L’articolo di Tomaso Montanari, pubblicato con questo titolo il 4 luglio 2015 su “La Repubblica”, è l’ennesima denuncia condivisa anche da VAS della demolizione del nostro patrimonio culturale.
Un amico newyorchese mi manda questa fotografia, chiedendomi cosa sia successo all’Italia.
Questo amico ama moltissimo Eataly, e ci va spesso «to buy some of their fantastic produce, mortadella and fresh mozzarella».
Ma certo non si aspettava di trovare, nel settore dedicato alla pasta, una statua del secondo Quattrocento proveniente dal Duomo di Milano, buttata nel mezzo della sala dentro una scatola di plexiglass.
In effetti questa fotografia illustra la mercificazione del patrimonio culturale italiano meglio di un intero volume dedicato all’argomento.
Perché la preziosa opera d’arte di un museo italiano deve decorare il negozio di un privato?
Ed è opportuno che un’opera d’arte del passato (per giunta di soggetto sacro) venga estratta da un museo per essere straniantemente inscatolata in mezzo alla pasta e alla mortadella?
Domande retoriche, visto che la mostra Tesoro d’Italia (sempre di Farinetti, all’Expo) replica questo modello su vastissima scala, mescolando capolavori dei musei pubblici a opere private, e addirittura a opere in vendita (come la robbiana appoggiata per terra che si vede in questo incredibile filmato).
(Un aspetto, questo, che merita qualche riga: moltissimi siti ufficiali dedicati all’evento presentano l’opera come l’originale – evidentemente nel senso del prototipo antico –, ed è nello stesso modo che la raccontano alcuni grandi giornali americani, a partire dal «Wall Street Journal», ma in realtà si tratta della copia che si trova normalmente sul Duomo, dal quale è stata calata in pompa magna per essere spedita da Eataly, con un salto davvero notevole anche sul piano simbolico.
E uno si chiede: se non solo il mio corrispondente newyorchese, ma anche tutti i lettori del «Wall Street Journal», hanno creduto di vedere l’originale, qual è il valore intellettuale dell’operazione?).
Molti pensano che questo sia un modo per avvicinare «la gente» all’«arte».
Io credo che sia solo un modo per piegare il patrimonio artistico bene comune agli interessi commerciali dei nuovi padroni del vapore.
Padroni a cui quelle opere d’arte interessano solo come strumenti del proprio marketing: presentando questi incredibili prestiti, Oscar Farinetti parlò di una statua di Santa Lucia incinta, fraintendendo, fantozzescamente, la veste tardogotica allacciata sotto il seno, e ignorando evidentemente tutto della storia della vergine siracusana in generale, e di questa statua in particolare.
Naturalmente non è questo il punto: ma dovrebbe far riflettere il fatto che chi parla continuamente di bellezza non ha in realtà la minima idea di quella bellezza.
Lo sfruttamento dell’arte da parte dei potenti di turno è una storia antica, ma la Costituzione italiana aveva messo le premesse di un futuro diverso, indicando un uso dell’arte del passato che fosse indirizzato verso la conoscenza, l’uguaglianza, il pieno sviluppo della persona umana.
Ma era un’altra Italia.
Oggi, anche agli occhi di un newyorkese è evidente che Eataly si è mangiata Italy.