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Rodolfo Bosi
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Home Approfondimenti

Come e quanto i cambiamenti climatici influenzano il rischio di conflitti armati

14/06/2019
in Approfondimenti, Archivi, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali
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Secondo lo studio “Climate as a risk factor for armed conflict” appena pubblicato su Nature da un team internazionale di ricercatori guidato da Katharine Mach del Department of Earth system science della Stanford University, «l’intensificazione dei cambiamenti climatici aumenterà il rischio futuro di conflitti armati violenti all’interno dei Paesi».

Alla Stanford University spiegano che «sintetizzando le opinioni degli esperti, lo studio stima che nel corso dell’ultimo secolo il clima abbia influenzato tra il 3% e il 20% il rischio di conflitti armati e che l’influenza aumenterà notevolmente».

In uno scenario con 4 gradi Celsius di riscaldamento – più o meno lo scenario business as usual su quale siamo incamminati se ridurremo davvero e sostanziosamente le emissioni di gas serra – l’influenza del clima sui conflitti aumenterebbe più di 5 volte, facendo schizzare la probabilità di guerre al  26%.

Ma anche con uno scenario di più 2 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali – l’obiettivo dell’Accordo sul clima di Parigi – l’influenza del clima sui conflitti sarebbe più che raddoppiata, arrivando ad una probabilità del 13%.

La Mach, direttrice Stanford Environment Assessment Facility, sottolinea che «determinare il ruolo dei cambiamenti climatici e dei loro  impatti sulla sicurezza è importante non solo per capire i costi sociali delle nostre continue emissioni di calore, ma per dare priorità alle risposte, che potrebbero comprendere aiuti e cooperazione».

Le condizioni meteorologiche estreme provocate dai cambiamenti climatici e le conseguenti catastrofi possono danneggiare le economie, ridurre la produzione agricola e zootecnica e intensificare l’ineguaglianza tra i gruppi sociali. 

Questi fattori, se combinati con altri fattori di conflitto, possono far aumentare i rischi di violenza.

Un altro autore dello studio, Marhall Burke, anche lui della Stanford, aggiunge: «Sapere se i cambiamenti ambientali o climatici sono importanti per spiegare i conflitti ha implicazioni per quello che possiamo fare per ridurre la probabilità di futuri conflitti, nonché per come prendere decisioni consapevoli su quanto aggressivamente dovremmo mitigare i cambiamenti climatici futuri».

Non tutti i ricercatori sono d’accordo sul fatto che il clima abbia un ruolo nell’innescare guerre civili e altri conflitti armati. 

Per comprendere meglio l’impatto del clima, lo studio ha utilizzato anche interviste e dibattiti tra esperti di scienze politiche, scienze ambientali, economisti e di altri ambiti che in passato hanno raggiunto conclusioni diverse sull’influenza del clima sui conflitti.

Gli esperti, che hanno anche lavorato come coautori nello studio, concordano sul fatto che negli ultimi decenni il clima abbia avuto un impatto sui conflitti armati, ma dicono anche che altri fattori, come il basso sviluppo socioeconomico, la forza esercitata dai governi, le disuguaglianze sociali e la recente storia dei conflitti violenti abbiano hanno un impatto molto più pesante sui conflitti interni nei diversi Paesi.

Alla Stanford University fanno notare che «i ricercatori non comprendono appieno come il clima influenzi i conflitti e in quali condizioni. 

Le conseguenze dei futuri cambiamenti climatici saranno probabilmente diverse dalle distruzioni climatiche storiche perché le società saranno costrette a cimentarsi con condizioni senza precedenti che vanno al di là dell’esperienza conosciuta e su come potrebbero essere in grado di adattarsi».

James Fearon, del Department of Political Science della Stanford University, ricorda che «storicamente, i livelli dei conflitti armati nel tempo sono stati pesantemente influenzati dagli shock e dai cambiamenti nelle relazioni internazionali tra gli Stati e nei loro sistemi politici interni.

E’ molto probabile che in questo secolo i cambiamenti climatici senza precedenti abbiano un impatto significativo su entrambi, ma è estremamente difficile prevedere se i cambiamenti politici legati ai cambiamenti climatici avranno a loro volta grandi effetti sui conflitti armati. 

Quindi penso che dare un peso non banale ai significativi effetti climatici sui conflitti sia ragionevole».

Con questi presupposti,  ridurre il rischio di conflitti e prepararsi a un clima che cambia può essere un approccio vincente. 

Lo studio spiega che «le strategie di adattamento, come l’assicurazione si raccolti, lo stoccaggio post-raccolto, i training services e altre misure, possono aumentare la sicurezza alimentare e diversificare le opportunità economiche, riducendo così i potenziali collegamenti clima-conflitto.

Guardando a come i pericoli climatici possono esacerbare in futuro i conflitti violenti, il mantenimento della pace, la mediazione dei conflitti e le operazioni di aiuto postbelliche potrebbero inglobare il clima nelle loro strategie di riduzione del rischio».

Ma i ricercatori chiariscono che «è necessario aumentare la comprensione dell’efficacia di queste strategie e il potenziale degli effetti collaterali negativi. 

Ad esempio, i divieti di esportazione di prodotti alimentari dopo i fallimenti dei raccolti possono aumentare l’instabilità altrove».

La Mach conclude: «Capire i modi sfaccettati in cui il clima può interagire con i driver noti dei conflitti è davvero fondamentale per mettere gli investimenti nel posto giusto».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 13 giugno 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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