Il 30 ottobre 2014 il Consiglio Regionale del Lazio ha convertito in legge con modifiche la proposta di legge n. 75 della Giunta Regionale, che è stato poi pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 90 dell’11 novembre 2014 e che è diventata la legge regionale n. 10 del 10 novembre 2014.
In data 27 novembre 2014 il Presidente dell’associazione Verdi Ambiente e Società (V.AS.) Guido Pollice ha firmato a fatto trasmettere per posta elettronica certificata la seguente richiesta di impugnazione della legge regionale in questione.
Guido Pollice
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi – Piazza Colonna, 370 – 00187 Roma
Al Dipartimento Affari Regionali della Presidenza del Consiglio
Via della Stamperia, 8 – 00187 ROMA
Al Ministro dei Rapporti con le Regioni
Via della Stamperia, 7 – 00187 ROMA
Al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Via del Collegio Romano n. 27 – 00187 Roma
Roma, 27 novembre 2014
Oggetto – Richiesta di impugnazione della Legge della Regione Lazio n. 10 del 10 novembre 2014, approvata dal Consiglio Regionale il 31 ottobre 2014 e pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 90 dell’11 novembre 2014.
Signor Presidente, Signori Ministri
con la presente le scriventi Associazioni segnalano che alcune disposizioni contenute nella Legge Regionale in epigrafe appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con i principi fondamentali fissati dalla vigente normativa statale, inclusa quella in materia di tutela del paesaggio.
Infatti:
A) Il comma 14 dell’art. 3 aggiunge al comma 1 dell’art. 26 della legge regionale del Lazio n. 29 del 6 ottobre 1997 il seguente comma 1 bis:
“1 bis. Nelle zone di cui al comma 1, lettera f), ad esclusione delle zone di riserva integrale, sono consentiti:
a) gli interventi di cui all’articolo 8, comma 3, lettera q), numeri 1), 2), 3) e 4);
b) le attività e gli interventi di cui all’articolo 8, comma 4, lettera d).”
Gli “interventi” di cui alla suddetta lettera a) sono i seguenti:
1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della legge 29/1997; 2) interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro conservativo e di risanamento igienico-edilizio che non comportino modifiche di carattere strutturale;
3) ampliamenti ed adeguamenti a fini agrituristici;
4) interventi di adeguamento tecnologico e funzionale.
Ogni Piano di Assetto dei parchi è suddiviso in 4 zone di tutela (ed eventuali sottozone), che vanno dalla zona di riserva integrale e passando per la zona di riserva generale e la zona di protezione arrivano alla zona di promozione economica e sociale, “da individuare nelle aree più estesamente modificate da processi di antropizzazione”: solo in quest’ultima zona è consentita la nuova edificazione.
Secondo la legge regionale n. 29/1997 nella zona di riserva integrale “l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità”, nella zona di riserva generale “è vietato realizzare nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio”, mentre nelle zone di protezione sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.
Pur mantenendo le suddette prescrizioni della legge regionale n. 29/1997, anche perché recepiscono integralmente il 2° comma dell’art. 12 della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991, la disposizione di cui alla suddetta lettera a) dà ad ogni futuro Piano di Assetto dei parchi e delle riserve naturali del Lazio la facoltà di consentire di far realizzare ugualmente gli interventi sopra elencati all’interno anche delle zone di riserva generale e di protezione, oltre che nelle zone di promozione economica e sociale gli interventi sopra elencati.
È di tutta evidenza che gli “ampliamenti” a fini agriturisitici, ancorché consentiti dalle “misure di salvaguardia”, non possono essere invece realizzati quanto meno nelle zone di riserva generale dove la norma vigente (lasciata peraltro inalterata) vieta proprio di “ampliare le costruzioni esistenti”, se non anche nelle zone di protezione dove appare piuttosto forzato far rientrare gli “ampliamenti” fra le opere di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.
Ciò appare in netto contrasto con i punti 2) e 3) della lettera f) del 1° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997, che hanno recepito le lettere b) e c) del 2° comma della legge quadro n. 394/1991 parimenti violata.
Per quanto riguarda la disposizione di cui alla suddetta lettera b) del comma 1 bis aggiunto all’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 c’è da far presente che consente ai Piani di Assetto di far realizzare nelle stesse 3 suddette zone anche e soprattutto i Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA) che in deroga ai vincoli paesistici hanno già permesso in regime di “misure di salvaguardia” di far costruire ex novo addirittura strutture alberghiere.
Ciò è stato possibile in applicazione del 1° comma dell’art. 19 della legge regionale del Lazio n. 12 del 6 agosto 2012, con cui è stata modificata la lettera d) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997.
Il comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12/2012 ha infatti sostituito le parole: “piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti” con le seguenti: “piani di utilizzazione aziendale (PUA) disciplinati dall’articolo 57 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e dall’articolo 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico)”.
Il comma 19 dell’art. 1 ha anche coordinato con il suddetto testo la lettera d) del 1° comma dell’art. 31 della legge regionale n. 29/1997, sostituendola con il seguente testo: “d) la possibilità di realizzare gli interventi e le attività previste dall’articolo 8, comma 3, lettera q) e comma 4, lettera d).”
Il coordinamento ha riguardato inoltre l’art. 46 della legge regionale n. 29/1997, a cui è stato aggiunto un comma 2 ter dal seguente testo: “2 ter. Fino all’approvazione degli strumenti di cui agli articoli 26 e 27, le previsioni di cui all’articolo 8, comma 4, lettera d) si applicano anche alle aree naturali protette regionali istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge”.
Il 28 settembre 2012 il Governo Monti ha deliberato l’impugnativa in Corte Costituzionale avverso anche la legge della Regione Lazio n. 12/2012.
Secondo il Consiglio dei Ministri l’articolo 1 della l.r. n. 12/2012 è in contrasto con le norme statali in materia di tutela del paesaggio e di governo del territorio ed in particolare il comma 19 che prevede che nelle zone di massima protezione (zone “A” in regime di misure di salvaguardia) siano consentiti interventi di nuova costruzione e di realizzazione di manufatti funzionali all’attività agricola anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico: a tal ultimo riguardo si fa presente infatti che ai sensi del 2° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 24/1998 “gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati, se in deroga alle norme dei PTP, del PTPR e/o della presente legge, all’approvazione, da parte dell’organo competente, del piano di utilizzazione aziendale (PUA), secondo le modalità indicate con deliberazione della Giunta regionale e sono corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30”.
Nel ricorso viene testualmente spiegato che “il comma 19 dell’articolo uno della legge della Regione Lazio n. 12/2012 ora impugnato, richiamando l’art. 18 della l.r. 24/1998, consente quindi che nelle zone di massima protezione siano consentiti interventi di nuova costruzione e di realizzazione di manufatti funzionali all’attività agricola anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico, individuati nell’ambito del P.U.A. La disposizione, pertanto, contrasta con il principio della prevalenza del piano paesaggistico su tutti gli altri strumenti di pianificazione previsto all’art. 145 del codice dei beni culturali ed espressione della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dei beni culturali prevista dall’art. 117, co. 2, lett. s). Come sostenuto da codesta ecc.ma Corte, “l’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004 pone il principio della prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione ad incidenza territoriale posti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. (Si vd., tra le altre, Corte cost., 4 giugno 2010, n. 193)”.
Per evitare la pronuncia della Corte Costituzionale su tutti i vizi di legittimità rilevati sulla normativa del “Piano Casa” della Regione Lazio (prima dal Governo Berlusconi e poi dal Governo Monti) la Giunta Regionale, d’intesa con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), ha approvato le proposte di legge regionale n. 75 e n. 76 del 24 settembre 2013, che immotivatamente hanno “dimenticato” la suddetta precisa censura, non voluta prendere nella benché minima considerazione nemmeno dopo che questa associazione l’ha fatta presente dapprima in sede di osservazioni consegnate il successivo 7 novembre nel corso della audizione concessa alle associazioni ambientaliste dalla Commissione Ambiente e poi quando con Nota VAS prot. n. 21 del 25 novembre 2013 (che si rimette in allegato per opportuna conoscenza) ha chiesto all’allora Governo Letta di “porre un rimedio immediato a questa dimenticanza”.
La proposta di legge n. 75 è stata convertita nella legge regionale del Lazio n. 8 dell’8 agosto 2014 senza che vi venisse accolto l’emendamento che proponeva l’abolizione del 1° comma dell’art. 19 della legge regionale n. 12/2012: sembra che fra i motivi del mancato accoglimento del suddetto emendamento ci sia stato il ritiro da parte dell’attuale Governo della sua impugnazione presso la Corte Costituzionale.
La proposta di legge n. 76 è stata convertita nella legge regionale in epigrafe addirittura con l’aggiunta del suddetto comma 1 bis dell’articolo 26 della legge regionale del Lazio n. 29 del 6 ottobre 1997, che consentendo nei Piani di Assetto Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA) in deroga sia ai Piani Territoriali Paesistici (PTP) del Lazio che al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) risulta in aperta violazione dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004 con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, secondo cui “le previsioni dei piani paesaggistici … non sono derogabili” e conseguentemente le loro “disposizioni … sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”.
La suddetta disposizione prevale sul comma 7 dell’art. 12 della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6.12.1991 secondo cui il Piano di Assetto di un’area naturale protetta “sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione”: lo ha sancito definitivamente la Corte Costituzionale che si è pronunciata con sentenza n. 108 del 19 maggio 2008.
Anche con la sentenza n. 367/2007 la Corte Costituzionale aveva avuto modo di affermare che “sul territorio vengono a gravare più interessi pubblici: da un lato, quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.; dall’altro, quelli riguardanti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati, in virtù del terzo comma dello stesso art. 117, alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. “
Come sancito già nelle sentenza n. 367/2007, in definitiva si “tratta di due tipi di tutela, che possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti”.
Per la Corte Costituzionale ne consegue, sul piano del riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di paesaggio, la “separatezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato, e tutela paesaggistica dall’altro”, prevalendo comunque “l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica”, già sancita peraltro con la sentenza n. 182 del 2006: “è in siffatta più ampia prospettiva, dunque, che si colloca il principio della “gerarchia” degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall’art. 145 del D.Lgs. n. 42 del 2004”.
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B) Il comma 15 dell’art. 3 al comma 1 dell’articolo 31 della l.r. 29/1997 dopo le parole: “compatibilmente con la tutela dei valori naturali e culturali presenti nell’area stessa” sono inserite le seguenti: “e con il ruolo di tutela attiva delle attività agricole, nelle zone di cui all’articolo 26, comma 1, lettera f)”, vale a dire ora in tutte e 4 le zone di ogni Piano di Assetto, ivi comprese quindi le zone di riserva integrale, dove le attività agricole non possono essere svolte dal momento che in queste zone “l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità”.
In tal modo, per dare un “ruolo di tutela attiva delle attività agricole”, anche nelle altre 3 zone di riserva generale, di protezione e di promozione economica e sociale i Piani di Assetto possono consentire la realizzazione di Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA) in deroga sia ai Piani Territoriali Paesistici (PTP) del Lazio che al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) e quindi in violazione dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004.
Per le ragioni sopra indicate, siamo dunque a chiedere che il Governo proceda all’impugnazione della legge della Regione Lazio 10/11/2014 n. 10 presso la Corte Costituzionale, ai sensi dell’ articolo 127, comma primo, della Costituzione Italiana.
Distinti saluti
Allegato : Nota VAS prot. n. 21 del 25 novembre 2013