Un Comune ha impugnato una sentenza del TAR ligure che aveva accolto il ricorso proposto da un cittadino il quale, proprietario di alcuni terreni ai quali la nuova pianificazione urbanistica aveva limitato le potenzialità edificatorie, aveva sindacato la procedura e le modalità di apposizione dei cc.dd. “vincoli di asservimento” introdotti dallo strumento urbanistico comunale.
Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, con sentenza n. 3969 del 21 agosto del 2015, ha respinto l’appello, preliminarmente evidenziando che l’asservimento di un terreno, in base al quale un’area viene destinata a servire al computo di edificabilità di un altro fondo, costituisce una fattispecie negoziale atipica ad effetti obbligatori, che dà vita ad un rapporto pertinenziale di natura permanente, indipendentemente dal momento in cui è stato posto in essere.
Mediante la trascrizione dell’atto di asservimento di un terreno, si definisce così una qualità oggettiva del suolo interessato; esso comporta un’obbligazione propter rem e realizza un particolare vincolo pertinenziale, in quanto tale non suscettibile di decadenza.
Dalla struttura dell’istituto, che comporta, dunque, la cessione di cubatura tra fondi contigui, se ne può dedurre la ratio, indirizzata fondamentalmente ad accrescere la potenzialità edilizia di un’area tramite l’utilizzo della cubatura di un’altra particella.
A tali conclusioni si giunge, altresì, analizzando la procedura necessaria al fine dell’apposizione del vincolo di asservimento: infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione “il c.d. vincolo di asservimento rispettivamente a carico ed a favore del fondo si costituisce, sia per le parti che per i terzi, per effetto del rilascio della concessione edilizia, che legittima lo ius aedificandi del cessionario sul suolo attiguo, sì che nessun risarcimento è dovuto al cedente” (Cass., 12 settembre 1998, n. 9081; in senso conforme, 22 febbraio 1996, n. 1352; 29 giugno 1981, n. 4245).
Data la stabilità ed irrevocabilità degli effetti derivanti dall’asservimento, i quali condizionano l’utilizzo del terreno da parte di chiunque ne sia il proprietario, le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche impongono allora una specifica pubblicizzazione della sussistenza di detti vincoli.
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha sentenziato che il Comune non aveva fornito un’adeguata argomentazione circa l’irreperibilità dei titoli dai quali risulterebbe la sussistenza dei vincoli di asservimento sui terreni di proprietà del privato, avendo l’Amministrazione apoditticamente affermato che “trattandosi di licenze edilizie tutte anteriori al 1990, gli asservimenti non sono stati oggetto di trascrizione, adempimento non necessario per la validità dell’assenso edilizio e dei relativi asservimenti”.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, tuttavia, tale asserzione non si può condividere, in quanto è la struttura stessa dell’istituto dell’asservimento che impone una specifica pubblicità dei vincoli imposti su un determinato fondo.
(Articolo di Rodolfo Murra pubblicato il 25 agosto 2015 sul sito “Il Quotidiano della PA.it”)