutte quelle che sono sicuramente “non virtuose” in base a condizioni ineludibili dettate da criteri oggettivi ed in quanto tali non impugnabili né presso il TAR né presso il Consiglio di Stato.”
Il D.Lgs. n. 163/2006 impone al Comune di Roma di porre delle ulteriori condizioni di sbarramento alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica da parte di ditte da ritenersi “non virtuose” senza alcuna discrezionalità quanto meno sulla base dei due seguenti oggettivi criteri di esclusione, adattati ora a quanto dispone l’aggiunto comma 5 bis dell’art. 7 del Regolamento.
1 – Non hanno diritto a partecipare a nessun bando di gara quelle ditte pubblicitarie che pur avendo partecipato al procedimento del riordino, abbiano successivamente installato senza alcun preventivo rilascio di titolo autorizzativo, impianti pubblicitari accertati come “senza scheda”.
2 – Non hanno diritto a partecipare a nessun bando di gara quelle ditte pubblicitarie che pur avendo partecipato al procedimento del riordino, dichiarando alla data del 9 maggio del 1997 di avere installato un certo numero di impianti del tipo scheda “ES”, abbiano in seguito installato ulteriori impianti fra quelli dichiarati del tipo “E”, senza alcun preventivo rilascio di titolo autorizzativo e da considerare quindi anch’essi “senza scheda”.
Nell’articolo del 26 giugno scorso ho messo in evidenza che fra le cause di esclusione dai bandi di gara non possono essere annoverate anche le sanzioni amministrative emanate contro impianti del riordino installati con regolare concessione rilasciata dal Comune in una certa posizione sul territorio, risultata poi in violazione delle norme inderogabili del Codice della Strada subentrate dopo (nell’anno 1992) o di vincoli paesaggistici imposti sempre dopo o norme di salvaguardia di aree naturali protette istituite pur esse dopo il rilascio dei titoli autorizzativi: si tratta di evidenti casi in cui vanno riconosciuti agli impianti dei “diritti acquisiti” che consentono quindi di essere comunque invitati a partecipare alla procedura di evidenza pubblica.
Come si può ben vedere, ad eccezione dei casi suddetti, si tratta di 2 precise condizioni di esclusione non solo dalla procedura di evidenza pubblica, ma anche da tutti i futuri bandi di gara che verranno indetti per il rilascio delle autorizzazioni decennali degli impianti pubblicitari di proprietà privata individuati dai Piani di Localizzazione: si tratta di condizioni dettate dal più totale rispetto della legalità e quindi inattaccabili sia al TAR che al Consiglio di Stato, entrambi i quali si sono peraltro già pronunciati rigettando i ricorsi presentati proprio contro la rimozione degli impianti “senza scheda”.
Il rispetto delle suddette 2 condizioni porterebbe ad escludere tanto dalla procedura di evidenza pubblica quanto da tutti i futuri bandi di gara molte delle ditte “romane” o “non romane” che che hanno distrutto Roma: per differenza e per esclusione, sarebbero molto poche o si ridurrebbe comunque di molto il numero delle ditte pubblicitarie che avranno diritto a partecipare sia alla procedura di evidenza pubblica relativa agli impianti SPQR che a tutti i futuri bandi di gara relativi a tutti gli altri impianti , avendo come unico requisito di “virtuosità” quello di stare con tutte le carte in regola, così come prescrive la legge.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi