Con 12 voti favorevoli, nessuno contrario e tre astenuti (Russia, Regno Unito, Stati Uniti) Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che chiede il rilascio immediato di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e la realizzazione urgente ed estesa di corridoi umanitari in tutta l’enclave per salvare e proteggere le vite civili.
Il Consiglio di sicurezza è così riuscito a ritrovare l’unità, adottando la risoluzione 2712 sulla crisi israelo-palestinese iniziata il 7 ottobre che chiede «urgenti misure e pause e corridoi umanitari estesi» a Gaza per «un numero sufficiente di giorni» per consentire un accesso completo, rapido, sicuro e senza ostacoli alle agenzie e ai partner delle Nazioni Unite.
Il Consiglio «chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e altri gruppi, soprattutto bambini, nonché la garanzia di un accesso umanitario immediato».
Attraverso disposizioni aggiuntive nel testo, il Consiglio «invita tutte le parti ad astenersi dal privare la popolazione civile di Gaza dei servizi di base e degli aiuti indispensabili alla sua sopravvivenza, in linea con il diritto umanitario internazionale».
La risoluzione non condanna apertamente gli attacchi di Hamas del 7 ottobre che hanno dato inizio all’attuale ondata di violenza e battaglia per il controllo di Gaza.
Gli ambasciatori del Regno Unito e degli Usa, si sono rammaricati per questa mancata condanna di Hamas ma hanno espresso sostegno alla protezione dei civili e alle misure di consegna rapida degli aiuti.
Quindi si sono astenuti, dando di fatto il via libera alla risoluzione.
Con 5 voti favorevoli, 1 contrario e 9 astensioni, il Consiglio ha respinto un emendamento proposto dalla Russia.
Secondo l’ambasciatore russo, «é necessario un vero cessate il fuoco» e «il Consiglio dovrà prendere una decisione su ulteriori passi, compreso quali osservatori inviare nell’area del conflitto e quale contingente delle Nazioni Unite sarà coinvolto».
L’ambasciatore all’Onu di Malta, che ha scritto la risoluzione approvata, ha detto che «il nostro voto di oggi si traduce in vite umane reali».
Il vice rappresentante permanente di Israele, Brett Jonathan Miller, non ha gradito il crescente isolamento del suo Paese evidenziato dall’esito del voto e ha detto che «la risoluzione è distaccata dalla realtà sul terreno e cade nel vuoto quando si tratta di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche.
Il Consiglio si è riunito quasi 10 volte nelle sei settimane successive alla “barbara invasione” di Israele da parte di Hamas, e non l’ha ancora condannata, in quanto principale organismo mondiale per la pace e la sicurezza.
La risoluzione si concentra esclusivamente sulla situazione umanitaria a Gaza.
Non fa menzione di ciò che ha portato a questo momento.
La risoluzione fa sembrare che ciò a cui stiamo assistendo a Gaza sia avvenuto da solo.
La massima priorità di Israele è riportare a casa gli ostaggi, e visto che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza non hanno alcuna influenza sui terroristi, Israele continuerà a fare tutto il necessario per raggiungere questo obiettivo.
La guerra finirebbe immediatamente se Hamas scegliesse di deporre le armi, costituirsi e consegnare gli ostaggi incolumi».
Va detto che, in quanto a risoluzioni Onu ignorate, Israele è in assoluto il campione mondiale.
Riyad Mansour, osservatore permanente dello Stato di Palestina aveva fatto notare che «il Consiglio di sicurezza avrebbe dovuto già proclamare un cessate il fuoco ed essere convinto che non esiste una soluzione militare.
Il Consiglio avrebbe dovuto dare ascolto all’appello delle Nazioni Unite e di tutte le organizzazioni umanitarie sulla Terra che chiedono un cessate il fuoco umanitario, una tregua che porti alla cessazione delle ostilità.
Quel che sta accadendo avrà effetti a lungo termine che nessuno dovrebbe sottovalutare.
E’ un fallimento dell’umanità di portata terrificante.
Ma per ora l’urgenza è salvare vite umane.
Fermare le uccisioni, fermare gli sfollamenti forzati, consentire l’arrivo degli aiuti umanitari e garantire l’accesso umanitario, proteggere i civili e le infrastrutture civili.
Il piano di Israele è stato rivelato in dichiarazioni, promemoria trapelati ed editoriali.
Smettiamola di far finta di non sentire quello che dice quel governo.
Il suo piano è il continuo esproprio, spostamento e negazione dei diritti del popolo palestinese.
Per completare la Nakba.
Bisogna riconoscere che questo è il primo passo per sconfiggere tali piani.
Bisogna porre fine a questa follia.
E’ tempo di pace».
Intanto, mentre i soldati israeliani non trovano negli ospedali i miliziani di Hamas che erano sicurissimi che si fossero nascosti nei tunnel sotterranei di strutture sanitarie che hanno bombardato e invaso, Martin Griffiths, sottosegretario generale Onu per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, ha lanciato un nuovo accorato appello: «Mentre la carneficina a Gaza raggiunge ogni giorno nuovi livelli di orrore, il mondo continua a guardare scioccato mentre gli ospedali vengono presi di mira, i bambini prematuri muoiono e un’intera popolazione viene privata dei mezzi fondamentali di sopravvivenza.
Non possiamo permettere che questo continui.
Le parti in guerra devono rispettare il diritto internazionale umanitario, accettare un cessate il fuoco umanitario e fermare i combattimenti».
L’Onu e i suoi partner umanitari, presenti a Gaza da decenni, sono impegnati a rispondere ai crescenti bisogni umanitari, guidati, come sempre, dai principi di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza.
Griffiths ha sottolineato: «Abbiamo l’esperienza, il know-how e sicuramente la volontà.
A nome della comunità umanitaria che rappresento, esorto le parti, tutti coloro che hanno influenza su di loro e la più ampia comunità internazionale a fare tutto ciò che è in loro potere per sostenere e attuare il seguente piano:
1 Facilitare gli sforzi delle agenzie umanitarie per portare un flusso continuo di convogli di aiuti e per farlo in sicurezza.
2 Aprire ulteriori punti di passaggio per l’ingresso di camion commerciali e umanitari, incluso Kerem Shalom.
3 Consentire alle Nazioni Unite, ad altre organizzazioni umanitarie e agli enti del settore pubblico e privato l’accesso al carburante in quantità sufficienti per fornire aiuti e fornire servizi di base.
4 Consentire alle organizzazioni umanitarie di fornire aiuti in tutta Gaza senza impedimenti o interferenze.
5 Permetteteci di espandere il numero di rifugi sicuri per gli sfollati nelle scuole e in altre strutture pubbliche in tutta Gaza e garantire che rimangano luoghi sicuri durante le ostilità.
6 Migliorare un meccanismo di notifica umanitaria che aiuterebbe a risparmiare i civili e le infrastrutture civili dalle ostilità e aiuterebbe a facilitare l’accesso umanitario.
7 Consentiteci di creare centri di distribuzione degli aiuti per i civili, in base alle esigenze.
8 Consentire ai civili di spostarsi verso aree più sicure e di tornare volontariamente alle loro residenze.
9 Finanziare la risposta umanitaria, che ora ammonta a 1,2 miliardi di dollari.
10 Attuare un cessate il fuoco umanitario per consentire il riavvio dei servizi di base e la ripresa degli scambi commerciali essenziali.
Un tale cessate il fuoco è vitale anche per facilitare la consegna degli aiuti, consentire il rilascio degli ostaggi e fornire tregua ai civili.
Queste sono le azioni necessarie per frenare la carneficina.
Il piano è completo e siamo determinati a fare ogni passo avanti, ma abbiamo bisogno di un ampio sostegno internazionale.
Il mondo deve agire prima che sia troppo tardi».
La direttrice esecutiva dell’Unicef, Catherine Russel ha visitato la Striscia di Gaza nel bel mezzo dell’attacco israeliano e ha incontrato i bambini, le loro famiglie e il personale dell’Unicef e racconta: «Ciò che ho visto e sentito è stato devastante.
Hanno sopportato ripetuti bombardamenti, perdite e sfollamenti.
All’interno della Striscia non c’è nessun posto sicuro al quale cui possa rivolgersi il milione di bambini di Gaza.
Le parti in conflitto stanno commettendo gravi violazioni contro i bambini; queste includono uccisioni, mutilazioni, rapimenti, attacchi a scuole e ospedali e la negazione dell’accesso umanitario, tutte cose che l’Unicef condanna.
A Gaza, secondo quanto riferito, più di 4.600 bambini sarebbero stati uccisi e quasi 9.000 feriti.
Molti bambini risultano scomparsi e si ritiene sepolti sotto le macerie di edifici e case crollate, tragica conseguenza dell’uso di armi esplosive in aree popolate.
Nel frattempo, in uno degli ospedali di Gaza sono morti neonati che necessitano di cure specialistiche a causa dell’esaurimento delle scorte di energia elettrica e medica e della violenza che continua con effetti indiscriminati.
All’ospedale Al Naser di Khan Yunis ho incontrato pazienti e famiglie sfollate in cerca di riparo e sicurezza.
Una ragazza di 16 anni mi ha detto dal suo letto d’ospedale che il suo quartiere era stato bombardato.
E’ sopravvissuta ma i medici dicono che non potrà mai più camminare.
Nel reparto neonatale dell’ospedale, i bambini piccoli si aggrappavano alla vita nelle incubatrici, mentre i medici si preoccupavano di come avrebbero potuto far funzionare le macchine senza carburante.
Durante la mia permanenza a Gaza, ho incontrato anche il personale dell’Unicef che continua a consegnare aiuti ai bambini in mezzo al pericolo e alla devastazione.
Hanno condiviso con me le loro storie strazianti sull’impatto della guerra sui loro figli, sui familiari uccisi e su come sono stati sfollati più volte.
Molte persone, compreso il nostro personale e le loro famiglie, vivono ora in rifugi sovraffollati con pochissima acqua, cibo e servizi igienici adeguati, condizioni che potrebbero portare a epidemie.
Il rischio per gli operatori umanitari all’interno di Gaza non può essere sopravvalutato.
Da ottobre sono stati uccisi più di 100 membri del personale dell’UNRWA.
L’Unicef e i nostri partner stanno facendo tutto il possibile, compreso l’invio delle forniture umanitarie di cui c’è un disperato bisogno.
Ma il carburante diesel è praticamente esaurito, causando l’interruzione del funzionamento di alcuni ospedali e centri sanitari.
Senza carburante, gli impianti di desalinizzazione non possono produrre acqua potabile e le forniture umanitarie non possono essere distribuite.
L’apertura intermittente dei valichi di frontiera di Gaza alle spedizioni di forniture umanitarie non è sufficiente a soddisfare le crescenti esigenze.
E con l’inverno alle porte, la necessità di carburante potrebbe diventare ancora più acuta.
Quando ho lasciato Gaza oggi, la pioggia cadeva a dirotto, aggiungendosi alla miseria.
Sono qui per fare tutto il possibile per difendere la protezione dei bambini.
Invito ancora una volta tutte le parti a garantire che i bambini siano protetti e assistiti, come previsto dal diritto umanitario internazionale.
Solo le parti in conflitto possono davvero fermare questo orrore.
Invito inoltre le parti ad attuare un cessate il fuoco umanitario immediato, a rilasciare in sicurezza tutti i bambini rapiti e detenuti e a garantire che gli operatori umanitari abbiano un accesso sicuro, duraturo e senza ostacoli per raggiungere coloro che ne hanno bisogno con l’intera gamma di servizi e forniture salvavita».
Il commissario generale dell’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA), Philippe Lazzarini, conferma che «la risposta umanitaria nella Striscia di Gaza, da cui dipendono oltre 2 milioni di persone, sta gradualmente giungendo al termine perché dal 7 ottobre non è più stato consentito l’ingresso di carburante nella Striscia di Gaza.
L’UNRWA ha lanciato l’allarme sulla situazione del carburante tre settimane fa, avvertendo del rapido esaurimento delle sue scorte e dell’impatto sulle operazioni di salvataggio.
Da allora, abbiamo razionato pesantemente l’uso del carburante e abbiamo avuto accesso a quantità limitate preesistenti immagazzinate in un deposito all’interno della Striscia di Gaza, attraverso uno stretto coordinamento con le autorità israeliane.
Il deposito ora è vuoto.
E’ molto semplice.
Senza carburante, l’operazione umanitaria a Gaza è giunta al termine.
Molte più persone soffriranno e probabilmente moriranno.
E’ incredibile che le agenzie umanitarie debbano mendicare carburante e operare con il supporto vitale.
Dall’inizio della guerra, il carburante è stato utilizzato come arma di guerra e questo dovrebbe finire immediatamente.
Faccio appello a tutte le parti affinché rendano disponibile il carburante ora e smettano di utilizzare l’assistenza umanitaria per vantaggi politici o militari».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 16 novembre 2023 sul sito online “greenreport.it”)