N.B. – Sulla problematica riguardante i “paesaggi rinnovabili”, tuttora in corso, pubblico il seguente mio editoriale redatto il 30 dicembre 2022.
In questi giorni è scoppiato un contenzioso sul documento “paesaggi rinnovabili” sottoscritto il 25 ottobre 2022 da F.A.I., Legambiente e WWF che hanno avanzato 12 proposte per mettere insieme lo sviluppo dell’infrastruttura per le energie rinnovabili e la tutela del paesaggio italiano (vedi https://www.vasroma.it/paesaggi-rinnovabili-12-proposte-per-una-giusta-transizione-energetica/).
Il documento si pone in contrasto con le posizioni assunte da sempre da Italia Nostra, che antepone la tutela del paesaggio a quella dell’Ambiente, e dalle 16 associazioni ambientaliste e culturali storiche che a giugno del 2021 hanno costituito la Coalizione “Articolo 9”, in difesa del paesaggio e della biodiversità: il documento non è condiviso inoltre dal Gruppo d’Intervento Giuridico (vedi https://www.vasroma.it/il-territorio-non-e-un-banale-contenitore-per-centrali-da-fonti-rinnovabili/) e da Tomaso Montanari (vedi https://www.vasroma.it/ambiente-contro-paesaggio-anche-il-fai-cade-in-trappola/), oltre che dal Sottosegretario al Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi.
Si rende quindi necessario fare il punto della situazione, mettendo in evidenza una serie di aspetti, che consentano di arrivare a dare una risposta concreta per coniugare armonicamente gli impianti rinnovabili con la tutela del paesaggio.
1 – Differenza tra paesaggio e Ambiente – In geografia si definisce “paesaggio” tutto ciò che possiamo osservare e che quindi è visibile all’occhio umano (colline, vegetazione, i fiori…).
Due esempi di paesaggi trasformati dall’uomo sono quello rurale e quello urbano: il paesaggio rurale è quello della campagna coltivata, nel quale l’uomo è intervenuto con il disboscamento, con gli impianti d’irrigazione ecc., mentre il paesaggio urbano è quello delle città ed è la forma più evidente di paesaggio antropizzato con case, palazzi, centri commerciali ecc.
Nell’Enciclopedia Treccani Il “paesaggio” è “parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato. Il termine è usato in particolare con riferimento a panorami caratteristici per le loro bellezze naturali, o a località di interesse storico e artistico, ma anche, più in generale, a tutto il complesso dei beni naturali che sono parte fondamentale dell’ambiente ecologico da difendere e conservare.”
Mentre il paesaggio è l’insieme degli elementi percepibili dall’occhio umano, per “ambiente” si intende – oltre che il luogo che ospita le persone, gli animali e le piante – anche l’aria, l’acqua, il terreno, la luce: è determinato inoltre da fattori invisibili come i minerali ed i gas presenti nell’ atmosfera.
Nell’Enciclopedia Treccani “L’ambiente è un sistema complesso di fattori fisici, chimici e biologici, di elementi viventi e non viventi e di relazioni in cui sono immersi tutti gli organismi che abitano il Pianeta.”
Il paesaggio è comunque la veste dell’ambiente: l’obbligo della sua tutela è sancito fra i principi fondamentali della Costituzione all’art. 9 e viene comunque prima della tutela dell’ambiente, che solo l’8 febbraio 2022 è stata aggiunta in Costituzione sempre all’art. 9.
2 – Tre associazioni che anche nel nome antepongono l’ambiente al paesaggio – Analizziamo la missione delle tre associazioni che hanno sottoscritto il documento “paesaggi rinnovabili” in ordine alle rispettive date di nascita.
2.1 – WWF Italia – Il “World Wide Fund for Nature”, in precedenza denominato “World Wildlife Fund” (letteralmente “Fondo Mondiale per la Fauna Selvatica”) e comunemente abbreviato con l’acronimo “WWF”, è un’organizzazione internazionale non governativa di protezione ambientale nata nel 1961: in Italia è stata fondata il 5 luglio 1966.
La missione del WWF è “fermare il degrado del pianeta e costruire un mondo in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura”.
Il WWF Italia, recita inoltre la sua mission nazionale, è “un’organizzazione che, con l’aiuto dei cittadini e il coinvolgimento delle imprese e delle istituzioni, contribuisce incisivamente a conservare i sistemi naturali in Italia e nel mondo”.
Il WWF Italia cura quindi soprattutto l’ambiente naturale.
Con riferimento al documento “paesaggi rinnovabili” il Presidente del WWF Italia, Luciano Di Tizio, ha rilasciato al quotidiano la Repubblica del 9 dicembre 2022 la seguente dichiarazione: “Prendiamo atto della realtà.
Per contrastare l’emergenza climatica dobbiamo abbandonare i combustibili fossili.
Ma non possiamo rinunciare all’energia ed alle uniche fonti possibili quali sono le fonti rinnovabili, che però hanno un impatto sul paesaggio.
Il nostro obiettivo è che si punti alle rinnovabili, arrecando il minor danno possibile al paesaggio e alla biodiversità italiani.
E ci si riesce solo pianificando a livello nazionale una strategia che indichi dove fare gli impianti.
La pura conservazione dell’esistente non risolve i problemi.
Noi, come associazioni, con piccole rinunce ideologiche abbiamo trovato un sentire comune che può essere di grande utilità del paese”.
2.2 – F.A.I. – Il “FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS” è una fondazione italiana senza scopo di lucro che opera grazie al sostegno di privati cittadini, aziende e istituzioni per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano, nello spirito dell’articolo 118 della Costituzione Italiana.
Fondato il 28 aprile 1975 su modello del National Trust britannico e affiliato a INTO – International National Trusts Organisation, il FAI tutela il patrimonio collettivo, salvando, restaurando, aprendo al pubblico e valorizzando monumenti e luoghi di natura italiani, che riceve in donazione o in concessione.
Il FAI vigila anche sulla tutela dei beni paesaggistici e culturali in conformità all’articolo 9 della Costituzione.
Il F.A.I. cura e valorizza soprattutto i patrimoni naturali di valore.
Il Presidente Marco Magnifico ha rilasciato al quotidiano la Repubblica del 9 dicembre 2022 una intervista di cui si riportano le parti salienti: “L’associazionismo del ‘no sempre e comunque’ è morto.
Non è neppure etico, è solo ideologico. Le emergenze climatica ed energetica sono le più grandi che il genere umano deve affrontare: è chiaro che si deve scendere a patti.”
2.3 – Legambiente – Legambiente è un’associazione ambientalista italiana erede dei primi nuclei ecologisti e del movimento antinucleare che si è sviluppato in Italia e in tutto il mondo occidentale nella seconda metà degli anni settanta.
Nata nella primavera del 1980 nell’ambito dell’ARCI, da cui si è successivamente resa autonoma, era conosciuta inizialmente come “Lega per l’Ambiente”, ma nel 1992, nel corso del IV Congresso nazionale tenutosi a Parma, ha modificato il nome in “Legambiente” per evitare confusione con altri movimenti.
Alcuni degli elementi principali che caratterizzano l’associazione:
- L’ambizione di “pensare globalmente, agire localmente”, cioè di intrecciare la questione ambientale con le necessità e le aspirazioni dei cittadini in carne e ossa e con i problemi specifici della società italiana;
- L’ambientalismo scientifico, cioè la scelta di fondare ogni iniziativa per la difesa dell’ambiente su una solida base scientifica e di accompagnare tutti i “no” con l’indicazione di alternative concrete, realistiche, praticabili;
- Un’attenzione prioritaria ai problemi legati al degrado ambientaleed urbanistico delle città e al nesso tra economia e ambiente;
Legambiente cura soprattutto le questioni ambientali.
Con riferimento al documento “paesaggi rinnovabili” il Presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha rilasciato al quotidiano la Repubblica del 9 dicembre 2022 la seguente dichiarazione: “L’ambientalismo italiano ha maturato una nuova consapevolezza: il nostro paesaggio è sempre cambiato. Ci si può opporre ai cambiamenti, oppure cercare di governarli perché avvengano nel migliore dei modi.
Assieme a FAI e WWF abbiamo scelto questa seconda strada.
La Presidente del Consiglio Meloni ha detto durante il voto di fiducia in Parlamento che il Sud sarà l’hub delle rinnovabili.
E il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin ha annunciato 70 gigawatt di nuovi impianti a fonti pulite entro 6 anni in tutto il paese.
Sarebbe un suicidio politico per il governo dare la delega sul paesaggio al sottosegretario alla Cultura Sgarbi”.
Tutte e tre le associazioni sembrano non tener conto più di tanto della disciplina di tutela del paesaggio che vige in Italia e che è obbligatorio rispettare riguardo a tutte le aree soggette a vincolo paesaggistico.
3 – La tutela del paesaggio – Quando ancora l’Italia non era uno stato repubblicano, la tutela del paesaggio è stata assicurata prima ancora della presa del potere da parte del fascismo (ufficialmente avvenuta il 31 ottobre 1922) con l’approvazione della legge n. 778 dell’11 giugno 1922 “Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”.
Ma la legge di tutela del paesaggio di cui rimangono tutt’oggi diversi contenuti risale all’epoca fascista quando è stata approvata la legge n. 1497 del 29 giugno 1939 sulla “Protezione delle bellezze naturali”, che all’art. 5 ha introdotto per la 1° volta la facoltà di redigere ed approvare i Piani Territoriali Paesistici (P.T.P.) secondo le norme dettate dal Regolamento di attuazione emanato con Regio Decreto di attuazione n. 1357 del 3 giugno 1940.
Con la cosiddetta “Legge Galasso” n. 431 dell’8 agosto 1985 sono stati sottoposti a vincolo paesaggistico i cosiddetti “beni diffusi” (coste dei mari, dei laghi e dei fiumi, montagne e ghiacciai, parchi e riserve naturali, boschi e foreste, zone gravate da usi civici, zone umide, vulcani e zone di interesse archeologico) ed imposto l’obbligo di redazione dei P.T.P. entro il 31 dicembre del 1097.
La legge n. 1497/1939 e la legge n. 431/1985 sono state poi abrogate ma recepite integralmente nel D.Lgs. n. 490 del 29 ottobre 1999 con cui è stato emanato il “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”.
Il D.Lgs. n. 490 del 29 ottobre 1999 è stato a sua volta abrogato ed assorbito nel D.Lgs. n. 42 del 22 febbraio 2004 con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, che ha introdotto la copianificazione con il Ministero dei Beni Culturali e Ambientale ai fini della redazione ed approvazione di ogni Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.).
4 – Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) del Lazio – È stato adottato dalla Giunta Regionale con deliberazioni n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007: suddivide tutto il territorio regionale in 12 “Ambiti di Paesaggio”, per ognuno dei quali le norme di tutela vengono dettate su tre apposite tabelle.
La tabella B prevede tutte le possibili trasformazioni sul territorio, fra le quali vengono ricomprese anche, ai paragrafi 6.3 e 6.4:
– impianti per la produzione di energia areali con grande impatto territoriale (centrali idro-termoelettriche, impianti di termovalorizzazione, impianti fotovoltaici);
– impianti di produzione energia di tipo verticale con grande impatto territoriale (pale eoliche).
Le prescrizioni di tutela dei paragrafi 6.3 e 6.4 sono cogenti per tutti i tipi di paesaggio soggetti a vincolo paesaggistico, mentre hanno solo valore di “indirizzo” per tute le rimanenti aree non vincolate.
5 – Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili – Sono state allegate al Decreto Ministeriale del 10 settembre 2010, emanato in attuazione del Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante “Attuazione della direttiva 2007/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, art. 12 (Razionalizzazione e semplificazione delle procedure)”.
Il testo esplica le tipologie di procedimenti autorizzativi (attività edilizia libera, denuncia di inizio attività o procedimento unico) in relazione alla complessità dell’intervento e del contesto dove lo stesso si colloca, differenziando per la categoria della fonte di energia utilizzata (fotovoltaica; biomasse-gas di discarica-biogas; eolica; idroelettrica e geotermica).
La Parte IV è dedicata all’INSERIMENTO DEGLI IMPIANTI NEL PAESAGGIO E SUL TERRITORIO.
Il paragrafo 17 detta le linee guida relative alle “AREE NON IDONEE”: le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie.
All’Allegato 3 vengono dettati i “Criteri per l’individuazione di aree non idonee”.
Ai sensi della lettera f) dell’allegato “le Regioni, con le modalità di cui al paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti all’interno di quelle di seguito elencate….:
– i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, le aree ed i beni di notevole interesse culturale di cui alla Parte Seconda del D.Lgs. n. 42 del 2004, nonché gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136 dello stesso decreto legislativo;
– zone all’interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattiva turistica;
– zone situate in prossimità di parchi archeologici e nelle aree contermini ad emergenze di particolare interesse culturale, storico e/o religioso;
– le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite ai sensi della Legge n. 394/1991 ed inserite nell’Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale orientata di cui all’articolo 12, comma 2, lettere a) e b) della legge n. 394/1991 ed equivalenti a livello regionale;
– le zone umide di importanza internazionale designate ai sensi della convenzione di Ramsar;
– le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in base alla direttiva 92/43/CEE (Siti di importanza Comunitaria) ed alla direttiva 79/409/CEE (Zone di Protezione Speciale);
– le Important Bird Areas (I.B.A.);
– le aree non comprese in quelle di cui ai punti precedenti ma che svolgono funzioni determinanti per la conservazione della biodiversità (fasce di rispetto o aree contigue delle aree naturali protette); istituende aree naturali protette oggetto di proposta del Governo ovvero di disegno di legge regionale approvato dalla Giunta; aree di connessione e continuità ecologico-funzionale tra i vari sistemi naturali e seminaturali; aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette; aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle Convenzioni internazionali (Berna, Bonn, Parigi, Washington, Barcellona) e dalle Direttive comunitarie (79/409/CEE e 92/43/CEE), specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di estinzione;
– le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all’art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003 anche con riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un’elevata capacità d’uso del suolo;
– le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico perimetrale nei Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle competenti Autorità di Bacino ai sensi del D.L. n. 180/1998 e s.m.i.;
– zone individuate ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42 del 2004 valutando la sussistenza di particolari caratteristiche che le rendano incompatibili con la realizzazione degli impianti.”
6 – Le novità sui pannelli fotovoltaici in area agricola introdotte dal “Decreto Semplificazioni” – La legge n. 120 dell’11 settembre 2020 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 14 settembre 2020) reca la conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020, cd. “decreto Semplificazioni“, che conteneva misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale.
L’articolo 56, comma 8-bis, del decreto – legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120/2020, modifica l’articolo 65 del decreto – legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito con la legge n. 27 del 24 marzo 2012, inserendo dopo il comma 1 le disposizioni in materia di interventi su progetti o impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile.
Tali integrazioni, infatti, hanno l’obiettivo di semplificare, razionalizzare ed incentivare i procedimenti amministrativi per la realizzazione degli impianti fotovoltaici in ambito agricolo: prevede la realizzazione di impianti fotovoltaici di qualsiasi potenza localizzati su siti industriali, discariche e lotti di discarica chiusi e ripristinati, cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento estrattivo.
7 – Adeguamento del P.T.P.R. del Lazio alle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili – Il P.T.P.R. del Lazio è stato approvato definitivamente con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 5 del 21 aprile 2021 e pubblicato sul B.U.R.L. n. 56 del 10 giugno 2021, Supplemento n. 2.
I diversi ambiti di paesaggio sono stati individuati con i seguenti colori
Le tabelle B relative ad ogni ambito di paesaggio sono state adeguate aggiungendo i paragrafi 6.5 e 6.6 con le seguenti prescrizioni.
7.1 – Paesaggio Naturale (art. 22)
7.2 – Paesaggio Naturale Agrario (art. 23)
7.3 – Paesaggio Naturale di Continuità (art. 24)
7.4 – Paesaggio Agrario di Rilevante Valore (art. 25)
7.5 – Paesaggio Agrario di Valore (art. 26)
7.6 – Paesaggio Agrario di Continuità (art. 27)
7.7 – Paesaggio degli Insediamenti Urbani (art. 28)
7.8 – Paesaggio degli Insediamenti in Evoluzione (art. 29)
7.9 – Paesaggio dei Centri e Nuclei Storici con relativa fascia di rispetto (art. 30)
7.10 – Parchi, Ville e Giardini Storici (art. 31)
7.11 – Paesaggio dell’Insediamento Storico Diffuso (art. 32)
7.12 – Reti, Infrastrutture e Servizi (art. 33)
8 – Linee guida in materia di impianti agrivoltaici – In data 8 novembre 2021 è stato approvato il D. Lgs. n. 199 “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.285 del 30 novembre 2021, e in vigore dal 15 dicembre 2021.
Con il recepimento della direttiva RED II l’Italia si è posta come obiettivo quello di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, al fine di raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e al 2050.
L’obiettivo suddetto è stato perseguito in coerenza con le indicazioni del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e tenendo conto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Fra i diversi punti da affrontare vi è certamente quello dell’integrazione degli impianti a fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaici, realizzati su suolo agricolo.
Una delle soluzioni emergenti è quella di realizzare impianti c.d. “agrivoltaici”, ovvero impianti fotovoltaici che consentano di preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione, garantendo, al contempo, una buona produzione energetica da fonti rinnovabili.
Sono state così elaborate delle linee guida in materia di impianti agrivoltaici, che potrebbero consentire il dilagare dei pannelli fotovoltaici non solo nelle aree agricole improduttive, ma anche e soprattutto in quelle produttive, con il rischio di istallazioni di pannelli fotovoltaici nelle “aree non idonee” indicate dal Decreto Ministeriale del 10 settembre 2010.
Il settimo dei 12 “Obiettivi” proposti nel documento “paesaggi rinnovabili” riguarda specificatamente la predisposizione di un piano per lo sviluppo dell’agrivoltaico nelle aree rurali.
Al riguardo il Presidente di Legambiente Stefano Ciafani il 18 dicembre 2022 ha dichiarato: “Per evitare questo rischio, e superare il paradosso, occorre un percorso che consenta la realizzazione degli impianti attraverso regole capaci di evitare trasformazioni irreversibili e che, al contrario, assicurino la valorizzazione ecologica e produttiva dei suoli sottostanti agli impianti fotovoltaici, anche di grandi dimensioni prevenendo la dismissione di terreni produttivi con espulsione di aziende agricole”.
9 – La politica del Governo – Anziché programmare un “Piano Marshall” che con robusti sostegni economici statali incentivasse soprattutto la realizzazione di pannelli fotovoltaici senza consumo di suolo (tetti di edifici e capannoni, piazzali di parcheggio, superfici impermeabilizzate ed aree inutilizzate), il Governo “Draghi” ha favorito quasi esclusivamente l’iniziativa privata ed in particolare le pale eoliche.
Gran parte delle procedure in corso sono così finalizzate a grandi impianti su superfici agricole: le proposte vengono da gruppi industriali importanti che si muovono solo se hanno la convenienza di installare impianti di una certa dimensione su superfici estese.
Sui social imperversano annunci che riguardano l’affitto o la vendita di terreni agricoli.
Si propone di utilizzare i terreni abbandonati dagli agricoltori perché “improduttivi”: nel mondo naturale non esistono terreni “improduttivi”, se non secondo le logiche umane.
Ogni suolo ha una sua funzione nell’equilibrio ecologico: i cosiddetti “terreni abbandonati” sono luoghi di fondamentale importanza per la biodiversità.
Il suolo non coltivato è un ecosistema complesso e importante da tutelare al pari del suolo produttivo.
10 – Il consumo di suolo agricolo produttivo – Secondo il dossier di Legambiente “Agrivoltaico: le sfide per un’Italia agricole e solare”, diffuso ad ottobre del 2020, “in uno scenario di questo tipo il fotovoltaico si prospetta come una fonte a rischio di eccessiva invadenza territoriale.
Nell’ipotesi di ritardi e problemi che limitino gli impianti sui tetti al 40% del potenziale, si arriverebbe a dover collocare circa 300 milioni di mq di pannelli a terra, che – considerate le tare e le opere accessorie – svilupperebbero un ingombro territoriale (per i concetti impiantistici dei parchi fotovoltaici che conosciamo) di oltre 70.000 ettari, una superficie che rappresenta lo 0,6% della SAU (superficie agricola utilizzata) italiana, e il 3% di incremento del suolo urbanizzato totale”.
Secondo invece il dirigente dell’ISPRA Michele Munafò “il PNRR vuole distruggere 87.000 ettari di campagna”: come soluzione alternativa “invece che a terra, sarebbe preferibile installare i pannelli fotovoltaici su edifici, capannoni o aree inutilizzate …. Si eviterebbero i costi ambientali, paesaggistici e di produzione agricola persa”.
11 – L’attacco alle Soprintendenze – Il presidente di Legambiente Stefano Ciafani ha accusato le Soprintendenze di bocciare a prescindere ogni mutamento del territorio ed ha chiamato in causa quello che secondo lui è un “ambientalismo sbagliato”: afferma che “sia un problema di formazione dei dirigenti delle Soprintendenze” e che il Ministero “dovrebbe aggiornare le linee guida sulla installazione delle rinnovabili”.
Il Presidente del F.A.I. Marco Magnifico è arrivato a sua volta a criticare addirittura una presunta impreparazione delle Soprintendenze, chiedendosi “dove sono gli esperti di quell’opera d’arte collettiva che è il paesaggio italiano”: questa impreparazione porterebbe ad un certo operato, affermando che secondo lui “questi sono eccessi ideologici dannosi per il paese”.
Anche per Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e già ministro dell’Ambiente, “gli impianti per le fonti energetiche rinnovabili, sono indispensabili per affrontare la crisi climatica e per impedire che abbia impatti, anche ambientali devastanti.
Questa è una novità che richiede, fra l’altro, anche un adeguamento normativo che elimini, al di fuori di ben determinate aree e contesti precisamente definiti per il loro alto valore culturale, archeologico, storico o architettonico, il potere di veto delle Soprintendenze nella procedura di autorizzazione degli impianti per fonti energetiche rinnovabili, che devono far parte del nostro nuovo paesaggio energetico della transizione alla neutralità climatica”.
Viene anzitutto ignorato del tutto che le Soprintendenze si pronunciano in generale su progetti di installazione di pale eoliche e soprattutto di impianti fotovoltaici ricadenti in aree agricole soggette a vincolo paesaggistico.
Non si tiene conto in secondo luogo che le loro pronunce avvengono nell’ambito delle procedure di rilascio della “autorizzazione paesaggistica”, che spetta da ultimo alla Regione interessata o al Comune delegato pur esso interessato dal progetto: ma questo avviene sempre dopo avere acquisito preventivamente il “parere” vincolante e cogente della Soprintendenza competente per territorio, che non ha potere del tutto discrezionale perché è chiamata ogni volta a verificare la conformità del progetto con la disciplina di tutela dettata dal rispettivo Piano Territoriale Paesistico.
Le accuse di “eccesso di potere” e di “eccesso ideologico dannoso” che sono state portate alle Soprintendenze, con la pretesa addirittura di un “adeguamento normativo che elimini il potere di veto delle Soprintendenze”, sono del tutto fuor di luogo, se non incostituzionali, oltre a non costituire la “risposta” adatta, di cui si dirà alla fine.
11.1 – I casi in cui il “parere” delle Soprintendenze non può essere vincolante – La legge n. 241/1990 prescrive l’obbligo di indire una “Conferenza di Servizi” “quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all’acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici”.
Il suddetto obbligo è stato rispettato convocando sempre le Soprintendenze interessate anche quando i progetti di impianti fotovoltaici non ricadevano in area soggetta a vincolo paesaggistico.
Il caso emblematico che si porta all’attenzione riguarda un impianto da 150 MW a Tuscania e uno da 85 MW a Montalto di Castro: insieme produrranno una quantità di energia in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di 80 mila famiglie.
Nel febbraio 2019 i due impianti sono stati autorizzati dalla Regione Lazio, dalla Provincia di Viterbo e dalle altre amministrazioni pubbliche interessate: solo l’impianto di Montalto aveva ricevuto un parere negativo del Comune.
Entrambi gli impianti avevano comunque superato la Valutazione di Impatto Ambientale, visto che i progetti prevedevano che fossero collocati in terreni privati, invisibili da punti di visuale pubblica, fuori da zone vincolate, d’interesse turistico o a rischio archeologico.
Inoltre, precursori di una tendenza oggi consolidata, era già prevista la loro integrazione con attività agricole silvo-pastorali, in particolare il pascolo di ovini, grazie ad accordi presi con pastori locali.
Nonostante le autorizzazioni, prima l’allora ministro della cultura Alberto Bonisoli (M5S, governo Conte I M5S – Lega) e poi il ministro dei beni culturali Dario Franceschini (PD, governo Conte II) hanno accolto le richieste della Soprintendente Margherita Eichberg della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, presentando nel giugno 2019 opposizione contro la realizzazione degli impianti fotovoltaici.
Solo un anno dopo l’allora governo Conte, a parole sempre favorevole alle energie rinnovabili, nei fatti ha accolto le opposizioni revocando le autorizzazioni fin lì rilasciate.
Di fronte a questo blocco, le imprese costruttrici hanno impugnato la decisione del Governo davanti al TAR, risultando vincitrici.
Ma il Ministero della Cultura non si è fermato e, supportato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel luglio 2021 ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato, per tentare di bloccare i due progetti.
L’appello è stato proposto nonostante le imprese si fossero rese disponibili a implementare misure di mitigazione come la riduzione della dimensione degli impianti e la realizzazione di ulteriori boschi compensativi.
I giudizi hanno visto come parte contrapposta agli impianti, oltre al MIC e alla Presidenza del Consiglio, anche il Comune di Montalto di Castro (che, unica tra tutte le amministrazioni locali, aveva espresso il parere negativo in conferenza di servizi) e come parte a favore la Regione Lazio, che ha sempre difeso la valutazione di impatto ambientale positiva degli impianti.
Dopo mesi di attesa sono arrivate le sentenze del Consiglio di Stato che hanno rigettato i ricorsi del MIC e della Presidenza del Consiglio.
Le due sentenze del Consiglio di Stato hanno sancito che, se l’area su cui ricade un progetto di impianto fotovoltaico in zona agricola non è vincolata, il “parere” endoprocedimentale espresso dalla Soprintendenza competente per territorio non può essere “vincolante” e non può quindi impedire la sua realizzazione.
Anche per tale caso si dirà più avanti di una possibile soluzione più equilibrata.
Pannelli fotovoltaici della Tuscia
12 – Pannelli fotovoltaici installati sui tetti dei fabbricati dei centri storici delle città – Nel settimo dei 12 “obiettivi” proposti nel documento “paesaggi rinnovabili” si afferma che “serve anche ribaltare la narrazione dei tetti solari nei centri storici, non escludendo a priori la loro installazione ma favorendola a certe condizioni”.
Il successivo ottavo “obiettivo” riguarda la predisposizione di piani speciali per il FV “a certe condizioni, anche nei centri storici”.
Il documento non precisa però quali siano le “condizioni” a cui subordinare la installazione di pannelli fotovoltaici anche sui tetti dei fabbricati dei centri storici della città.
A tutela del paesaggio ed a garanzia del rilascio di pareri favorevoli da parte delle Soprintendenze sui tetti degli edifici ricadenti nei centri storici sarebbe compatibile l’installazione di pannelli fotovoltaici a forma di tegole.
13 – Rinnovabilità del biometano – Nell’11 “obiettivo” del documento “paesaggi rinnovabili” si afferma che “non meno importante, tuttavia, è l’inserimento di impianti atti a recuperare e riciclare la materia.
Se il biogas italiano fa ormai scuola nel mondo, il biometano, ovvero il prodotto di un processo di raffinazione del biogas detto “upgrading”, stenta invece a decollare, soprattutto a causa di un quadro normativo poco chiaro.
Da questo punto di vista occorre favorire e incentivare il recupero energetico da rifiuti organici e soprattutto dagli scarti delle produzioni agricole e zootecniche.”
Nel successivo 12° “obiettivo” si propone di “rendere chiaro e coerente il quadro normativo per la produzione di biometano e, più in generale, di tutte le materie prime seconde dell’economia circolare”.
Al riguardo va fatto presente che nel caso dei rifiuti urbani si passa da biogas a biometano: ovvero da una fonte fossile a un’altra.
L’immissione di biometano in rete è disastrosa, perché la rete italiana, che Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente è la peggiore in Europa dopo la Germania, ha il 20% di perdite in atmosfera.
Ciò che più preoccupa inoltre è l’inquinamento delle falde per il fango ‘digestato’, che rappresenta lo scarto industriale del 90% delle 100mila tonnellate di rifiuti che entrano, che sarà compostato e sparso su terreni agricoli”
A proposito di “bio”-metano, ricordiamo anche che esso risulta indistinguibile nella sua struttura chimica da quello di origine fossile, e che questo gas deve essere combusto per essere utilizzato.
Diversi recenti studi mostrano altresì come i mezzi pesanti alimentati a metano emettano più CO2 e particolato di quelli alimentati a diesel o a benzina.
E’ noto che le combustioni in generale non possono rappresentare un’alternativa alla decarbonizzazione ad “emissioni zero” né tantomeno uno strumento di contrasto ai cambiamenti climatici.
Occorre considerare altresì che un impianto di biogas da 1 Megawatt necessita di circa 400 ettari di terreno per coltivare mais e sorgo come “materia prima”, per cui OGGI i 1.600 impianti attuali in gran parte nel Nord Italia “occupano” oltre 640.000 ettari sottratti alle coltivazioni per l’alimentazione umana e zootecnica, sebbene il PNRR del governo Draghi ne citi “soltanto” 560 da riconvertire.
Tra le note criticità dovute alla gestione di impianti che producono biogas, specialmente nel Nord Italia, vi è un severo danno ambientale dovuto alla pessima qualità del “digestato” prodotto, contenente composti azotati e metalli pesanti che vengono quindi sparsi sui campi contaminando coltivazioni, terreni e corsi d’acqua.
Tutto ciò è accompagnato dalla falsa narrazione secondo cui il Bio-metano potrebbe addirittura “sostituire i combustibili fossili”, nell’utilizzo per autotrazione.
Diversi recenti studi mostrano come i mezzi pesanti alimentati a metano emettano più CO2 e altro particolato tossico rispetto a diesel e benzina.
Nel paper redatto a settembre 2019 dalla “European Federation for Transport and Environment AISBL” viene riportato che il GNL (Gas naturale liquefatto / metano al 99%) e lo stesso Bio-metano utilizzato per autotrazione non sarebbero affatto sostenibili, anzi produrrebbero un inquinamento atmosferico da NOx e da particolato PM2,5 e PM10 5 volte superiore ai motori Diesel modello 2013. https://www.transportenvironment.org/sites/te/files/publications/2019_09_do_gas_trucks_reduce_emissions_paper_IT.pdf
Dai dati ufficiali del GSE – il Gestore Servizi Energetici, si apprende inoltre che il finanziamento annuo a fondo perduto per la quota di elettricità prodotta da “Fonti Energetiche Sostenibili” e da fonti “assimilate” (come inceneritori – centrali a biomasse – impianti a biogas/biometano) è pari a circa 12 miliardi di euro, di cui per il solo biogas circa 1,5 miliardi di euro, a fronte di una produzione di energia da biogas nel periodo 2015-2020 pari solo allo 0.04% del totale. https://www.gse.it/documenti_site/Documenti%20GSE/Studi%20e%20scenari/Energie%20rinnovabili_scenari%20al%202020.pdf
14 – Risposta concreta per coniugare armonicamente gli impianti rinnovabili con la tutela del paesaggio – Sul fronte paesaggistico Stefano Ciafani propone una revisione delle Linee Guida, a dieci anni dalla loro emanazione, che deve portare a individuare con maggiore efficacia le aree escluse dalla possibilità di installazione, superando le contraddizioni tra le diverse Linee guida regionali e le regole per garantire progetti compatibili sotto il profilo paesaggistico, ecologico e colturale, introducendo tetti massimi di concentrazione nei territori e all’interno della superficie aziendale, ma anche strumenti convenzionali a garanzia del rispetto degli impegni assunti dal gestore nell’arco di vita dell’impianto.
Nel 1° dei 12 “obiettivi” proposti nel documento “paesaggi rinnovabili” si afferma che “in questa fase di transizione ecologica dobbiamo restituire dignità al ruolo della pianificazione, a partire da uno strumento formidabile della legislazione nazionale: il Piano Paesaggistico Regionale.
Uno strumento che, già previsto dalla Legge Galasso nel 1985, avrebbe dovuto rapidamente colmare tutte quelle lacune di co-pianificazione che una legislazione binaria (l’urbanistica alle Regioni, la tutela del paesaggio allo Stato) avrebbe lasciato sul campo.
Un obiettivo largamente disatteso.
Spingere e incentivare tutte le Regioni a dotarsi di un Piano Paesaggistico co-pianificato con il Ministero della Cultura, lungi dall’essere un aggravio burocratico, precostituisce invece una sintesi alta e condivisa della lettura di un territorio, snellendo poi le procedure di autorizzazione paesaggistica”.
F.A.I., WWF e Lagambiente sembrano ignorare il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (emanato con D.Lgs n. 42 del 22 febbraio 2004) che al 2° comma dell’art. 143 prevede proprio la copianificazione tra Regioni e Ministero, avvenuta a tutt’oggi solo per 4 Regioni (Toscana, Puglia, Sardegna e Lazio) con la sola Regione Lazio ad individuare le aree non idonee alla installazione di pale eoliche ed impianti fotovoltaici.
Il successivo 2° “obiettivo” riguarda il rilancio della pianificazione paesaggistica regionale, che non viene però considerata come la “base” ineludibile per individuare le aree escluse dalla possibilità di installazione.
La risposta concreta per coniugare armonicamente gli impianti rinnovabili con la tutela del paesaggio sta proprio nell’assumere i “criteri” che si è dato al riguardo il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) del Lazio come “disciplina di tutela” obbligatoria da far rispettare a tutte le altre Regioni d’Italia nel rispettivo P.T.P.R., da redigere ed approvare entro e non oltre 6 mesi, a pena di essere subito dopo “approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro” per la Cultura (ai sensi del 3° comma dell’art. 156 del D.Lgs. n. 42/2004).
È necessaria in conclusione una rigida pianificazione paesaggistica affidata all’iniziativa pubblica di Regioni e Ministero per la Cultura, che individui su ogni intero territorio regionale le aree in cui si possono o non si possono installare pale eoliche ed impianti fotovoltaici.
A tanto si arriva attribuendo la valenza di “prescrizioni” (cogenti per tutte le Regioni d’Italia) a tutti i paragrafi 6.3, 6.4, 6.5 e 6.6 delle 11 tabelle B del P.T.P.R. del Lazio, anche quando i rispettivi “ambiti di paesaggio” riguardino aree non sottoposte a vincolo paesaggistico, trasformando così automaticamente in “prescrizioni” da rispettare obbligatoriamente anche quelli che altrimenti sarebbero soltanto degli “indirizzi” di cui si potrebbe non tener conto.
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