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Regione Lazio, il Piano paesaggistico apre a nuovo cemento, anche sulle spiagge. Il Mibac: “Non condiviso, lo impugniamo”

07/08/2019
in Archivi, Beni culturali, Beni paesaggistici, Comune di Roma, Governo del territorio, Natura, News, Piani territoriali, RASSEGNA STAMPA
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Il ministero dei Beni culturali impugnerà il Piano territoriale paesaggistico appena approvato dalla Regione Lazio.

Lo ha confermato a IlFattoQuotidiano.it l’ufficio stampa del Mibac, secondo cui il dicastero “non è stato coinvolto neanche nella redazione del provvedimento approvato, come invece prevede il Codice dei Beni Culturali del Paesaggio”.

“Esiste un protocollo d’intesa – spiegano dal Mibac – tra Zingaretti e l’ex ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, firmato nel 2013, che rafforza tale intento di co-pianificazione tra i due enti.

Purtroppo, invece, dobbiamo constatare che tale collaborazione non c’è stata e addirittura, dopo 5 giorni dall’approvazione, questo Ministero ancora non è in possesso del testo votato in consiglio regionale.

Al momento non c’è altra via che impugnare il Piano in questione”.

Precedentemente, fra l’altro, i piani urbanistici attuativi in zone vincolate dei Comuni laziali erano inviati alla Regione ed al Ministero che sostanzialmente, nell’ambito della procedura volta al rilascio del parere paesaggistico sul piano attuativo, acquisivano un’intesa comune sulla rispondenza dello stesso piano alle norme di tutela del paesaggio.

Ma questo coinvolgimento del Mibac sembra sparito visto che in questo passaggio il ministero non viene citato.

Nel maxi-emendamento presentato alla Pisana nella nottata tra giovedì e venerdì scorso – e votato poco dopo – emergono una serie di norme che non sembrano tutelare come dovrebbero il territorio, prediligendo aumenti di cubature per immobili piuttosto che per strutture connesse alle attività di stabilimenti balneari nelle coste marittime o lacustri.

Così, oltre all’esclusione del centro storico di Roma dalle tutele previste, spuntano una serie di norme che, anziché rafforzare vincoli e prescrizioni presenti nel vecchio Ptp del 2007 per preservare ancor di più il territorio e le sue bellezze, li allentano o li mantengono tali e quali a quelli presenti nel Ptp di 12 anni fa, considerato da tutti gli esperti del settore desueto.

Immobili espandibili fino al 20% – Il primo articolo che balza agli occhi è il numero 14.

Qui si evince “fatte salve alcune ipotesi previste dal Codice dei Beni Culturali”, la possibilità di procedere a “interventi di ristrutturazione edilizia e, limitatamente alle strutture di interesse pubblico o destinate ad attività produttive e agli impianti e alle attrezzature sportive, ad ampliamenti che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20% del volume dell’edificio esistente”.

In pratica c’è la possibilità di ampliare fino al 20% le cubature degli immobili in questione, derogando al Ptpr appena approvato.

Una norma già presente nel vecchio Ptp che si sarebbe potuta modificare per tutelare maggiormente il territorio.

In un comma successivo, poi si prevede la possibilità per il privato cittadino, fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesaggistica in una zona vincolata, di ottenere una deroga per un aumento di cubatura fino al 20% come previsto dalla legge regionale per “la rigenerazione urbana degli edifici e delle aree urbanizzate ricadenti nel paesaggio degli insediamenti urbani”.

Un piano di tutela quindi che deroga più volte alle sue stesse norme.

La fattispecie non era prevista nel precedente testo del 2007.

Un altro aspetto che appare peggiorativo è l’articolo 62 che dà un anno di tempo in più ai comuni del Lazio per adeguare i propri piani urbanistici vigenti alle indicazioni del Ptpr regionale.

In precedenza, la tempistica massima per adeguarsi alle indicazioni della Regione era di 2 anni, come previsto anche dalle norme nazionali, ora invece è di tre.

Manufatti da 2000 mc sulla costa – Poi c’è il tema relativo alle coste marittime e lacustri.

Al comma 5 si legge che “le strutture balneari e le strutture recettive all’aria aperta possono essere consentiti solo in ambiti circoscritti, attrezzati a finalità turistiche, previsti nei piani urbanistici comunali o in apposite varianti ad essi, in coerenza con la pianificazione di settore, nei limiti di un indice di edificabilità fondiaria di 0,2 mc/mq per la realizzazione di strutture funzionali alle attività previste”.

Tradotto, si ha un indice di edificabilità pari a 0,2 metri cubi su metro quadro.

Quindi se si ha una concessione di 10mila metri quadri si possono costruire manufatti di 2000 metri cubi.

Prima l’indice di riferimento per le coste marittime era pari allo 0,001, ora con questo nuovo parametro le cubature possibili per un manufatto aumentano in modo esponenziale.

Si approda alla montagna con l’articolo 36 che si occupa della protezione delle alture sopra la quota di 1200 metri.

La norma evidenzia come siano consentiti esclusivamente interventi finalizzati “allo sviluppo e modernizzazione degli impianti sportivi esistenti, compatibili con la natura della montagna” mentre prima tali interventi dovevano essere finalizzati “allo sviluppo di attività sportive compatibili con l’aspetto esteriore dei luoghi”, termine simile a quello inserito nel Ptpr approvato qualche giorno fa ma che secondo alcuni addetti ai lavori, tutelava maggiormente i monti laziali.

(Articolo di Luca Teolato, pubblicato con questo titolo il 7 agosto 2019 su “Il Fatto Quotidiano”)

 

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