Alla COP28 Unfccc di Dubai è stata posta con forza la necessità di un impegno immediato e certo per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili.
Mai prima d’ora, così tante voci, provenienti da così tanti Paesi e settori hanno chiesto ai delegati della COP28 di cogliere l’attimo e impegnarsi a eliminare gradualmente petrolio, carbone e gas.
Ma mai prima d’ora formulazioni alternative sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili erano state messe così chiaramente nero su bianco su una bozza di testo.
Ma la COP28 si sta svolgendo in un una petro-monarchia che è in guerra/tregua nello Yemen – gli Emirati Arabi Uniti – e la COP29 si terrà in una petro-dittatura – l’Azerbaigian – che è in guerra/tregua nel Nagorno Karabakh con l’Armenia e questo assurdo controsenso sta rimettendo tutto in gioco, come dimostrano le pressioni dei Paaesi Opec appoggiati da Russia e Cina per rinviare a una data indefinita l’uscita dai combustibili fossili e per far passare tecnologie costose e sperimentali come la cattura e stoccaggio del carbonio con me la soluzione per continuare a estrarre e bruciare quel che per la scienza dovrebbe restare sotto terra.
L’Opec ha mandato ai suoi membri una lettera nella quale li invita a far fronte comune per difendere gas e petrolio e intervenendo alla COP28 a nome del segretario generale dell’Opec Haitham Al Ghais, il direttore della divisione di ricerca dell’Opec Ayed Al-Qahtani, ha detto che «tenere la COP28 qui sottolinea il ruolo degli Emirati Arabi Uniti come leader climatico e le sue capacità nel campo della fornitura di energia.
La natura intrecciata della riduzione delle emissioni e della sicurezza energetica è ora “giustamente” in prima linea nelle discussioni globali sui percorsi di transizione energetica.
Per questo: abbiamo bisogno di un approccio basato esclusivamente sulle energie.
Altrimenti, il mondo non potrà soddisfare la crescente domanda di energia, mantenere la sicurezza energetica e garantire un accesso universale all’energia a prezzi accessibili».
Il trucco dialettico per ritornare indietro dall’uscita dei combustibili fossili è stato riproposto da Al-Qahtani con una discreta faccia tosta: «L’accordo di Parigi si concentra anche sulla riduzione delle emissioni, piuttosto che sulla scelta di determinate fonti energetiche.
Abbiamo bisogno di un approccio che coinvolga tutti i popoli.
Le capacità, le circostanze nazionali e le priorità di sviluppo di tutti i Paesi devono essere prese in considerazione per garantire che nessuno venga lasciato indietro e abbiamo bisogno di un approccio che includa tutte le tecnologie».
Il rappresentante dell’Opec, inanellando una serie di bugie, falsificazioni della realtà e omissioni, ha cercato di spostare il discorso dalla drammatica situazione attuale alle miracolistiche soluzioni tecnologiche di un imprecisato futuro: «Il mondo ha bisogno di sviluppare e finanziare tutte le forme di tecnologie per contribuire a ridurre le emissioni soddisfacendo al tempo stesso la domanda.
L’innovazione tecnologica è un obiettivo chiave per l’Opec.
È per questo che i nostri Paesi membri stanno investendo molto in progetti sull’idrogeno, impianti CCUS, CCS e DAC, nell’economia circolare del carbonio e nelle energie rinnovabili.
Spero che abbia visitato il padiglione dell’Opec qui alla COP28 per vederlo in prima persona».
Siamo al ribaltamento della realtà, al clima e al mondo salvato dai petrolieri: «Anche l’industria petrolifera sta adottando un approccio proattivo qui alla COP28, con 50 compagnie petrolifere che rappresentano quasi la metà della produzione globale, tra cui molte dei Paesi membri dell’OPEC, impegnandosi a raggiungere emissioni di metano vicine allo zero e a porre fine al flaring di routine nelle loro operazioni entro il 2030 – ha detto un’imperturbabile Al-Qahtani – In definitiva, questo approccio “tutte le energie, tutte le persone e tutte le tecnologie” deve aderire ai principi di equità e di responsabilità comuni ma differenziate.
Ciò significa garantire: che il primo global stocktake ai sensi dell’Accordo di Parigi si concluda con risultati equi e inclusivi; che i Paesi sviluppati rispettino i loro impegni di finanziamento del clima attesi da tempo; che gli accordi di finanziamento per perdite e danni consentono finanziamenti adeguati e accessibili che non aumentano le passività».
Il rappresentante dell’Opec ha concluso: «Non esiste un’unica soluzione o percorso per realizzare un futuro energetico sostenibile.
Abbiamo bisogno di approcci sfumati e realistici per affrontare le emissioni; quelli che consentono anche la crescita economica, aiutano a sradicare la povertà energetica e allo stesso tempo aumentano la resilienza.
A questo proposito, auguro alla COP28 ogni successo affinché passi alla storia come una “COP di unità, azione e realizzazione”».
Sembra di sentir parlare Giorgia Meloni o qualche suo ministro, è invece il rappresentante di chi il petrolio e il gas ce lo vende e che – in barba al boicottaggi anti-russo e all’uscita dell’Italia dalla nuova Via della Seta – stringe alleanze con la Russia e Pechino per continuare a venderceli, mentre l’Italia ribadisce di voler diventare l’hub europeo di questa gigantesca operazione di greenwashing climatico e politico.
E mentre, fortunatamente, l’Europa denuncia la pericolosità climatica, sociale e geopolitica della strategia dell’Opec.
Contraddizioni che riassume bene Shady Khalil, responsabile delle campagne di Greenpeace Medio Oriente e Nord Africa (MENA), che ha detto: «Siamo profondamente indignati dall’appello disperato ed egoistico dell’OPEC ai suoi membri di respingere qualsiasi azione alla COP28 contro i combustibili fossili.
Questo tentativo deliberato da parte dell’industria del petrolio e del gas di ostacolare un’azione cruciale sul clima dimostra che stanno avvertendo il caldo, mentre i negoziati si muovono verso l’eliminazione graduale dei combustibili fossili.
Esortiamo fortemente i Paesi produttori di petrolio, inclusa l’Arabia Saudita, ad abbracciare l’obiettivo fissato dalla Presidenza della COP degli Emirati Arabi Uniti e dall’Internationa energy agency di ridurre i combustibili fossili in questo decennio per raggiungere 1,5°C, e a lavorare insieme per rendere questo vertice una pietra miliare storica.
Quando milioni di persone nella regione MENA si trovano ad affrontare gli impatti crescenti del disastro climatico, è imperativo che i paesi arabi alla COP28 diano priorità alla sicurezza e al benessere delle loro popolazioni rispetto agli interessi industriali a breve termine».
Il Commissario europeo per il clima Wopke Hoestra ha ribattuto indirettamente all’Opec intervenendo all’High-Level Ministerial Roundtable on pre-2030 Ambition: «Cerchiamo di essere chiari: non possiamo mantenere gli 1,5°C a portata di mano senza eliminare gradualmente i combustibili fossili nel modo più rapido, ampio e definitivo possibile.
Un primo passo importante è ovviamente l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili.
Sono infatti anacronistici e frenano la transizione energetica che stiamo cercando.
Ma prima di parlare dei sussidi ai combustibili fossili, facciamo un passo indietro e consideriamo il principio “chi inquina paga”, che è una parte importante della questione.
Esistono molti modi per applicare il principio “chi inquina paga”.
Si può farlo con le tasse, fissando un prezzo sul carbonio come abbiamo fatto nell’Unione europea».
E, a proposito di promesse e impegni non mantenuti, Hoestra ha fatto notare che «la realtà è anche che oggi meno di un quarto delle emissioni mondiali hanno un prezzo, e se hanno un prezzo, quel prezzo è spesso troppo basso.
Vorremmo che più paesi fissassero un prezzo sul carbonio e siamo pronti a sostenere i nostri partner in tal senso.
La buona notizia è che molti Paesi si stanno muovendo in questa direzione.
Invitiamo tutti i paesi ad aderire alla Call to Action per i mercati del carbonio allineati con Parigi».
Poi il commissario Ue è passato ad esaminare un tabù per i Paesi Opec e i loro alleati: i sussidi ai combustibili fossili e ha detto che «pongono una serie di rischi significativi: minano l’efficacia della tariffazione del carbonio; pesano pesantemente sulle finanze pubbliche.
E’ importante esserne consapevoli, perché in tutto il mondo le finanze pubbliche non sono nella fase in cui dovrebbero essere; limitano le possibilità di investimento in un’economia pulita; aumentano il rischio di “bloccare” gli investimenti ad alto contenuto di carbonio; e, come se non bastasse, infine, possono rendere le tecnologie per l’energia pulita e l’efficienza energetica semplicemente più costose.
Quindi, per dirla in modo un po’ più schietto, è tempo di porre fine all’anomalia dei finanziamenti ai combustibili fossili che ci stanno frenando».
Hoestra sembra aver abbandonato definitivamente le sue precedenti posizioni eco-scettiche e al summit di Dubai ha ricordato che «la crisi energetica derivante dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha provocato un aumento temporaneo dei sussidi ai combustibili fossili, il che era, si potrebbe sostenere, necessario per proteggere le famiglie e le imprese vulnerabili.
Si è trattato di un effetto temporaneo, come dovrebbe essere, e parallelamente la Commissione Ue sta incoraggiando tutti gli Stati membri dell’Ue a ridurre i sussidi ai combustibili fossili (l’Italia non sembra ascoltarla molto, anche con i regali alle compagnie petrolifere in finanziaria, ndr) e a fissare un calendario chiaro per la loro graduale eliminazione.
Nell’Ue, applichiamo rigorosamente anche il principio del non-danno significativo, per garantire di smettere di sovvenzionare i combustibili fossili dal nostro bilancio centrale».
Il commissario Ue ha concluso con gli ultimi approfondimenti tratti dalla relazione annuale sui sussidi energetici in tutti i settori e in tutti gli Stati membri dell’Ue.
«Il rapporto di quest’anno mostra un cambiamento positivo in atto in Europa: più energie rinnovabili e investimenti nell’efficienza energetica, sempre meno soldi per i combustibili fossili.
Questa è la linea su cui continueremo: reindirizzare le risorse dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica.
Dobbiamo voltare pagina sui combustibili fossili, al più presto, e offrire alle generazioni future un futuro di 1,5 gradi, ovunque.
Ringrazio i promotori ma anche i firmatari della dichiarazione per il loro sostegno e il loro appello all’azione per fermare i sussidi ai combustibili fossili.
Vorrei esprimere la speranza che molti altri si uniscano al loro coro».
Resta il mistero del perché, dopo Egitto ed Emirati Arabi Uniti i Paesi che si oppongono all’avventurismo climatico dell’Opec accettino che sia un altro Paese che vive esportando gas, petrolio e crisi climatica ad ospitare e condizionare la COP29.
(articolo pubblicato con questo titolo l’11 dicembre 2023 sul sito online “greenreport.it”)