Che le acque cristalline della Grecia possano diventare il più ambizioso parco di estrazione del Mediterraneo è qualcosa di difficile da immaginare per chi le ha frequentate, ma non per le compagnie petrolifere.
Il lungo processo iniziato nel 2012 con il bando dal nome significativo Open door, si era tradotto nella ratifica di una prima tranche di concessioni per l’esplorazione e lo sfruttamento di idrocarburi con cui Repsol, Energean e ELPE acquisivano oltre 7500 km quadrati nella zona montuosa dell’Epiro, nel golfo di Patrasso e nell’area di Katakolon.
Dopo lo sblocco dei permessi approvato dall’allora governo di coalizione Pasok-Nea Dimokratia, e più tardi, nel 2018, appoggiato anche da Syriza, le concessioni sono continuate nel Peloponneso e nello Ionio e oggi trovano nuova spinta con la destra al governo.
Sono circa 17.000 i Kmq di terreno assegnati alle compagnie nell’Epiro e nel Peloponneso insieme a 60.000 kmq di aree marine, mentre altri 32.000 sono in procedura di gara.
«NEPPURE NEI NOSTRI PEGGIORI INCUBI avremmo mai immaginato piattaforme petrolifere e di gas a poche miglia dalle coste di Creta, Zante, Cefalonia e Corfù, accanto alle spiagge dove nidificano le tartarughe nella baia di Lagana e Kyparissia o nel paesaggio incontaminato dell’Epiro», affermò Dimitris Ibrahim, allora responsabile del settore marino del Wwf Grecia, nel 2019.
Quell’anno l’associazione aveva pubblicato il report sullo studio condotto da Eftec dal titolo Impatto economico dello sfruttamento degli idrocarburi in Grecia, che dimostrava come l’industria petrolifera devasterebbe i settori del turismo e della pesca, con una perdita economica media di 7,5 miliardi di euro.
LO STUDIO PRECISAVA CHE A CAUSA della mancanza di dati disponibili l’impatto di una eventuale fuoriuscita di petrolio non era stato incluso nel rapporto, ma che in base alle esperienze passate avrebbe verosimilmente aumentato il costo dei danni inflitti del 20% – 100%.
Già da tempo numerosi comitati si sono attivati in tutto il territorio cercando di portare informazione alle popolazioni su uno scenario inedito per il Paese.
«Il programma di sfruttamento di petrolio e gas sta arrivando a un ulteriore passaggio legale, che lo rende quasi pronto a partire nell’Epiro con la prima perforazione-test, mentre le aree marine, come Lefkada e il mar Ionio, sono entrate nella fase delle attività di ricerca.
Gli accordi economici sono stati stipulati e sono terminate le valutazioni ambientali, attraverso le quali le amministrazioni affermano che le estrazioni sono sicure, ma noi crediamo che la Grecia non disponga di leggi adeguate per poter proteggere i territori», fa notare Aristides Papadakis, presidente di Intervento ecologico di Heraklion, membro di Creta contro l’estrazione di idrocarburi e dei Verdi.
QUESTA ESTATE CIRCA 1500 PERSONE si sono riunite per manifestare a Ioannina, nell’Epiro, ma la loro voce è stata scarsamente ascoltata.
«A livello nazionale, a parte la corruzione politica, che è molto comune nei Paesi liberisti, ci preoccupa la mancanza di pluralismo e il controllo dei media, che spesso non fanno che reiterare la propaganda a favore degli idrocarburi e di come ci salveranno dai problemi economici, senza accennare a quelli che creeranno» afferma Pela Kalogirou, della rete informativa dei cittadini di Preveza contro le trivellazioni di petrolio e gas.
«SI TRATTA DI UNA QUESTIONE meramente politica e da qui deriva il nostro impegno a livello locale e nazionale».
Nonostante il conferimento di nuove concessioni petrolifere non sia affatto in linea con la riduzione di emissioni necessaria per raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi sul clima, in seguito alla crisi economica la Grecia, a corto di liquidità, ha promosso il petrolio e il gas come punta di diamante della sua strategia di ripresa economica, che ha convinto anche le amministrazioni locali.
«L’IDEA DELLO SFRUTTAMENTO C’ERA anche prima della crisi, ma solo in forma astratta, e questo forse ha portato le persone a non prendere la cosa troppo sul serio.
Le notizie non vengono mai veicolate in modo chiaro sulle prime pagine, ma sempre in secondo piano e con un linguaggio tecnicistico che chiama le aree in concessione Blocchi, confondendo l’idea concreta che si tratta di mare e terra.
Così hanno firmato i contratti, finché ci siamo resi conto che è reale, sta succedendo e che possono arrivare in qualsiasi momento e fare qualsiasi cosa», racconta Katerina Kalligiannaki, del network che riunisce i comitati della Grecia Save Greek Seas e originaria di Creta.
È PROPRIO INTORNO ALL’ISOLA che la mitologia indica come luogo di nascita di Zeus e della democrazia che i Blocchi appaltati sono più ingenti.
Un’area marina che il Wwf ha quantificato corrispondere al 30% della terraferma greca, che comprende la zona della Fossa Ellenica, una delle aree marine più importanti d’Europa, in cui nidificano capodogli, balene, delfini, tartarughe caretta e foca monaca è stata consegnata alle multinazionali del petrolio.
TRA QUESTE EXXON MOBIL, TOTAL, che non hanno bisogno di presentazioni, Elpe, società privata con una piccola partecipazione dello Stato greco e Energean, quotata nella borsa di Londra e Tel Aviv e che, secondo le ricerche di Corporate Watch, è cresciuta rapidamente grazie alle iniezioni di liquidità da parte di potenti investitori come Third Point, un «fondo avvoltoio» statunitense che ha tratto enormi profitti dal gioco d’azzardo sulle obbligazioni greche durante la crisi del debito del Paese e diverse banche israeliane che finanziano gli insediamenti illegali nei territori palestinesi.
Un curriculum non male per essere tra le compagnie investite dal Governo greco del ruolo di controllare da sole il proprio operato in ambito ambientale, come hanno svelato gli attivisti greci e il giornalista Marios Dionellis nell’articolo dal titolo Hanno messo il lupo a guardare le pecore nelle offshore di Creta!, uscito pochi mesi fa sulla stampa locale.
Le perforazioni previste nella parte orientale di Creta, molto costose e profonde fino a 4 km, non sono però ancora del tutto confermate.
È PER QUESTO CHE GLI ATTIVISTI riuniti nell’Assemblea panellenica per la protezione della Fossa Ellenica hanno organizzato una raccolta firme affinché la zona venga definita Area Marina Protetta, che presto sarà consegnata sia a rappresentanti del Parlamento greco che alla Commissione Europea.
«Da migliaia di anni, le acque dell’Epiro, del mar Ionio e di Creta sono d’importanza vitale per gli abitanti della regione e costituiscono una parte fondamentale del nostro patrimonio naturale e culturale», scrivono sul loro comunicato.
«SI TRATTA DI LUOGHI CONOSCIUTI in tutto il mondo per la loro bellezza naturale e noi dobbiamo preservarli per le generazioni future.
Consapevoli del fatto che le conseguenze delle perforazioni e dell’estrazione di idrocarburi sono catastrofiche e probabilmente irreversibili per l’ambiente e le società locali, come cittadini della Grecia e del mondo, noi dichiariamo che non vogliamo correre questo rischio».
PER FIRMARE LA PETIZIONE: www.change.org/p/dichiariamo-la-trincea-ellenica-zona-marina-protetta.
(Articolo di Giuditta Pellegrini, pubblicato con questo titolo l’11 gennaio 2024 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)
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