David Maine/Maiduguri – United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA)
Enormi quantitativi d’acqua si sono riversati negli ultimi giorni sui Paesi dell’Europa centro orientale, con la tempesta Boris a portare devastazione dall’Austria alla Repubblica Ceca, ma le alluvioni non hanno risparmiato neanche l’Africa.
La crisi climatica in corso, legata all’uso di combustibili fossili come gas e petrolio, sta portando a un incremento – in termini di intensità e frequenza – degli eventi meteo estremi, che da ultimo hanno colpito gravemente l’Africa, dal nord-est della Nigeria agli Stati del Darfur centrale e occidentale in Sudan.
«La situazione qui è terribile.
Bambini e famiglie sono ancora intrappolati nelle loro case e si sta cercando di salvarli.
Metà della città è stata sommersa e le strade non sono percorribili», spiega Chachu Tadicha, vicedirettore di Save the Children in Nigeria, che si trova nelle aree colpite dalle inondazioni a Maiduguri.
Le forti piogge nello Stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, hanno provocato le inondazioni più gravi degli ultimi trent’anni, colpendo almeno 239 mila persone e lasciando centinaia di migliaia di bambine e bambini senza riparo, acqua pulita, cibo, assistenza sanitaria e istruzione, ed esponendoli a un rischio ancora più grande di contrarre malattie trasmesse dall’acqua o da vettori.
Le piogge hanno colpito anche gli Stati del Darfur centrale e occidentale del Sudan.
«I forti acquazzoni e le diffuse inondazioni in Sudan stanno aggravando le sofferenze delle famiglie e dei bambini, soprattutto di quelli sfollati in seguito a più di 16 mesi di combattimenti: la contaminazione dell’acqua e la decimazione delle strutture sanitarie stanno causando una grave epidemia di colera – aggiunge Bashir Kamal Eldin Hamid, direttore Salute e nutrizione di Save the Children – Cinque giorni fa, le acque impetuose hanno distrutto l’unico ponte che collegava gli Stati del Darfur centrale e occidentale, creando un restringimento sul lato occidentale del fiume, con l’impossibilità per gli aiuti umanitari di raggiungere gli oltre 880 mila sfollati interni che si rifugiano nel Darfur centrale.
A meno che non si trovi un nuovo percorso o non si riesca a trasportare gli aiuti umanitari per via aerea, siamo preoccupati per il fatto che i bambini rischiano di rimanere per giorni o addirittura settimane senza cibo e medicine, esponendoli a un rischio maggiore di malnutrizione e altre malattie».
Per questo Save the Children chiede alla comunità internazionale di stanziare i fondi e le risorse necessarie per ricostruire il ponte e ripristinare questo collegamento vitale tra i due Stati, in modo da garantire alle famiglie e ai bambini sfollati del Darfur centrale un accesso senza ostacoli a cibo, medicine e altri servizi umanitari.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 16 settembre 2024 sul sito online “greenreport.it”)