Un piano di zona in costruzione (archivio)
A Roma esistono oltre 100 piani di zona.
Quartieri realizzati in base a due piani di edilizia economica popolare (PEEP), dove sono andate a vivere famiglie che altrimenti si sarebbero trovare in difficoltà a reperire immobili sul mercato libero. In alcuni casi le opere urbanistiche sono state completate, in molti altri no.
E i costruttori, nonostante i contributi pubblici, in più di un’occasione hanno lasciato i lavori a metà, a volte sono falliti, in altri hanno ceduto la proprietà degli immobili a chi poi ha deciso – non potendolo fare – di vendere e affittare oltre i vincoli imposti dalle convenzioni urbanistiche.
In una recente audizione in commissione regionale, l’assessore capitolino Maurizio Veloccia ha fatto il punto della situazione: “Si sta evolvendo positivamente, ma ci sono criticità patologiche che hanno creato tantissimi disagi“.
Lo stato dell’arte dei piani di zona a Roma
“Ho spiegato in commissione – le parole di Veloccia – che nel secondo Peep ci sono due ordini di problemi.
Il primo è oggettivo, dato dagli squilibri nei quadri tecnico-economici, a causa di densità edilizie molto basse e dall’aumento dei costi di costruzione.
Il secondo è patologico: l’amministrazione comunale non è riuscita a gestire le criticità, ci sono stati operatori disonesti che hanno bloccato il lavoro anche degli onesti.
Questi due fattori hanno creato disagi, con case che non hanno ancora le opere di urbanizzazione primaria“.
Le cause dei blocchi
Ma cosa si intende per densità edilizie basse e quali conseguenze si sono avute?
Per capirlo si possono fare due esempi opposti tra loro: Torresina e Serpentara.
Nel primo caso abbiamo un piano di zona poco costruito, che ha generato pochi oneri e quindi meno opere urbanistiche.
Nel secondo la densità è stata molto maggiore e infatti siamo di fronte ad un piano di zona ultimato da decenni, con strade, piazze, servizi, scuole di cui la popolazione residente fruisce sin dai primi anni ’90.
In alcuni progetti, poi, opere fondamentali come le vasche di laminazione per arginare i rischi idrogeologici non erano inserite.
Si pensi a Monte Stallonara.
Durante l’amministrazione Zingaretti, la giunta ha stretto un accordo con Astral – la società partecipata che si occupa di infrastrutture stradali -, supportato da un finanziamento di 50 milioni di euro, tramite il quale sono partiti 16 interventi di completamento dei piani di zona.
A tutto ciò si aggiungano procedimento giudiziari, fallimenti, cooperative strozzate dai debiti, mutui non onorati. Costruttori senza scrupoli.
I progetti ripresi: i quartieri “fortunati”
Tra i piani di zona “fortunati”, quartieri sui quali si sono aggiunti anche 10 milioni di euro arrivati dal Pnrr, oltre a Monte Stallonara ci sono: La Storta (realizzazione di un parco giochi e opere stradali, stanno progettando le rotatorie e sono in fase di consegna al XIV municipio), Castelverde (completamento delle strade e progettazione di via Liberti), Torresina 2 (rete idrica da completare, vasca di laminazione: inizio metà marzo 2024), Tor Vergata 2 (fogne, strade, fosso Vermicino, vasche di raccolta acqua piovane, servizi pubblici), Piansaccoccia (completamento strada depuratore e vasche di raccolta acque piovane), Massimina (aperta la conferenza dei servizi per via Tomassino D’Amico), Colle Fiorito (Astral sta per consegnare il cantiere per la vasca di laminazione Est e la nuova rotatoria).
In fase di progettazione, invece, le opere a Casal Brunori per un centro civico e una strada di collegamento tra via Brasini e via di Mezzocammino, Trigoria Trandafilo per le urbanizzazioni primarie, Romanina per impianto sportivo, centro civico e parco, Colle Fiorito per quanto riguarda caditoie e strade, Monte Stallonara per le urbanizzazioni da completare.
A La Storta Stazione, Monte Stallonara, Lunghezza e Lunghezzina i fondi Pnrr hanno permesso di pianificare la costruzione di quattro nuovi plessi scolastici.
A caccia di risorse per completare le opere
Ma lo stesso Veloccia sa bene che ancora c’è parecchio da fare.
E non è scritto nella pietra che si riesca a farlo.
Ci sono quartieri rimasti cantieri, privi di servizi, scollegati dagli insediamenti limitrofi e soprattutto dal resto della città.
Urbanizzazioni primarie e secondarie quasi tutte rimaste sulla carta.
Si pensi a Trigoria Tradafilo, Torresina 2, Piansaccoccia, Colle Fiorito, La Storta Stazione.
Ed è per questo che chi ci vive ad oggi vive un grave disagio abitativo: “Ma vogliamo riportare condizioni di normalità in questi ambiti.
Per farlo, però, bisogna quantificare l’impegno finanziario necessario“.
Come fare?
Attingendo dalle risorse che verrebbero dall’assegnazione delle volumetrie previste e non ancora attuate “con l’obiettivo di svincolare le conseguenti risorse dovute per le opere di urbanizzazione“.
Ma anche tramite gli introiti derivanti dalle affrancazioni del prezzo massimo di cessione e del diritto di superficie “sulla base del principio che le risorse provenienti dai piani di zona devono rimanere nei piani di zona“.
Il I PEEP risale agli anni ’70. Sono stati realizzati 64 piani di zona con dimensioni territoriali e densità edilizie elevate.
Il II PEEP approvato a fine anni ’80 si compone sulla carta di 89 piani di zona, ma solo 54 sono stati attuati. In questo caso sono state realizzate 300mila stanze, di cui 156mila risalenti al residuo del primo Piano. Non è ancora concluso.
Nuovi piani di zona sì o no?
Infine, cosa fare con gli oltre 700mila metri cubi di ulteriori edificazioni previste dalla manovra di completamento del secondo PEEP?
Veloccia già con una delibera di giunta del 2022 aveva fatto capire che andava portata avanti un’analisi più ragionata sull’attuazione. I temi ambientali diventano sempre più centrali, la volontà ribadita dall’assessore più volte è quella di non consumare più suolo, quindi non intaccare ulteriormente pezzi di Agro romano interessati dal completamento.
“Ma sarà giusto e opportuno realizzare piani così come pensati vent’anni fa, in piena campagna, accanto a zone sorte abusivamente, prive di collegamenti stradali e di trasporto pubblico?“. Domanda vagamente retorica: no.
Non lo è.
Per questo l’assessore in commissione lo ha detto: “Per il futuro è necessario rivedere le cubature residue del secondo Piano di edilizia economica (risalente agli anni ’80, ndr) e della manovra di completamento (in tutto più di 700mila metri cubi).
Dobbiamo puntare sulla trasformazione e la densificazione dell’esistente, non su nuove edificazioni“.
Dare quindi maggiore senso a quartieri oggi poco edificati, ma di conseguenza anche non completati per carenza di risorse economiche.
(Articolo di Valerio Valeri, pubblicato con questo titolo il 29 febbraio 2024 sul sito online “Roma Today”)