La candidatura
La storica e sistematica ricorrenza degli sprechi pubblici conseguenti all’organizzazione dei grandi eventi in Italia (ma si sono verificati numerosi casi analoghi in altre nazioni), non ha fermato la propensione della politica nazionale e locale ad esaltare le candidature per i grandi eventi specialmente sportivi.
La storia recente ha visto il ritiro della candidatura di Roma per le olimpiadi 2020, stoppata nel febbraio 2012 dal governo tecnico presieduto da Mario Monti, che non firmò la lettera di garanzia valida per la candidatura.
Nel 2014 si è riproposta l’occasione, prontamente colta dall’esecutivo Renzi, di candidare l’Italia a Paese ospitante delle Olimpiadi 2024: “Il 15 dicembre annunceremo un sogno” ha dichiarato il presidente del consiglio.
Così l’1 dicembre 2014 è stata presentata la candidatura di Roma 2024:
“L’Italia si candida alle Olimpiadi del 2024, con Roma al centro del progetto, ‘e non lo faremo con lo spirito di De Coubertin, per partecipare: lo faremo per vincere’“, ha annunciato il primo ministro Renzi spiegando che “Abbiamo tutte le condizioni per ambire all’oro”.
Ha inoltre spiegato che saranno coinvolte altre città “da Firenze, a Napoli, alla Sardegna” assicurando che “saremo all’avanguardia nel controllo della spesa“.
Il sindaco di Roma Marino si è detto orgoglioso di sostenere l’iniziativa, mentre il presidente del Coni Malagò ha promesso “trasparenza assoluta“.
Roma è stata così la prima candidata a dichiararsi, l’assegnazione avverrà nel 2017.
L’approvazione del Comitato (già fuori budget)
Al sostegno del CONI è seguita l’approvazione da parte del Comune di Roma con 38 voti favorevoli, 6 contrari e nessun astenuto della la mozione per la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024, quindi per l’organizzazione del Comitato Promotore che sarà guidato da Luca Cordero di Montezemolo.
È proprio il budget previsto per il Comitato ad aver innescato nuove polemiche sullo sfondo delle già manifestate preoccupazioni degli oppositori.
Effettivamente il budget era stato preventivato di 10 milioni di euro a gennaio e a luglio è diventato di 60 milioni.
Il lavoro di convincimento del presidente del Coni Giovanni Malagò, accompagnato nei colloqui dei giorni scorsi dal presidente del Comitato promotore Cordero di Montezemolo, dal vicepresidente Luca Pancalli e dalla direttrice Claudia Bugno, ha comunque sortito i sui effetti.
Così, il testo della mozione testo è stato approvato così come il Consiglio Federale del Coni riunitosi il 2 luglio a Milano ha approvato la delibera da presentare al Cio entro il 15 settembre 2015.
“I modelli a cui ci siamo ispirati sono quelli di Barcellona e Londra – ha detto il sindaco di Roma Marino – modelli sostenibili economicamente ed ecosostenibili. Vogliamo ricucire gli spazi della nostra città che sono rimasti indietro. Possiamo farlo puntando sull’edificato esistente e senza costruire opere che rimangano incompiute“.
L’ufficializzazione
Il 16 settembre 2015 è arrivato l’annuncio del presidente del Cio, Thomas Bach che ha ufficializzato le città candidate ad ospitare i Giochi Olimpici del 2024: Amburgo, Budapest, Los Angeles, Parigi e Roma.
“Diamo il benvenuto alle cinque città candidate che sono notevoli e altamente qualificate – rileva il presidente in teleconferenza da Losanna -. Non me ne aspettavo di più perché questa competizione è sulla qualità e non sulla quantità. Le vedremo competere in una sfida che sarà molto dura e affascinante“.
Tale sfida si concluderà in Perù, a Lima, dove, in occasione della 130/a Sessione del Cio prevista a settembre 2017, sarà votata la vincitrice.
Entro tale data le città candidate dovranno aver presentato il dossier definitivo, in linea con l’Agenda 2020 che, tra i vari obiettivi, dovrà soddisfare condizioni di “sostenibilità”, “trasparenza” e “legacy” delle infrastrutture.
“L’Agenda 2020 – ha spiegato il presidente del Cio – ha fatto divenire il processo di candidatura più come un invito e le città hanno risposto impegnandosi con il comitato olimpico attraverso il dialogo e la cooperazione. La sostenibilità e l’eredità sono i cardini di ogni candidatura. Vogliamo che le città candidate mostrino come i Giochi si possano adattare alle loro strategie a lungo termine“.
Le candidate dovranno rispettare i principi della Carta Olimpica e quelli riportati nel contratto siglato, che impegna le concorrenti a battersi contro la discriminazione sessuale e per favorire il rispetto della libertà dei media e del diritto del lavoro in termini di salute, sicurezza, protezione dell’ambiente e ad adottare leggi contro la corruzione perché “i Giochi possono essere un esempio per una società pacifica, senza discriminazioni“.
Tra le contendenti, Amburgo è al momento l’unica che ha indetto un referendum per capire se la sua popolazione è favorevole ad ospitare la manifestazione.
Costi previsti e rischi
“Noi pensiamo che le Olimpiadi possano valere da 1 a 1,5 punti sul Pil, in automatico“.
Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ospite de”L’Incontro” in onda stasera alle 21.30 su Sky TG24.
“Pensiamo – ha spiegato il n.1 dello sport italiano – che solo di marketing, merchandising, diritti tv e quant’altro, l’Olimpiade del 2024 valga 2 miliardi e 400 milioni. Siamo molto confortati dai numeri e soprattutto dalla filosofia di questa candidatura: low cost, con la possibilità di fare un discorso di impianti temporanei“.
Il costo previsto è di 9,7 miliardi ma analizzando la storia si comprende come le previsioni di spesa siano state sistematicamente disattese così come l’impatto sperato sulle economie dei Paesi organizzatori.
Al dissesto finanziario della Grecia ha contribuito Atene 2004 (costata 8,5 miliardi), Pechino 2008 e Sochi 2014 (la prima costata 43 miliardi, quella russa invernale addirittura 51) sono costate enormemente di più rispetto a quanto prodotto a livello di business. Londra, nel 2012, è riuscita ad andare quasi in pareggio, pur con investimenti vicini ai 12 miliardi di euro ma risulta un caso isolato [1]
Sprechi passati, costi attuali
Nel bilancio di previsione di Palazzo Chigi del 2014 risulta ancora una voce che fa riferimento ai mutui accesi per l’organizzazione di Italia 90 con la legge 65 del 1987 per la costruzione degli stadi.
Il conto è di 61 milioni e 200 mila euro, pagati anche nel 2013 e nel 2012, nel 2011 erano 55 milioni e 60 nel 2010.
Ma sono solo i residui di un costo che complessivamente aveva raggiunto i 3,74 miliardi di euro, corrispondenti con la rivalutazione Istat del 2014 a quasi 7 miliardi e mezzo.
Lo Stato italiano spese per le infrastrutture l‘84 per cento in più del budget preventivato, opere oggi inutilizzate, abbandonate o persino demolite.
Nel 2006 le Olimpiadi invernali di Torino costarono più di un miliardo di euro in appalti e molte delle infrastrutture costruite risultano inutilizzate e con alti costi di manutenzione, come la pista olimpica di Cesana Pariol, tracciato per bob, costata 110 milioni di € (preventivo di 60 milioni) e ne servirebbero 15 per il ripristino dei luoghi in sede preolimpica.
Le olimpiadi di Torino hanno comportato costi per più di 3 miliardi e le entrate direttamente legate alla manifestazione (diritti tv, vendita dei biglietti, ecc) hanno portato ricavi per circa un miliardo.
A Roma, lo spreco più ingente relativo all’organizzazione dei mondiali di nuoto del 2009, è la Città dello Sport di Tor Vergata, opera incompiuta che si sarebbe dovuta comporre di un palasport con 8mila posti, un edificio palanuoto con 4mila posti, una piscina olimpionica esterna con tribune fisse per 3mila posti e una pista di atletica.
Anche in questo caso l’epilogo conferma la sistematicità degli sprechi: rispetto al progetto redatto inizialmente dal SIIT (Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti) del Lazio che prevedeva 120 milioni di euro di spesa, quello successivamente approvato nel 2006 costava il doppio, 240 milioni di euro.
Dopo l’approvazione (settembre 2006) il Comune di Roma chiese a Calatrava un’ulteriore stesura del progetto, per rendere candidabile la capitale alle Olimpiadi del 2016, col fine quindi di adeguarlo agli standard olimpici.
La stesura definitiva venne passata al Comitato Tecnico e Amministrativo del Provveditorato alle Opere Pubbliche il 5 febbraio del 2007 con il risultato che la spesa aumentò raggiungendo i 323 milioni di euro, di cui circa 239 per lavori.
Il progetto definitivo venne autorizzato il 25 febbraio del 2009 con dei cambiamenti rispetto al progetto iniziale (due edifici vengono alzati a 76 metri e il palazzetto dello sport ingrandito per ospitare 15mila spettatori, ossia 7mila in più) e l’importo definitivo del prospetto raggiunge i 607.983.772 euro.
Infine, nel 2009, si svolse la sedicesima edizione dei Giochi del Mediterraneo a Pescara: risultarono 37 milioni di euro di buco nel bilancio dei Giochi, mentre venne nominato un Comitato organizzatore composto da 78 membri, quando per le Olimpiadi di Atene ne bastarono 18.
Eppure la storica e sistematica ricorrenza degli sprechi pubblici in corrispondenza dell’organizzazione dei grandi eventi non ferma la propensione irrinunciabile della politica nazionale e locale ad esaltare le candidature specialmente per le grandi manifestazioni sportive come presunta, in verità controfattuale, occasione di “rilancio dell’economia nazionale“.
Anche i casi recenti fuori dal confine nazionale offrono un evidenza empirica contraria a tale teoria: a Sochi per le olimpiadi invernali 2014 sono stati spesi 51 miliardi di euro, oltre cinque volte il budget preventivato [2], mentre i mondiali di calcio organizzati in Brasile l’estate successiva sono stati più costosi della storia senza apportare i benefici annunciati all’economia [3].
Boston 2024: le proteste preventive dei cittadini
Nonostante i mondiali USA 1994 rappresentino uno dei casi virtuosi di spesa nella storia della competizione, i cittadini americani sembrano maggiormente consapevoli dei rischi economici che comporta l’organizzazione di grandi eventi sportivi, come dimostrano le manifestazioni dei protestanti alla candidatura di Boston 2024.
Nella città statunitense, una delle rivali di Roma per l’ottenimento dei giochi estivi, solo il 39% è favorevole alla candidatura, contro il 49% che vi si oppone.
Il sondaggio [file://localhost/Users/Giacomo/Downloads/Topline-2015-06-WBUR-Statewide-1-Olympics-2.pdf ], condotto da Wbur, una delle stazioni locali della National Public Radio, dimostra che il sostegno alla candidatura è diminuito rispetto alle rilevazioni precedenti.
Nel novembre 2016 è in programma, nel Massachusetts, un referendum e il comitato promotore ha detto che rinuncerebbe alla candidatura non solo in caso di prevalenza dei contrari nello Stato, ma anche nel caso in cui i favorevoli non fossero la maggioranza nella sola città di Boston.
Il Comitato olimpico internazionale deciderà la città ospitante il 15 settembre 2017.
Una delle cause della crescente opposizione è la possibilità che siano usati centinaia di milioni di dollari di fondi pubblici emersa dai documenti consegnati per la candidatura.
Come scritto dal Boston Herald nei giorni scorsi, il comitato olimpico statunitense sta valutando tre possibilità: portare avanti la candidatura di Boston, sostituirla con Los Angeles oppure rinunciare alla candidatura.
A tali tre possibilità hanno replicato gli oppositori individuando tre motivi per rinunciare, come si legge dal sito nobostonolympics.org: le Olimpiadi non sono da stimolo alle economie locali; sono costose e il prezzo dei giochi sarà “scaricato” sui cittadini del Massachusetts; hanno un altissimo “costo sociale”.
I membri del comitato “No Boston Olympics” denunciano, nel merito, che le Olimpiadi non servono alla crescita economica della città: “Il numero dei visitatori a Londra e Pechino è in realtà crollato durante i Giochi. Viaggiatori ‘d’affari’ e turisti hanno deciso, in quel periodo, di stare alla larga dalle due città“.
Quanto a Boston, “nei mesi estivi gli hotel sono pieni nel 90 per cento dei casi“.
Pertanto “le Olimpiadi sono inutili. Di fatto sostituiranno ai normali turisti che ogni estate riempiono la città con tifosi e appassionati di sport“.
Secondo, poi, quanto dimostrato da uno studio dell’economista Allen Sanderson (Università di Chicago), nel 1992 non ci fu alcuna differenza tra gli introiti di Barcellona (città che ospitava i giochi) e quelli di Madrid.
“In conclusione, le Olimpiadi per le economie locali sono inutili. Cambia solo ‘chi’ ci guadagna” [4].
Fonti
http://www.wikispesa.it/Eventi_sportivi_e_Olimpiadi:_sprechi_e_strutture_abbandonate
http://www.wired.it/economia/business/2014/12/22/roma-2024-ospitare-lolimpiade-non-conviene/
http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15238
http://www.panorama.it/news/politica/olimpiadi-2024-roma-3-motivi-per-farle-3-no/
http://www.today.it/rassegna/olimpiadi-2024-cittadini-boston-contrari.html
file://localhost/Users/Giacomo/Downloads/Topline-2015-06-WBUR-Statewide-1-Olympics-2.pdf
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La pagina di Wikispesa è stata pubblicata sul sito “carte in regola” che ha fatto il seguente aggiornamento:
“dopo Boston (USA), che ha scelto di non avanzare più la candidatura in seguito ai risultati di un sondaggio in cui la maggioranza degli abitanti si è dichiarato sfavorevole, anche Toronto (Canada) ha rinunciato, perché non ha trovato sponsor per sostenerne il costo, stimato in 60 milioni di dollari (solo per la candidatura).
E 60 milioni – di euro – è il costo stimato a luglio anche per la candidatura di Roma, inizialmente calcolato solo 10 milioni.
Ciò nonostante il Presidente Renzi ha confermato l’entusiastico appoggio della candidatura, ufficializzata nei giorni scorsi insieme alle solite ricadute edilizie (come e dove si costruirà il villaggio olimpico, l’unico vero “business”), ma senza nessuna indicazione su chi metterà i soldi.
E ci chiediamo: quali sponsor pagheranno le spese necessarie a sostenere la candidatura italiana?
Si può conoscerne l’elenco?
E se invece dovessero essere garantite dallo Stato, perché per un’impresa di cui non è certo l’esito positivo (che si saprà solo nel settembre 2017) si investe una tale cifra, mentre per il Giubileo straordinario, che inizia tra due mesi, il Governo sblocca – al momento – solo 50 milioni, che per di più saranno pagati non dallo Stato ma dai contribuenti romani?
C’è qualche giornale disposto a fare qualche domanda sull’interesse pubblico dell’operazione Olimpiadi, anziché riproporre le veline dei promotori e sostenitori?
A raccontare i soliti rischi che si nascondo dietro la solita retorica sportivo/patriottica dei grandi eventi e delle grandi opere?”.
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Carte in regola invita anche a scaricare il seguente volantino ed a mandare la propria foto, che verrà pubblicata.