Dopo la conclusione della COP28 Unfccc di Dubai con risultati contrastanti, controversi e non certo all’altezza dei rischi climatici ed economici globali, la direttrice di Climate Action Network Europe, Chiara Martinelli, ha dichiarato: «Mentre il testo della COP28 di questa mattina segnala il sostegno alla scienza chiara secondo cui non c’è spazio per i combustibili fossili in futuro, non riesce a fornire il giusto livello, con la chiarezza e velocità di cui abbiamo veramente bisogno».
Manuel Pulgar-Vidal, responsabile globale del clima e dell’energia del Wwf International e già presidente della COP20 Unfccc, ha dichiarato: «La terra come la conosciamo è in ginocchio ma non è spacciata, dato che i Paesi alla COP28 hanno concordato di transitare fuori dai combustibili fossili, ma non si chiede ancora la completa eliminazione del carbone, del petrolio e del gas.
Tuttavia, la decisione di abbandonare i combustibili fossili rappresenta un momento significativo.
Dopo tre decenni di negoziati sul clima delle Nazioni Unite, i Paesi hanno finalmente spostato l’attenzione sui combustibili fossili inquinanti, che causano la crisi climatica.
Questo risultato deve segnare l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili».
Teresa Anderson, responsabile globale di ActionAid per la giustizia climatica commenta: «Mentre il testo manda un segnale che l’industria fossile ha i giorni contati, i Paesi più ricchi hanno chiaramente rifiutato di offrire nuovi finanziamenti per aiutare i Paesi in via di sviluppo a rendere questi obiettivi una realtà raggiungibile.
I Paesi ricchi vogliono avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Ma dovrebbero ricordare che non esistono obiettivi climatici gratuiti.
Questo testo significa che i Paesi a basso reddito, già indebitati a causa dei costi dei disastri climatici, potrebbero essere costretti a fare scelte impossibili tra sicurezza economica e azione per il clima.
Il testo presenta molte scappatoie e offre diversi regali ai cosiddetti “greenwashers”, che mistificano la reale uscita dai fossili con tecnologie “verdi”, inserendo la cattura e lo stoccaggio del carbonio, i cosiddetti combustibili di transizione, l’energia nucleare e i mercati del carbonio. Complessivamente, traccia una strada accidentata verso un futuro senza fossili».
Per Greenpeace International «questa non è ancora la decisione di cui il mondo ha bisogno o merita, ma ci sono alcuni miglioramenti nell’appello alla transizione dall’energia dei combustibili fossili.
Il segnale di cui l’industria fossile ha avuto paura è qui: porre fine all’era dei combustibili fossili, insieme a un appello per aumentare massicciamente le energie rinnovabili e l’efficienza in questo decennio, ma è sepolto sotto molte distrazioni pericolose e senza mezzi sufficienti per raggiungerlo in modo equo e in modo veloce.
Si chiede una transizione equa per abbandonare i combustibili fossili e raggiungere il net zero entro il 2050, e sappiamo che questo, unito alla sostenibilità e realizzato in linea con gli 1.5° C, richiederà l’eliminazione graduale dei combustibili fossili entro la metà del secolo.
Quel di cui abbiamo bisogno ora è un risultato finale sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili senza tutte queste pericolose distrazioni e scappatoie.
E avremo bisogno di un impegno più forte sul sostegno finanziario per quei Paesi in via di sviluppo che ne hanno bisogno per la transizione dei loro sistemi energetici, insieme al riconoscimento che i paesi sviluppati devono muoversi più velocemente.
Quindi i paesi hanno ancora molto da fare».
Per 350.0rg, «alla COP28, il quinto e ultimo testo del Global Stocktake ha fatto una concessione attesa da tempo, includendo finalmente un linguaggio che riconosce la necessità di abbandonare i combustibili fossili.
Anche se questo segna una vittoria collettiva per e da parte delle nazioni vulnerabili al clima e del movimento per il clima, non arriva nemmeno lontanamente vicino quanto sarebbe necessario.
Senza ancora menzionare come la transizione sarà finanziata equamente, ancora una volta, il movimento per il clima lascia alla COP solo piccoli barlumi di speranza, invece del faro illuminante atteso da tempo».
May Boeve, direttrice esecutiva di 350.org, sottolinea che «il potere popolare ci ha spinto sulla soglia della storia, ma i leader si sono fermati prima di entrare nel futuro di cui abbiamo bisogno.
E’ frustrante che trent’anni di campagne siano riusciti a ottenere la “transizione dai combustibili fossili” nel testo della COP, ma è circondato da così tante lacune che è stato reso debole e debole, inefficace.
Il premio– l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e un mondo alimentato da energie rinnovabili – è finalmente sul tavolo ma invece di aprire la strada a questo, ci sono state presentate ancora un’altra serie di porte distraenti che potrebbero ancora contenere l’espansione del petrolio e del gas e non sappiamo da dove arriveranno i finanziamenti.
l cambiamento che abbiamo visto nella posizione dei negoziatori è un debole ma gradito cenno alle comunità che hanno parlato forte e chiaro nelle ultime settimane: da Giakarta a New Orleans, da Rio de Janeiro a Lamu, le campagne organizzate dalle comunità di 350.org hanno dimostrato che siamo pronti a potenziare il nostro futuro.
La rivoluzione energetica è già in corso, mentre siamo pronti a costruire il nostro potere.
Speravamo che questa COP portasse i governi sullo stesso cantiere internazionale e che le nazioni ricche come Australia, Canada, Ue, Regno Unito e Stati Uniti pagassero la loro giusta quota e sostenessero i Paesi più vulnerabili nella transizione verso un futuro al 100% ad energia rinnovabile.
Sarebbe una leadership all’altezza di ciò a cui abbiamo assistito dai piccoli Stati insulari, dai nostri Pacific Climate Warriors e dal movimento giovanile.
Questo è il momento in cui possiamo definirla una vittoria».
Joseph Sikulu, direttore di 350.org Pacific, conclude: «Sebbene i risultati parlino di una transizione dai combustibili fossili all’energia rinnovabile, il cambiamento continua ad essere incrementale, non trasformativo.
La COP28 ci aveva promesso un risultato storico e quello che abbiamo ottenuto è un risultato debole, con il superamento di molte delle nostre linee rosse per la sopravvivenza.
Le nostre isole meritano qualcosa di più della debolezza, meritiamo azioni concrete per rimanere al di sotto di 1,5 gradi e le risorse per adattare e far transitare le nostre economie in via di sviluppo».
Anche per Sara Shaw di Friends of the Earth International (FoEI) «l’accordo COP28 non è riuscito a mantenere gli impegni significativi sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili e i finanziamenti per il clima urgentemente necessari.
L’accordo apre la porta a pericolose distrazioni che impediranno una transizione energetica giusta ed equa: utilizzo e stoccaggio del carbonio, idrogeno, nucleare, tecnologie di rimozione del carbonio come la geoingegneria e schemi di mercificazione della natura.
E non c’è nulla che impedisca di considerare come “riduzione” centinaia di milioni di tonnellate di compensazioni.
Il risultato è debole in termini di equità in quanto non distingue adeguatamente tra il ruolo dei paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo nella transizione dai combustibili fossili, nonostante la loro diversa responsabilità storica per le emissioni.
Ha un obiettivo globale di energia rinnovabile, ma non ha soldi per realizzarlo.
I Paesi sviluppati possono incolpare i Paesi in via di sviluppo più grandi (come India, Cina e l’ospite della COP28) per l’indebolimento del testo sui combustibili fossili, ma i Paesi ricchi come Stati Uniti, Regno Unito e Ue sono i maggiori inquinatori storici, tutti con piani per un’enorme espansione dei combustibili fossili.
Non sono riusciti a fornire adeguati finanziamenti climatici necessari per la riduzione delle emissioni, l’adattamento e le perdite e i danni nei Paesi in via di sviluppo, in questo vertice e per decenni prima.
Non devono atteggiarsi a paladini del clima».
FoEI fa notare che «il fondo per le perdite e i danni è stato reso operativo all’inizio della COP28, ma permangono enormi dubbi sulla sua accessibilità, dato che sarà ospitato dalla Banca Mondiale.
Gli impegni presi a Dubai sono ben al di sotto di quanto necessario: solo 700 milioni di dollari quando, ad esempio, si stima che le devastanti inondazioni del Pakistan del 2022 abbiano causato danni di 30-40 miliardi di dollari».
Bareesh Chowdhury, della Bangladesh Environmental Lawyers’ Association (FoE Bangladesh) commenta: «Come previsto, abbiamo visto i paesi più ricchi sottrarsi ai propri debiti in occasione di questa COP.
Senza soldi e mezzi di attuazione, i luoghi più colpiti dal cambiamento climatico rimangono solo con tasche vuote e promesse vuote.
Abbiamo bisogno di trilioni di dollari, ci sono state date noccioline e ancora più debito per giunta»
Al vertice di Dubai erano presenti oltre 2.400 lobbisti dei combustibili fossili e Lise Masson del FoEI International conclude: «Mentre la COP28 stendeva il tappeto rosso per chi inquinava, gli attivisti si sono confrontati con la censura delle nostre richieste di risultati giusti per le persone.
La giustizia climatica è impossibile senza il rispetto dei diritti umani, e non saremo messi a tacere, finché pioveranno bombe su Gaza e la Palestina resterà occupata, finché le multinazionali raderanno al suolo le terre indigene e coloro che detengono il potere considereranno le persone in prima linea nella lotta alla crisi climatica come usa e getta».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 13 dicembre 2023 sul sito online “greenreport.it”)