Le informazioni che arrivano clandestinamente dalle aree protette e dalle foreste del Nicaragua sono molto preoccupanti e quasi sempre negative.
“Rosalinda”, un’ambientalista che vive in un caserío urbano della capitale Managua denuncia in un’intervista clandestina all’agenzia IPS-Inter Press Service che «siamo rimasti senza occhi nella foresta e senza testimoni nelle comunità indigene».
“Rosalinda” faceva parte del Centro Humboldt, una ONG che protegge le foreste pluviali, Rosalinda ed è una delle ultime ambientaliste che vivono ancora in Nicaragua, anche se è praticamente entrata in clandestinità dopo aver perso il lavoro nel dicembre 2021 con la chiusura del Centro Humboldt, dove lavorava per più di 12 anni, dopo che il governo dell’ex guerrigliero sandinista Daniel Ortega ha dichiarato illegale l’ONG ed ha bloccato i suoi conti bancari.
Il Centro Humboldt era scomodo per il regime nicaraguense perché a partire dagli anni ’90 monitorava le concessioni minerarie nelle aree protette, la deforestazione illegale, le licenze di disboscamento e altri impatti sull’ambiente e dello sviluppo nei dipartimenti di Matagalpa e Jinotega, nel nord del Nicaragua.
Nell’intervista all’IPS, “Rosalinda” conferma che «con pochi fondi che abbiamo ottenuto dall’esterno, ci hanno cancellato gli stipendi e ci hanno consigliato di lasciare il Paese.
Del mio team, eravamo in 7, sono rimasta solo io.
Se ne sono già andati tutti.
Abbiamo cancellato il database dei contatti e delle fonti sui territori.
Abbiamo bruciato i file, distrutto dischi rigidi e memorie, criptato raccolte di rapporti, distrutto chip e persino telefoni per proteggere i nostri informatori nei territori.
Adesso non so più niente né di loro né dei progetti».
Da quando nel 2018 in Nicaragua è scoppiata la drammatica crisi sociale e politica che ha portato alla stretta repressiva della dittatura familistica di Ortega e di Rosario Murillo, sua moglie e vicepresidente del Paese, la gestione ambientale e la protezione delle risorse naturali hanno subito un notevole declino.
Ortega, ex comandante del Frente Sandinista de Liberación Nacional, ha governato il paese tra il 1980 e il 1985 ed è tornato al potere nel 2007, imprimendo al governo una svolta autoritaria che, nel nome dell’istituzione di una Repubblica socialista e cristiana, ha in realtà rotto con i suoi ex compagni rivoluzionari e la chiesa cattolica e trasformato il sandinismo in un regime oppressivo che conculca ogni tipo di opposizione e di protesta sociale, a partire da quelle ambientaliste.
Amaru Ramírez, direttore dell’associazione ambientalista Fundación del Río, dichiarata illegale da Ortega, è in esilio in Costa Rica ed è da lì che ha denunciato all’IPS che «negli ultimi sei anni il Nicaragua non solo ha perso più foreste, ma anche la capacità di controllo indipendente delle risorse naturali.
Questo deterioramento si è manifestato nella scomparsa forzata di più di 170 organizzazioni della società civile dedite alla difesa, promozione, cura, studio, protezione e controllo dell’ambiente.
In termini generali, si registra un impatto sulle comunità territoriali, sulle popolazioni indigene e sull’ambiente, di fronte alle concessioni concesse senza trasparenza dallo Stato nicaraguense a società private».
Ramírez, al quale nel 2023 il regime ha tolto la nazionalità nicaraguense accusandolo di “tradimento”, sottolinea che «il ruolo dell’accompagnamento, della valutazione, dei resoconti indipendenti, della promozione e della partecipazione ai processi di consultazione, della rendicontazione sulle concessioni, del controllo dei progetti e dello sviluppo di processi di indagine ambientale indipendenti sono andati perduti in Nicaragua».
Un altro ambientalista nicaraguense in esilio in Costa Rica che non ha voluto che fosse fatto il suo nome, ha detto all’IPS che «la repressione statale contro le organizzazioni ambientaliste è iniziata nel 2013, quando il governo ha concesso una licenza per 100 anni per il fallito progetto di costruzione del canale interoceanico a un uomo d’affari cinese.
Il tracciato toccava vasti territori indigeni, specchi d’acqua, foreste e aree di produzione agricola che motivarono migliaia di famiglie contadine a protestare contro l’ambizioso progetto infrastrutturale.
La comunità ambientalista ha messo in discussione l’impatto ambientale e ha effettuato studi e calcoli sull’impatto negativo dell’opera sull’ambiente, cosa che gli è valsa l’animosità del governo.
La crisi del 2018 non è iniziata con la rivendicazione per la Previdenza Sociale, ma con l’incendio nella riserva Indio Maíz che il governo ha voluto nascondere e manipolare.
E’ stata una questione ambientale ad accendere la miccia della crisi che stiamo vivendo oggi».
Dal 2020, il governo Ortega ha iniziato ad approvare leggi che tagliano i finanziamenti alle organizzazioni ambientaliste, che ha classificato come “agenti stranieri” e ha definito “fake news” tutte le notizie o dichiarazioni che contraddicevano le versioni ufficiali, poi ha infine iniziato ad annullare la personalità giuridica degli uffici delle organizzazioni ambientaliste, a perseguitarne i dirigenti, a confiscare i loro beni e a mettere a tacere la comunità scientifica.
Secondo Ramirez, «il risultato delle politiche statali ha provocato l’esilio degli specialisti e la cessazione dei fondi destinati alla protezione delle riserve, dei parchi naturali e delle zone di protezione.
In questo modo sono state annullate le politiche e i piani di tutela delle foreste, delle zone umide, di educazione ambientale, di formazione alla tutela delle fonti idriche, di gestione dei rifiuti solidi, di riciclaggio e di buone pratiche di produzione agricola.
C’erano uffici che si dedicavano alla realizzazione di studi indipendenti, analisi scientifiche, monitoraggio del clima, cura delle zone umide, protezione della riserva biologica Indio Maíz.
Da allora, le informazioni sulla questione sono rimaste esclusivamente nelle mani del governo e dei suoi rapporti ufficiali».
E la versione ufficiale del regime di Ortega è che grazie alle campagne di riforestazione e ripristino “Verde que te quiero verde”, «dopo il mandato presidenziale, i cambiamenti in Nicaragua sono stati sostanziali.
Ad esempio, dal 2007 al 2023 sono stati realizzati 19.700 vivai, con una produzione di 221 milioni di piante.
Inoltre, a livello nazionale, è stato realizzato il ripristino di 321mila ettari».
Ma le molteplici segnalazioni di violazioni dei diritti umani, la corruzione, la mancanza di trasparenza e le sanzioni contro istituzioni e funzionari pubblici, rendono poco credibili i dati ufficiali, tanto che il Green Climate Found (GCF) dell’Onu ha annullato un finanziamento da 64,1 milioni di dollari destinato al Nicaragua per il mancato rispetto delle politiche e delle procedure di tutela ambientale e sociale, per la preoccupante mancanza di un’adeguata consultazione delle comunità indigene e afrodiscendenti e per il non rispetto degli impegni internazionali in materia ambientale da parte del governo nicaraguense.
Il GCF finanziava un’iniziativa essenziale per la conservazione dell’ambiente ambientale nella Reserva de Biosfera Bosawás e nel Río San Juan, due regioni di grande importanza ecologica e l’8 marzo il governo del Nicaragua ha condannato con una nota ufficiale la decisione del GCF che, «attraverso processi e procedure non trasparenti, non etici, pratiche non etiche, ha cancellato il finanziamento del Progetto BIOCLIMA, concepito per contribuire alla protezione e alla difesa del Riserve della biosfera di Bosawas e Indio Maíz , riducendo la deforestazione, aumentando la riforestazione e rafforzando la resilienza di queste importanti riserve».
Negando l’evidenza il governo Ortega riv batte che «il popolo nicaraguense e le sue istituzioni sono stati esemplari nella missione di prendersi cura della Madre Terra.
Il Nicaragua è stato il primo paese a sottoscrivere la Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra e dell’Umanità, essendo coerente anche con il riconoscimento dei diritti di proprietà delle comunità native e afro-discendenti, ottenendo il riconoscimento internazionale per aver delimitato e istituito 25 Territorios de los Pueblos Originarios, con una superficie equivalente a 38.426 chilometri quadrati, che equivale al 31,6% del nostro Territorio Nazionale.
Abbiamo consegnato alle Comunidades Originarias, ai Pueblos Originarios, il 31,6% del nostro Territorio, 38.426 chilometri.
Quale ulteriore dimostrazione del rafforzamento dei diritti delle comunità e dei popoli indigeni del nostro Paese».
E mentre la gente protesta contro la crescente disuguaglianza e la corruzione del regime, il governo dice che «dalla Presidenza del nostro Comandante Daniel, è stato fatto il più grande investimento sociale e infrastrutturale in tutta la storia del nostro Nicaragua, per garantire il miglioramento della qualità della vita di tutte le famiglie nicaraguensi, in tutte le case, e fondamentalmente di coloro che erano storicamente esclusa.
Abbiamo sviluppato programmi per l’istruzione, la salute, l’edilizia abitativa, l’acqua e i servizi igienico-sanitari, la sicurezza dei cittadini, la promozione della piccola e media produzione, l’energia, le strade, tra gli altri; con uno sforzo costante per proteggere e difendere le risorse naturali, l’ambiente e la biodiversità».
E il regime di Managua, ribattezzatosi Gobierno de Reconciliación y Unidad Nacional, ribalta le accuse del Gcf e denuncia le «misure aggressive, coercitive e unilaterali di questa Istituzione, che hanno violato i Principi e gli Accordi firmati davanti alla Comunità Internazionale.
Accordi firmati per difendere la Natura, l’adattamento e la mitigazione di fronte ai cambiamenti climatici e per garantire la trasformazione della vita delle popolazioni indigene e afrodiscendenti, senza lasciare indietro nessuno.
Chiediamo, esigiamo, che il Green Climate Found garantisca la mobilitazione delle risorse impegnate dalla Comunità Internazionale e che sono state sottratte alle popolazioni indigene e afro-discendenti del nostro Nicaragua.
Mobilitare queste risorse per affrontare le sfide e le molteplici crisi affrontate dall’Umanità, come il cambiamento climatico causato dai Paesi più ricchi, che sono gli stessi che attaccano i nostri popoli indigeni , Miskitos, Mayagnas, Creoli, Garífonas, Ramas, Ulwas, Sumos e Mestizos.
Gli stessi Paesi ricchi sono quelli che stanno attaccando, quelli che hanno attaccato, quelli che hanno cercato di porre fine ai diritti di ciascuno di questi popoli e comunità indigene che fanno parte del Nicaragua.
Popoli e comunità indigene di cui siamo estremamente orgogliosi, perché sono noi stessi».
Ma secondo un rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCR), presentato a Ginevra nel settembre 2023, negli ultimi 20 anni il Nicaragua ha perso il 22% delle sue foreste primarie e, da quando le organizzazioni di difesa ambientale sono state costrette a smettere di svolgere il proprio lavoro nel Paese, ha il più alto tasso di deforestazione.
La Procuraduría General de la República del Nicaragua ha definito i rapporti Onu un’ingerenza negli affari interni del Nicaragua e quest’anno il governo Ortega ha approvato la Ley para la Certificación de Permisos y Autorizaciones Ambientales, che attribuisce proprio alla Procuraduría General de la República un ruolo centrale nell’emissione dei certificati ambientali, precedentemente gestita dal ministero dell’ambiente e delle risorse naturali.
Una ex rappresentante ambientalista che ha dovuto lasciare il Nicaragua Paese e attualmente lavora in un’agenzia di cooperazione europea che ha chiuso i suoi uffici a Managua nel 2022 e li ha trasferiti in un altro Paese, spiega all’IPS che «questo significa una centralizzazione delle decisioni ambientali verso gli interessi commerciali.
La riorganizzazione delle funzioni ambientali in Nicaragua mostra un’allarmante mancanza di indipendenza e trasparenza nella gestione ambientale del Paese.
La persecuzione, l’espulsione, la privazione della cittadinanza e l’incarcerazione di attivisti ambientali, leader contadini, rappresentanti indigeni e persino giornalisti ambientali costituiscono una deforestazione democratica senza precedenti nella lotta per la protezione dell’ambiente in Nicaragua».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 25 marzo 2024 sul sito online “greenreport.it”)