La società Laziale Ambiente s.r.l. è proprietaria a Roma di un lotto di terreno di 5 ettari situato in via Casale Le Allodole all’altezza del Km. 21 della via Laurentina, che si trova ai margini della Riserva naturale “Decima Malafede” e che è attualmente coltivato a seminativo non irriguo alternato a maggese, con scarsa produttività.
Riserva naturale regionale di Decima Malafede
Ubicazione del terreno della S.r.l. Ambiente
Foto satellitare della zona
Con l’intenzione di attivare in loco un sistema agricolo più funzionale al sito, integrandolo con un impianto di compostaggio e lombricompostaggio a servizio non solo dell’azienda agricola, nel lontano 2003 ha presentato alla Regione Lazio richiesta di autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi assimilati ai rifiuti urbani che ad oggi sono stati circoscritti a scarti verdi in eventuale miscelazione con altri materiali di natura ligneo-cellulosa.
Veniva prevista la realizzazione di una filiera di trattamento di rifiuti in quantità stimata pari a 30.000 tonnellate per anno, a mezzo dello sfruttamento dei processi metabolici di organismi viventi alloctoni e successiva commercializzazione del compost fertilizzante prodotto, con caratteristiche complessive tali da assumersi apoditticamente quale attività industriale e commerciale avulsa dalla pratica agricola tradizionale aliena dalle migliori tipicità rurali dell’agro romano oltre che non compatibile con la finalità e gli obiettivi tanto della legge regionale 29/97 di tutela quanto della legge regionale n. 24/1998 che considera “misure di salvaguardia” della aree naturali protette anche le prescrizioni dettate dai Piani Territoriali Paesistici (PTP) e dal Piano Territoriale Paesistico regionale (PTPR).
Alla data dell’ultima di una serie di conferenze istruttorie, che si è tenuta il 17.10.07 dinanzi all’allora Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti della Regione Lazio, il progetto aveva acquisito tutti i pareri necessari, espressi o ottenuti per silenzio assenso: in particolare con nota prot. n. 1358 del 28 febbraio 2007 aveva ottenuto il rilascio del nulla osta da parte dell’Ente di gestione Roma Natura.
La fine del Commissariamento della Regione Lazio ha segnato il passaggio dei procedimenti in corso alla Provincia di Roma, quale ente delegato che ha convocato una Conferenza di servizi in data 20 febbraio 2009, nel corso della quale l’Ente Roma Natura si è riservato qualsiasi pronuncia: la Conferenza è stata quindi sospesa senza apposizione di un termine in attesa del nullaosta dell’Ente Roma Natura.
A seguito del parere negativo espresso da Roma Natura con nota prot. n. 3028 del 7 maggio 2009, con decreto dirigenziale n. 5451/2009 del 4 settembre 2009 è stato deciso il definitivo diniego alla autorizzazione richiesta dalla S.r.l. Ambiente, a cui è stato comunicato il successivo 17 settembre 2009 e che ha impugnato gli atti avversi dell’Ente Roma Natura e della Provincia di Roma.
Il ricorso è stato respinto con Sentenza del TAR di Roma n. 27917 del 22 luglio 2010 che la S.r.l. Ambiente ha impugnato presso il Consiglio di Stato, sostenendo fra i diversi motivi di censura che <<non si comprende come Roma Natura, dopo aver ammesso la compatibilità del progetto con le norme di salvaguardia, abbia successivamente escluso l’ammissibilità delle attività in questione all’interno del Parco, tenendo anche conto del decorso del quinquennio dall’entrata in vigore della legge reg. 29/97 e quindi della decadenza delle misure di salvaguardia>>.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha riconosciuto fondata anche la suddetta censura, per cui <<l’appello in esame deve essere accolto essenzialmente sotto il profilo del difetto di motivazione del diniego non rilevato dalla sentenza impugnata e l’affare deve essere rimesso all’ente Roma Natura, la quale dovrà pronunciarsi sulla richiesta di nulla osta secondo canoni di reale completezza in relazione ai totali contenuti della domanda dell’appellante>>: con Sentenza del Consiglio di Stato n. 3067 del 25 maggio 2012 è stata quindi annullata la sentenza del TAR n. 27917/2010.
Di fronte all’inerzia dell’Ente Roma Natura, la S.r.l. “Ambiente” ha fatto nuovamente ricorso per l’esecuzione del giudicato derivante dalla sentenza n. 3067/2010, che è stato accolto: con Sentenza del Consiglio di Stato n. 970 del 18 febbraio 2013 è stato ordinato <<all’Ente Roma Natura di provvedere sulla domanda di autorizzazione della Laziale Ambiente s.r.l. tenendo conto di quanto specificato nella sentenza di questa Sezione n. 3067/2012 nel termine di trenta giorni>> ed è stato nominato <<nel caso di persistente inottemperanza nelle vesti di commissario ad acta il Direttore f.f. dell’Ente Roma Natura>>.
In esecuzione del suddetto ordine giudiziale, Roma Natura ha riesaminato l’istanza, ma l’ha respingeva nuovamente con determina n. 1647 del 9 aprile 2013, con cui ha confermato il contenuto della propria nota prot. n. 1302 del 19 marzo 2013 con cui aveva comunicato <<i motivi che ostacolano al rilascio del nulla osta ex art. 28 L.R. 29/1997, in quanto l’art. 8 (misure di salvaguardia), comma 3, lettera q) della L.R. 29/97 vieta espressamente la realizzazione di nuovi edifici all’interno delle zone territoriali omogenee E)>>.
La S.r.l. “Ambiente” ha presentato un ulteriore ricorso per ottenere l’ottemperanza alla richiamata decisione n. 3067/2012.
Con Sentenza del Consiglio di Stato n. 6124 del 20 dicembre 2013 è stato considerato che <<in ogni caso le norme di salvaguardia, per espressa previsione dell’art.8, comma 2, della L.R. n. 29/97 che ne ha disposto l’applicazione, hanno la durata massima di cinque anni con decorrenza dall’entrata in vigore della legge stessa>> e <<Poiché la Riserva Naturale Decima Malafede, su cui insiste l’area di cui trattasi, è stata istituita con la stessa L.R .n. 29/97 e sono ormai trascorsi più di cinque anni dalla sua entrata in vigore, le norme di salvaguardia non sono più in vigore>>: è stato quindi <<dichiarato l’obbligo di Roma Natura di dare piena e puntuale esecuzione alla decisione di questa Sezione n. 3067 del 2012, tenendo conto delle statuizioni in essa contenute così come precisato ai punti 6 e 7 che precedono>>.
In base al dispositivo della suddetta sentenza <<Si ritiene congruo assegnare per l’adempimento il termine di giorni venti dalla notificazione della presente decisione a cura dell’interessata>> con la clausola che <<Per il caso di persistente inadempimento, si ritiene opportuno nominare sin da ora quale commissario ad acta il Dirigente della Direzione Generale della Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche del Ministero dell’Ambiente, competente in materia di gestione integrata del ciclo dei rifiuti, con facoltà di delega a persona di sua fiducia. Il commissario designato provvederà in sostituzione dell’Amministrazione comunale nel termine di trenta giorni dall’assunzione dell’incarico.>>
Con la sentenza in questione il Consiglio di Stato ha considerato applicabile anche alla riserva naturale di Decima Malafede la durata quinquennale delle misure di salvaguardia dettate dal 2° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997, che riguarda invece lo schema del “piano regionale delle aree naturali protette”, vale a dire un piano di parchi e riserve regionali per lo più ancora da istituire e quindi da tutelare proprio per 5 anni in attesa della loro effettiva istituzione.
Per la riserva naturale di Decima Malafede vale invece il comma 11 dell’art. 44 della legge regionale n. 29/1997 che stabilisce che “fino all’adozione da parte degli organi competenti di specifiche norme di salvaguardia, alle aree protette istituite con il presente articolo si applicano le norme di cui all’articolo 8, fatto salvo quanto previsto ai successivi commi 12, 13 e 14” e che va combinato con la lettera b) del 3° comma dell’art. 9 secondo il quale “la legge regionale istitutiva dell’area naturale protetta definisce tra l’altro: b) … le misure di salvaguardia specifiche, eventualmente differenziate per zone, da applicarsi fino alla data di operatività della disciplina dell’area naturale protetta contenuta nel piano e nel regolamento di cui agli articoli 26 e 27“.
Nel considerare decadute le misure di salvaguardia della riserva naturale di Decima Malafede, di cui non è stato ancora approvato il Piano di Assetto, il Consiglio di Stato non si è peraltro posto il conseguente interrogativo su quali siano al momento le misure di tutela di quest’area naturale protetta.
Quand’anche non si volessero prendere per validi i suddetti richiami normativi, il Consiglio di Stato ha soprattutto ignorato che ai sensi del 5° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998 <<nelle more dell’approvazione dei piani delle aree naturali protette si applicano sia le misure di salvaguardia previste negli specifici provvedimenti istitutivi o legislativi generali, sia la normativa relativa alle classificazioni per zone delle aree ove prevista dai PTP o dal PTPR; in caso di contrasto prevale la più restrittiva>>.
Ne deriva che “misure di salvaguardia” sono anche le prescrizioni dettate dai Piani Territoriali Paesistici (PTP) e dal Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), il quale ultimo per il caso in questione destina l’area a “paesaggio agrario di rilevante valore” per il quale le Norme non consentono la realizzazione della struttura produttiva industriale della S.r.l. Ambiente.
Estratto della Tav. 29 Foglio 387 del PTPR
Legenda
Infatti la tabella B dell’art. 24 delle Norme del PTPR al punto 4.4.2. dispone che sono “non compatibili” le strutture produttive industriali di “nuova realizzazione”.
Nei confronti delle sentenze dei TAR e delle decisioni del Consiglio di Stato è ammesso il rimedio della revocazione che è disciplinata dall’art. 395 del Capo IV del Codice di Procedura Civile.
Con Nota VAS prot. n. 9 del 17 marzo 2014, indirizzata all’Assessore all’Ambiente della Regione Lazio ed al Commissario Straordinario ed al Direttore dell’Ente Roma Natura, il Dott. Arch. Rodolfo Bosi ha chiesto che venga attivato quanto prima il procedimento di revocazione delle due suddette sentenze del Consiglio di Stato, lamentando che potevano essere evitate se l’Ente Rom Natura avesse applicato correttamente le “misure di salvaguardia” richiamando anche e soprattutto il divieto imposto dal PTPR che sembra essere stato invece del tutto ignorato.