Il Paris Agreement Implementation and Compliance committee (PAICC), istituito in base all’Accordo di Parigi e le cui procedure sono state definite alla COP Unfccc di Katowice, ha il compito di «facilitare l’attuazione e promuovere il rispetto delle disposizioni dell’accordo di Parigi» e ha emesso i suoi primi avvertimenti, rimproverando la Città del Vaticano per non aver presentato un piano climatico.
La co-presidente del PAICC, Christina Voigt ha affermato che «a due governi è stato detto che stavano violando aspetti giuridicamente vincolanti dell’Accordo» e ha chiesto loro di fornire spiegazioni.
La Voigt non ha voluto dire a Climate Home quali siano questi due governi, ma ha spiegato che «un governo non è riuscito a presentare un piano climatico e uno non è riuscito a dire alle Nazioni Unite quale livello di finanziamenti per il clima prevede di fornire».
Il nome di Città del Vaticano – il più piccolo Stato del mondo – è venuto fuori perché è l’unico Paese ad aver ratificato l’Accordo di Parigi (solo nel settembre 2022) ma a non aver presentato una nationally determined contribution (NDC).
La Voigt ha detto a Climate Home che il governo Vaticano ha detto al Comitato che il ritardo nella presentazione dell’NDC dipende proprio dalla recente adesione all’Accordo di Parigi.
L’altro rimprovero del PAICC riguarda la violazione dei requisiti di finanziamento climatico dell’Accordo di Parigi, ma qui trovare il Paese che ha subito il rimprovero è più complicato.
Ogni due anni o Paesi sviluppati devono comunicare all’Onu quanti soldi prevedono di dare ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli ad affrontare e ad adattarsi alla crisi climatica.
L’Accordo di Parigi non contiene un elenco di quali Paesi sono considerati sviluppati e la Voigt ha ammesso che si è trattata di una domanda difficile alla quale rispondere e sulla quale il Comitato ha dovuto discutere molto.
I governi che potrebbero essere considerati sviluppati ma che non hanno presentato l’article 9.5 communication, includono Turchia, Islanda, Russia, Ucraina e Bielorussia.
E, nei colloqui sul clima, la Turchia è stata quella che si è opposta con maggiore forza alla sua inclusione tra le nazioni ricche, una classificazione che comporta il fatto che i governi dovrebbero dare e non ricevere finanziamenti per il clima.
La Turchia si è rifiutata di ratificare l’Accordo di Parigi fino al 2021 per timore di venir considerata Paese sviluppato e poi l’ha firmato solo specificando che lo avrebbe attuato «come Paese in via di sviluppo».
Nell’UN climate rule-book redatto in occasione dei primi colloqui sul clima nel 1992, Russia, Ucraina e Bielorussia sono state classificate, insieme ad altri paesi dell’ex Unione Sovietica, come “economie in transizione”.
Ma in questa classifica del 1992 paesi ricchi come Corea del Sud, Qatar e Israele non sono elencati come sviluppati.
La maggior parte delle disposizioni dell’Accordo di Parigi sono volontarie.
Ma la Voigt ha sottolineato che «é importante che i pochi aspetti legalmente vincolanti siano rispettati poiché l’accordo è il consenso globale minimo su ciò che le parti dovrebbero fare.
La presentazione dei piani climatici degli NDC esercita la pressione tra pari per spingere l’ambizione dove è necessario per affrontare la crisi climatica.
I governi devono prevedere i loro finanziamenti per il clima, perché i piani di molti Paesi in via di sviluppo sono condizionati dal livello di finanziamenti climatici che riceveranno, quindi devono saperlo per adeguare il loro livello di ambizione».
Il PAICC ha scritto ai due governi e la Voigt ha detto di aspettarsi «un dialogo in cui i governi stabiliscano cosa faranno per conformarsi» ed è convinta che «la situazione possa essere facilmente risolta.
I nomi dei due governi potrebbero essere rivelati alla fine di settembre o all’inizio di ottobre, quando il Comitato pubblicherà un rapporto regolare».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 12 maggio 2023 sul sito online “greenreport.it”)