Lunedì prossimo, primo luglio, cinque navi da pesca salperanno dalle isole di Hokkaido e Ayukawa, nel Nord del Giappone, per riprendere dopo 33 anni di moratoria la caccia commerciale alle balene.
Sei mesi fa il Giappone aveva deciso di uscire, a partire dal 30 giugno, dall’International Whaling Commission di cui faceva parte proprio perché una richiesta di riaprire la caccia era stata respinta dalla commissione.
Una petizione firmata da ambientalisti e uomini di spettacolo è stata indirizzata ai leader politici riuniti a Osaka per il G20, ma con scarsi risultati: il premier giapponese Shinzo Abe è a favore della caccia alle balene e nessuno vuole procurargli seccature mentre si discute di affari ben più importanti.
L’uscita dall’IWC consente ora al Giappone di riprendere a sterminare cetacei anche nelle acque costiere, dove nuotano le balenottere acutorostrate, le balenottere boreali e le balenottere di Eden, tre specie che i giapponesi sostengono si siano ripopolate proprio grazie alla moratoria decisa nel 1986.
Si può dunque ricominciare a ucciderle, con lo scopo di rinvigorire l’economia delle piccole isole i cui pescatori da secoli hanno pescato balene senza riuscire a trovare equivalenti forme di sostentamento.
Nonostante gli impegni assunti nell’IWC, il Giappone aveva approfittato di un codicillo del trattato per continuare a cacciare balene “per scopi scientifici” e per condurre ricerche i cui risultati sono rimasti un mistero. Nell’isola di Ayukawa si attende con gioia la riapertura della caccia.
Lo tsunami del 2011 ha causato ingenti danni alle abitazioni e si spera che la carne di balena faccia arrivare molti turisti.
Si prevede l’apertura di alcuni ristoranti in settembre e si spera che l’economia locale si rimetta in moto.
Negli anni 60 in Giappone si consumavano 200.000 tonnellate di carne di balena l’anno, ora ridotte a 5.000.
Patrick Ramage, direttore del settore di conservazione marina all’International Fund for Animal Welfare, ha espresso al Guardian l’unico commento ottimista nella preoccupazione generale.
“Questa decisione – ha detto – sarà l’inizio della fine per la caccia alle balene giapponese.
Solo i più fanatici burocrati delle agenzie di pesca possono credere che sia possibile resuscitare la domanda dei consumatori e cominciare una nuova gloriosa era di cattura costiera per soddisfare la richiesta di carne di balena”.
Negli ultimi 33 anni anche i giapponesi hanno cambiato gusti e abitudini, e può darsi che si rendano finalmente conto anche loro che la carne di balena sa solo di pesce marcio.
(Articolo di Vittorio Sabadini, pubblicato con questo titolo il 28 giugno 2019 sul sito online del quotidiano “La Stampa”)