Corpi di bambini palestinesi uccisi nel bombardamento israeliano della Striscia di Gaza giacciono a terra presso l’ospedale Al-Aqsa a Deir Al-Balah, domenica 22 ottobre 2023. AP Photo/Hatem Moussa. Associated Press/LaPresse
Vicini al punto di non ritorno.
“La situazione nella Striscia di Gaza è una macchia crescente sulla nostra coscienza collettiva. Il tasso di morti e feriti tra i bambini è semplicemente sconcertante“, dice oggi Adele Khodr, direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa, aggiungendo che “ancora più spaventoso è il fatto che se non si allentano le tensioni e se non si autorizzano gli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua, forniture mediche e carburante, il numero di morti giornaliero continuerà a salire“.
“L’uccisione e la mutilazione di bambini, il rapimento di bambini, gli attacchi a ospedali e scuole e la negazione dell’accesso umanitario costituiscono gravi violazioni dei diritti dei bambini“, ha detto la Khodr.
“L’Unicef lancia un appello urgente a tutte le parti affinché accettino un cessate il fuoco, consentano l’accesso umanitario e rilascino tutti gli ostaggi.
Anche le guerre hanno delle regole. I civili devono essere protetti – soprattutto i bambini – e si deve fare tutto il possibile per risparmiarli in ogni circostanza“.
L’impennata di vittime riguarda anche la Cisgiordania
Anche in Cisgiordania – sottolinea l’agenzia Onu – si è registrata un’allarmante impennata di vittime, con quasi un centinaio di palestinesi che avrebbero perso la vita, tra cui 28 bambini, e almeno 160 bambini che avrebbero riportato ferite.
Anche prima dei tragici eventi del 7 ottobre 2023, i bambini della Cisgiordania erano già alle prese con i più alti livelli di violenza legati al conflitto degli ultimi vent’anni, con la perdita di 41 bambini palestinesi e di sei bambini israeliani fino a quest’anno.
Il carburante è di fondamentale importanza per il funzionamento di strutture essenziali come ospedali, impianti di desalinizzazione e stazioni di pompaggio dell’acqua.
Le unità di terapia intensiva neonatale ospitano oltre 100 neonati, alcuni dei quali sono in incubatrice e si affidano alla ventilazione meccanica, rendendo l’alimentazione elettrica ininterrotta una questione di vita o di morte.
Gaza è senz’acqua potabile
L’intera popolazione della Striscia di Gaza, che comprende quasi 2,3 milioni di persone, si trova ad affrontare una grave e pressante mancanza d’acqua, che comporta gravi conseguenze per i bambini, circa il 50% della popolazione.
La maggior parte dei sistemi idrici è stata gravemente colpita o resa non operativa a causa di una combinazione di fattori, tra cui la mancanza di carburante e i danni alle infrastrutture vitali di produzione, trattamento e distribuzione.
Oggi come oggi, la capacità di produzione idrica è pari ad appena il 5% della produzione giornaliera abituale.
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I gruppi di popolazione più vulnerabili ricorrono a fonti di acqua non potabile, tra cui l’acqua ad alta salinità e di qualità salmastra proveniente dai pozzi agricoli.
Ad aggravare il problema, i cinque impianti di trattamento delle acque reflue di Gaza hanno cessato le operazioni, principalmente a causa della mancanza di carburante, con conseguente scarico in mare di oltre 120.000 metri cubi di acque reflue.
Negli ultimi 18 giorni, nella Striscia di Gaza è stato registrato un bilancio devastante per i suoi bambini, con notizie di 2.360 morti e 5.364 feriti a causa degli attacchi incessanti, ovvero, secondo le notizie, più di 400 bambini uccisi o feriti ogni giorno.
Inoltre, più di 30 bambini israeliani hanno perso la vita e decine rimangono in ostaggio nella Striscia di Gaza.
Rischio diffusione malattie
L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che opera a Gaza, è l’unica Ong rimasta nella Striscia.
Le sue strutture ospitano centinaia di migliaia di persone, non c’è più carburante.
Ieri un terzo degli ospedali di Gaza non era più operativo.
“Non possiamo movimentare camion, auto e personale.
Non funzionano le macchine per la desalinizzazione, non funziona nulla“, dice alla Stampa Adnan Abu Hasna: “Si stanno diffondendo malattie dovute a carenza d’acqua e scarsa igiene.
Ci sono focolai di vaiolo, diarrea e dolori alla testa, febbre diffusa“.
Da giorni si parla di rischio colera (nel 2022 si è diffuso in Siria e Libano, non è uno scenario campato per aria).
Le agenzie umanitarie hanno ripetutamente avvertito della crisi sanitaria nella piccola enclave, il blocco israeliano ha tagliato elettricità, acqua pulita e carburante, facendo entrare solo pochi convogli Onu con cibo e medicine.
“Le scuole utilizzate come rifugi ospitano troppe persone, sono un terreno fertile per la diffusione delle malattie“, dice alla Reuters un medico locale.
L’ospedale privato indonesiano, il più grande nel nord di Gaza, ha fatto sapere di aver chiuso tutti i reparti tranne la terapia intensiva.
Il ministero della sanità guidato da Hamas afferma che dal 7 ottobre in poi sono rimasti uccisi nei raid israeliani quasi 5.800 palestinesi.
Oltre 1.400 persone sono state uccise negli attacchi contro Israele da parte di uomini armati di Hamas che hanno fatto irruzione nelle comunità vicino al confine, prendendo di mira i civili.
Circa 220 ostaggi rapiti da Hamas sono ancora detenuti a Gaza: quattro sono stati finora liberati.
(Articolo di And.Magg., pubblicato con questo titolo sul sito online “Today Mondo”)