Il disegno di legge sull’autonomia differenziata presentato dal ministro leghista Calderoli ha ottenuto ieri il primo via libera dall’Aula del Senato, pur con forti proteste da parte dell’opposizione e – al di fuori di Palazzo Madama – della società civile.
Tra gli ambientalisti è in particolare il Wwf a sottolineare che il ddl «rappresenta per la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali ben più di una mina innescata», con l’auspicio di arrivare dunque a un profondo cambio di rotta nei successi passaggi parlamentari attesi alla Camera.
Dopo aver presentato osservazioni in ogni fase del percorso legislativo, il Wwf osserva come nell’iter sia «emerso chiaramente che non c’è copertura economica per garantire uguali Livelli essenziali di prestazione (Lep) in modo omogeneo in tutte le Regioni; inoltre, i Lep relativi alla tutela ambientale non sono stati ancora definiti (soprattutto per i temi della biodiversità e dei servizi ecosistemici), né sono definibili senza il necessario supporto tecnico e scientifico».
Proprio per questo il disegno di legge «al momento rischia di essere poco più che un manifesto politico», che desta comunque molte preoccupazioni sotto il profilo delle tutele ambientali.
Il ddl sull’autonomia differenziata va ben oltre quanto immaginato dall’articolo 116 della Costituzione che prevede i margini del regionalismo, spingendosi verso forme di «federalismo non dichiarato».
Ad esempio, il Wwf si chiede come possano essere trasferite alle Regioni speciali forme di autonomia sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, dopo che la riforma costituzionale del 2022 ha introdotto (all’art. 9) “la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità anche nell’interesse delle generazioni future” tra i principi fondamentali della Costituzione.
«La natura non riconosce il confine di amministrativo di una regione e quindi – argomentano dal Panda nazionale – dovrebbe essere tutelata in modo omogeneo e coerente su tutto il territorio nazionale.
Questo principio di evidente buon senso non trova riscontro sufficiente nel disegno di leggo che si limita a richiamare la vigenza delle direttive comunitarie e delle normative quadro, facendo finta di ignorare tutto il contenzioso comunitario e costituzionale aperto sull’ambiente di cui le Regioni sono purtroppo state protagoniste».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 24 gennaio 2024 sul sito online “greenreport.it”)