Fra le ditte pubblicitarie “storiche” c’è indubbiamente la S.r.l. P.E.S. (Pubblicità Esterna Speciale), che difatti risultava registrata nella Nuova Banca Dati con il codice identificativo 0006: l’uso del tempo passato è d’obbligo perché ora risulta dichiarata decaduta.
Per arrivare a capire bene le ragioni per cui si stiano conseguentemente effettuando le rimozioni di tutti gli impianti della PES è opportuno ripercorrerne la storia in ordine cronologico.
La P.E.S. originaria ha partecipato alla procedura del “riordino”, risultando registrata al prot. n. 218 del 28 dicembre 1996: ha dichiarato di avere installato 66 impianti scheda “R” e 39 impianti scheda “SPQR” e di avere presentato 30 istanze di rilascio di concessione per nuovi impianti “scheda “E”, avendone installati nel frattempo 20 (scheda “ES”).
Negli anni successivi la S.r.l. P.E.S. risulta avere acquisito o essere comunque subentrata alle seguenti ditte del “riordino”:
A.P.D. (che alla fine del 1996 aveva dichiarato 390 impianti scheda “R”, 205 impianti scheda “SPQR” e 1960 istanze scheda “E”);
IMA (che alla fine del 1996 aveva dichiarato 179 impianti scheda “R” e 690 istanze scheda “E”, di cui aveva installato un impianto scheda “ES”);
PUBBLIGEST (che alla fine del 1996 aveva dichiarato 199 impianti scheda “R”).
La S.r.l. P.E.S. si è trovata così ad avere 834 impianti scheda “R”, 244 impianti scheda “SPQR” e 21 impianti scheda “ES” facenti parte delle 2.680 istanze scheda “E”, per un totale complessivo di 1.099 impianti installati.
Fra le ditte pubblicitarie che hanno partecipato alla procedura di “riordino” c’è la S.r.l. PUBBLIEMME PUBBLICITÀ, che risulta registrata nella Nuova Banca Dati con il codice numero 0070: la PES ne è diventata una consociata, pur rimanendone distinta da un punto di vista fiscale, ma non in modo totale.
Ne è una riprova l’impianto di mt. 4 x 3 installato sul confine del Parco di Veio dalla Ditta “PES” con il n. 211 in via Vilfredo Pareto all’altezza dell’incrocio con via Cassia Vecchia: il codice di numero identificativo assegnato al suddetto impianto poi rimosso è 0070/AS161/P con cui è registrata nella Nuova Banca Dati la “Pubbliemme Pubblicità” S.r.l. che è comunque legata alla “PES”.
A destra l’impianto della P.E.S. con il numero di codice della Pubbliemme Pubblicità
Successivamente alla chiusura delle domande di partecipazione alla procedura di riordino la P.E.S. ha installato diversi impianti scheda “E”, senza aspettare il preventivo ed obbligatorio rilascio della “autorizzazione” da parte del Comune di Roma.
Ne è un esempio l’impianto installato in Piazza Armenia, da me segnalato il 21 settembre 2011, di cui riporto di seguito la scheda risultante nella Nuova Banca Dati e la foto.
Impianto della P.E.S. installato in Piazza Armenia
La P.E.S. ha installato anche impianti “senza scheda”, come dimostra la sottostante scheda relativa all’impianto installato in via Ignazio Silone, da me segnalato il 19 settembre 2011.
Oltre che ai formati di mt. 4,00 x 3,00 la P.E.S. si è contraddistinta per la installazione di impianti tipo plancia di mt. 1,40 x 2,00, come quella installata in piazza dell’Alberone di cui si riporta una foto che ne fa capire tutta la pericolosità.
Con un messaggio di posta elettronica trasmesso il 1 ottobre 2010 ho segnalato tre di questi impianti tipo plancia installati in piazzale Apollodoro, in piazzale Maresciallo Diaz ed in viale di Tor di Quinto.
A febbraio del 2011 ho accertato l’avvenuta rimozione dell’impianto installato in Viale di Tor di Quinto con numero di codice identificativo 0006/AT764/P; ad aprile del 2012 ho accertato l’avvenuta rimozione anche di quello installato su piazzale Maresciallo Diaz con numero di codice identificativo 0006/AT891/P; a giugno del 2012 ho accertato l’avvenuta rimozione anche di quello installato su piazzale Apollodoro.
In seguito alla richiesta di chiarimenti da parte della Polizia Municipale del Gruppo Sicurezza Sociale Urbana (in sigla GSSU), che aveva chiesto un parere sulla pericolosità degli impianti tipo plancia di mt. 1,40 x 2,00 installati in tutta Roma dalla S.r.l. “P.E.S.”, il 15 settembre del 2010 si è provveduto ad effettuare delle rilevazioni su uno di tali impianti ed è stato comunicato con la successiva Nota del 22 settembre 2010 che ha un’altezza del sostegno di appena 60 cm. circa dal piano di calpestio alla base del pannello, in contrasto quindi con la normativa vigente in materia che prescrive una altezza minima di mt. 2,50: è stato riscontrato in particolare che i pannelli sono in vetro e gli spigoli sono vivi e quindi pericolosi vista l’altezza alla quale sono installati.
Con Nota prot. QH74192 del 12 ottobre 2010 trasmessa alla “P.E.S.” (e per conoscenza al GSSU) l’allora Dirigente del Servizio Affissioni e Pubblicità dott. Francesco Paciello, dopo avere rilevato la natura illegittima della suddetta tipologia di impianti ed aver fatto presente che “non risulta, peraltro, agli atti perfezionato il procedimento di accorpamento degli impianti in oggetto secondo le prescrizioni della Determinazione Dirigenziale n. 3312 del 23.12.2008”, ha comunicato che “quanto sopra rappresentano motivi ostativi al mantenimento degli impianti in questione sul territorio”.
Nei mesi successivi la “P.E.S.” non ha provveduto a rimuovere nessuno dei suddetti impianti ed in particolare quello installato sullo spartitraffico di via Tuscolana all’altezza del civico n. 623, che è stato sanzionato dall’allora XII° Gruppo di Polizia Municipale, ma che non è stato rimosso: a distanza di 8 mesi, il 2 novembre 2011 contro di esso è andata a schiantarsi una moto con due persone a bordo che hanno perso la vita, determinando il sequestro penale dell’impianto pubblicitario per omicidio colposo.
Dalla sottostante scheda della Nuova Banca Dati si evince che si tratta di un impianto pubblicitario bifacciale del tipo plancia in vetro di proprietà privata della S.r.l. “Pubblicità Esterna Speciale” (P.E.S.) di mt. 1,40 x 2,00, installato su suolo pubblico in via Tuscolana n. 623, che è stato regolarmente autorizzato dal Comune con concessione n. 1560 rilasciata nel 1987 e che fa parte della procedura di “riordino” come scheda “R”: si evince anche che l’impianto è stato registrato nella Nuova Banca dati il 27 ottobre del 2009.
Dalla “Storia Impianto” si evince che in origine l’impianto era uno stendardo, che solo successivamente è stato trasformato in plancia: non c’è però traccia della variazione che lo ha determinato né se ci sia stata istruttoria tecnica.
È importante comunque mettere in evidenza l’anno 1987 di rilascio della concessione, che è antecedente alla entrata in vigore del Codice della Strada emanato con D.Lgs. n. 285/1992 e del successivo Regolamento di Attuazione che ha prescritto il divieto di installare impianti pubblicitari sullo spartitraffico centrale delle strade, che con la deroga poi adottata dal Regolamento Comunale di Pubblicità non può essere inferiore alla larghezza di 4 metri.
L’impianto in questione è stato installato sullo spartitraffico centrale di questo tratto della Via Tuscolana, che è largo molto meno di 4 metri, provocando l’incidente mortale.
Alla diffida da me inoltrata non ha fatto seguito nessun riscontro, nemmeno di tipo formale: ma anche a seguito di analoghe diffide presentate da altre associazioni e da privati cittadini, nonché dell’ampia eco mediatica che hanno avuto sia l’incidente che le proteste che ha successivamente provocato, sembra che i Verbali di Accertata Violazione (V.A.V.) redatti dai diversi Gruppi di Polizia Municipale abbiano portato alla rimozione di 113 impianti pubblicitari della “P.E.S.”, che non costituiscono ad ogni modo la totale quantità di questa particolare tipologia di cui risultava a quell’epoca installato a Roma ancora un discreto numero.
Va rimarcato al riguardo che nel rispetto della normativa vigente in materia per ognuno dei suddetti 113 impianti deve essere stata trasmessa alla “P.E.S.” una lettera-diffida con l’invito a rimuovere a proprie cure e spese il relativo impianto entro e non oltre 10 giorni dal ricevimento, trascorsi inutilmente i quali il Comune avrebbe provveduto alla rimozione forzata d’ufficio, che è stata poi effettivamente messa in atto: ne deriva che la “P.E.S.” non ha ottemperato a nessuna lettera-diffida.
Ciò nonostante, il 4 maggio 2012 la “P.E.S.” ha depositato presso la sede di Roma del TAR del Lazio il ricorso n. 3388 con cui ha chiesto da un lato l’annullamento “del provvedimento, atti e delibere dell’Amministrazione comunale di Roma, non conosciuti, espliciti o impliciti, sulla cui base è stata eseguita l’azione di rimozione di numerosi impianti pubblicitari, tutti collocati non abusivamente ma per effetto di uno specifico atto autorizzativo del Comune stesso” nonché “dei verbali della Polizia Municipale e/o gli atti dell’Amministrazione Comunale che hanno consentito la rimozione di 113 impianti tipo MUPI 140X200” e dall’altro lato addirittura un “risarcimento danni in forma specifica”.
L’impugnazione della “P.E.S.” è stata basata sul fatto che tutti gli impianti pubblicitari sarebbero stati installati per effetto di specifico atto autorizzativo dell’amministrazione comunale, che presumibilmente è la loro registrazione nella Nuova Banca Dati a seguito dell’avvenuto pagamento del Canone Iniziative pubblicitarie (CIP).
Dai verbali della Polizia Municipale la II Sezione del TAR ha ricavato che la rimozione degli impianti è stata disposta a seguito peraltro di una operazione di controllo straordinaria sul territorio condotta dal citato Corpo di Polizia ai sensi del comma 13 Quater dell’art. 23 del D.Lgs. n. 295/1992, con cui è stato emanato il nuovo Codice della Strada.
Il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, in quanto il provvedimento con il quale l’autorità proprietaria della strada ordina la rimozione di impianti pubblicitari abusivamente installati su suolo demaniale costituisce un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 11 del medesimo art. 23.
Per tali motivi la II Sezione del TAR del Lazio con sentenza breve del 16 giugno 2012 ha dichiarato inammissibile il ricorso, con compensazione delle spese.
L’art. 22 bis della legge n. 689/1981 consente di fare opposizione in generale davanti al Giudice di Pace, salvo i casi di violazioni in materia urbanistica ed edilizia per i quali occorre ricorrere davanti al Tribunale, mentre il 1° comma dell’art. 23 dispone che “il giudice, se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dal primo comma dell’art. 22, ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza ricorribile per cassazione”.
Ne dovrebbe esser derivato che la “P.E.S.” non possa aver potuto fare più ricorso davanti al Giudice Ordinario, essendo trascorsi ben più di 30 giorni dalle ordinanze di rimozione.
È poi subentrata la crisi economica, che ha portato la P.E.S. a versare in uno stato di morosità nei confronti del Comune di Roma.
Malgrado questa situazione economica, nel mese di gennaio del 2014 Fabrizio Bona, direttore commerciale di Alitalia ed ex direttore commerciale della fallimentare compagnia telefonica BIP Mobile, ha stipulato un contratto da 800mila euro in esclusiva per una campagna pubblicitaria di affissioni con la società P.E.S. (vedi https://www.rodolfobosi.it/alitalia-il-pasticcio-dei-contratti-pubblicitari/).
Con una lettere datata 5 febbraio 2014 il direttore generale dell’associazione A.A.P.I. (Associazione Aziende Pubblitarie Italiane), dott. Franco Meroni, ha scritto: “Tale fatto (la stipula del contratto in esclusiva con la P.E.S., ndr ) ha destato in noi un notevole stupore per le seguenti ragioni: la vostra compagnia ha proceduto a selezionare una sola impresa per questa campagna senza consultare o quantomeno richiedere preventivi ad altre imprese“.
Non solo, oltre alla violazione del codice etico per le ragioni sopracitate, l’Alitalia: “ha scelto un’impresa che, a quanto ci consta, ha formulato una richiesta di concordato preventivo per il proprio stato d’insolvenza (sta cercando cioè un accordo con i creditori per non dichiarare fallimento e mantenersi in piedi ndr ) ed in ragione di alcune procedure esecutive in corso“.
Come se non bastasse, la P.E.S. ha: “accumulato un significativo debito con le amministrazioni locali, non da ultimo lo stesso Comune di Roma“.
Alcuni dei loro impianti pubblicitari, infine: “non sono stati espressamente autorizzati dalle amministrazioni locali in cui gli stessi si trovano” e non possiedono “certificazioni sia sulla effettiva esecuzione delle affissioni sia di audience riconosciute dal mercato pubblicitario e non assicurano certamente una corretta copertura del territorio nazionale“.
La P.E.S. è stata dichiarata fallita il 14 marzo 2014 da una sentenza del Tribunale di Roma. (vedi http://media.mimesi.com/cacheServer/servlet/CNcacheCopy?file=pdf/201404/26/0142_binpageBARI38.pdf&authCookie=1875856243)
L’allora vigente 3° comma dell’art. 7 del “Regolamento comunale in materia di esposizione della pubblicità e di pubbliche affissioni”, così come approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 37/2009, disponeva fra l’altro (come dispone tuttora) che “costituiscono causa di decadenza di diritto dall’autorizzazione: ….. il mancato pagamento del canone per un importo pari a due rate, anche non consecutive e non riferite alla stessa annualità”.
Come rilevato poi dal TAR “il rigore dell’art. 7, comma 3, del Regolamento Pubblicità del Comune di Roma appare giustificato dall’esigenza che la concessione degli spazi pubblici di cui verte, sia attribuita ad imprese che presentino i necessari requisiti di affidabilità e solvibilità”.
In applicazione del suddetto dettato normativo con Determinazione Dirigenziale n. 36744 del 28 maggio 2014 il dott. Francesco Paciello ha disposto la decadenza da tutti gli impianti pubblicitari della P.E.S. censiti nella Nuova Banca Dati ed ha ordinato la loro rimozione.
Contro la suddetta Determinazione Dirigenziale il curatore fallimentare Avv. Gian Luca Righi ha fatto ricorso, che è stato però respinto con Ordinanza del TAR n. 2967 del 3 luglio 2014.
Metto in evidenza che nel ricorso è intervenuta ad opponendum l’associazione A.A.P.I. .
La Curatela del fallimento ha allora ricorso in appello, ottenendo con Ordinanza del Consiglio di Stato n. 3093/2014 la sospensione del provvedimento fino al 26 agosto 2014: ma con Sentenza del Consiglio di Stato n. 3820 del 27 agosto 2014 è stato respinto anche l’appello.
Anche nel ricorso al Consiglio di Stato è intervenuta ad opponendum l’associazione A.A.P.I..
Dopo la doppia sconfitta a TAR e Consiglio di Stato, per evitare di dover pagare anche il CIP sulla pubblicità degli inserzionisti, il curatore fallimentare della PES ha fatto oscurare tutti gli impianti della PES, che dovranno comunque pagare la COSAP.
Navigando in internet ho scovato la seguente lettera che in data 14 ottotbre 2014 l’Avv. Gian Luca Righi ha trasmesso al Comune di Aversa.
Vi si evince da un lato che il Giudice Delegato con ordinanza del 9 ottobre 2014 ha disposto la vendita all’incanto in un unico lotto del ramo d’azienda avente ad oggetto l’attività di affissione e vendita di spazi pubblicitari, che è costituita dall’altro lato da n. 1.919 impianti pubblicitari.
Dei suddetti 1.919 impianti ben 1.218 erano da rimuovere entro il 31 dicembre 2014 in Comune di Roma, Milano e Palermo.
Nel frattempo il 29 ottobre 2014 si è svolta la vendita all’asta anche e soprattutto dei 1.919 impianti pubblicitarii della P.E.S. di cui sono da rimuovere tutti quelli installati in Comune di Roma, in ottemperanza della Determinazione Dirigenziale del dott. Francesco Paciello n. 36744 del 28 maggio 2014.
Non è dato di sapere se le rimozioni degli impianti della P.E.S., a cui si sta assistendo in tutta Roma a partire dagli ultimi due mesi dell’anno scorso, sia curata da chi si è aggiudicato l’asta o dal curatore fallimentare Avv. Gian Luca Righi, fors’anche con i proventi dell’incanto.
Fra gli impianti pubblicitari di cui è stata accertata finora l’avvenuta rimozione ci sono quelli installati su viale di Tor di Quinto, da me segnalati assieme a ben altri 92 impianti con Nota VAS prot. . 27 del 23 dicembre 2013 (vedi https://www.rodolfobosi.it/vas-chiede-quanto-meno-loscuramento-dei-95-imianti-pubblicitari-installati-lungo-viale-di-tor-di-quinto-e-via-flaminia/#more-3888).
Si tratta di impianti installati in zona “A” secondo il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari (PRIP) approvato con Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 49 del 30 luglio 2014.
Avevo segnalato i tre seguenti impianti della P.E.S..
Impianto monofacciale installato con il numero 1442 all’altezza del civico n. 64 di viale di Tor di Quinto (rimosso)
Foto scattata il 12 dicembre 2013
Foto scattata da Basta Cartelloni l’8 gennaio 2015
Impianto monofacciale installato all’altezza del civico 112 di viale di Tor di Quinto (rimosso)
Foto scattata il 12 dicembre 2013
Foto scattata da Basta Cartelloni l’8 gennaio 2015
Impianto bifacciale installato con il numero 1452 all’altezza del civico n. 23 di viale di Tor di Quinto (al bordo del parcheggio di piazzale di Ponte Milvio) (non ancora rimosso)
Foto scattata il 12 dicembre 2013
Per gentile concessione delle foto da parte di Basta Cartelloni, sono in grado di documentare l’ulteriore avvenuta rimozione di due impianti della P.E.S. installati in via della Moschea.
Foto scattata a dicembre del 2014
Foto scattata l’8 gennaio 2015
Si tratta ora di aspettare che spariscano del tutto il migliaio di impianti della P.E.S. e di vedere la città di Roma recuperare così, anche se per ora in minima parte, il decoro che le spetta.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi