Klimaatzaak tegen Ing.
Ovvero causa climatica contro la banca Ing.
Al tribunale di Amsterdam, competente per territorio, si rivolge Milieudefensie, sezione olandese di Friends of the Earth, contro il principale istituto bancario del paese, per le sue responsabilità climatiche dirette e indirette.
Nel 2021 una clamorosa sentenza del tribunale della città dell’Aia aveva dato ragione a Milieudefensie contro la Shell, multinazionale anglo-olandese del petrolio e del gas.
«ING È LA BANCA DELLA CRISI CLIMATICA perché finanzia le aziende inquinanti con più denaro di qualsiasi altra banca nei Paesi bassi», spiega Donald Pols, direttore di Milieudefensie.
La Ing è all’ottavo posto fra le banche europee nei finanziamenti ai combustibili fossili secondo il rapporto 2023 del Rainforest Action Network.
E’ anche uno dei 30 sistemi bancari che il Financial Stability Board del G20 ha individuato come «sistematicamente importanti».
Se si considerano le emissioni delle compagnie che finanzia e con le quali collabora (scope 3, nel calcolo dell’impronta di carbonio di un’azienda), «nel 2022 Ing è stata responsabile dell’emissione di almeno 61 megatonnellate di gas serra, più di un paese come la Svezia», sottolinea Milieudefensie.
«SIAMO OBBLIGATI A SEGUIRE LE VIE legali per ottenere il rispetto degli accordi internazionali sul clima da parte di imprese che continuano a fare profitti miliardari a scapito delle persone e del pianeta», precisa Donald Pols.
La presidente della branca giovanile di Milieudefensie, Winnie Oussoren, spera nella giustizia: «Posso mangiare veg, vestire con abiti usati, fare docce brevi e minimizzare gli imballaggi ma questo non ferma la banca.
Se i politici e gli inquinatori non danno retta alla mia generazione, a chi rivolgerci per la lotta per un pianeta verde?
I tribunali sono lì per lavorare nell’interesse di tutti, a favore della vita e non del denaro».
Milieudefensie ha compiuto giorni fa il passo preliminare, inviando una lettera al board dei direttori, con denunce e richieste.
QUALE POLITICA CLIMATICA SI CHIEDE a Ing?
Intanto ridurre di almeno il 48% le emissioni di CO2 (e di almeno il 43% le emissioni di CO2 equivalente) entro il 2030 rispetto al 2019, sulla base dell’accordo di Parigi e dell’obiettivo di contenere il riscaldamento globale sotto gli 1,5°C.
Ma non basta, deve assicurarsi di non essere legata a impatti climatici avversi delle grandi compagnie che sono clienti.
E dunque: chiedere loro di mettere a punto un buon piano per il clima; smettere di finanziare e sostenere chi non lo elabora un piano entro un anno; chiedere ai suoi clienti del comparto fossile di abbandonare i piani di espansione e mettere a punto piani di phase-out; non deve concedere nuovi finanziamenti e sostegni ai clienti del fossile che proseguono con l’espansione estrattivista e non hanno un piano di phase-out; deve interrompere tutti i finanziamenti e sostegni ai clienti del settore fossile che dopo un anno proseguono con i piani di espansione o non hanno un piano di phase-out. Milieudefensie chiede anche un dialogo diretto per «dare sostanza alle richieste».
RISPOSTA SCRITTA DI ING: «L’azione contro i cambiamenti climatici fa parte della nostra strategia», ma «anche se si sta attuando la transizione a un’economia a basso carbonio, circa l’80% dell’energia utilizzata globalmente proviene ancora da fonti fossili.
Dunque, noi riflettiamo l’economia globale».
Comunque, «vogliamo giocare la nostra parte nella trasformazione necessaria, riorientare il nostro portfolio verso l’obiettivo di zero emissioni nette nel 2050».
E a questo scopo, «nel dicembre 2023 abbiamo annunciato che porremo fine a tutti i nostri finanziamenti nel campo del petrolio e del gas entro il 2040 e triplicheremo quelli per le energie rinnovabili arrivando a 7,5 miliardi di dollari annui in linea con gli accordi presi alla Cop28 e con gli ultimi scenari dell’Associazione internazionale per l’energia (Iea)».
«2040? 15 ANNI DI TROPPO», replica Milieudefensie: «Il budget di carbonio che rimane a livello mondiale è insufficiente per proseguire così».
Non solo: «Ing sostiene di riflettere l’attuale economia guidata dai fossili.
Ma la nostra denuncia riguarda il suo ruolo come istituto che plasma il futuro.
Finanzia progetti che durano decenni, e lo decide oggi.
Non chiediamo di fermare ogni progetto petrolifero e gasifero subito, ma di non iniziarne di nuovi – l’Iea lo ritiene necessario».
Come dire: aspettiamo un risposta seria.
NON È IL PRIMO CASO IN ASSOLUTO di azione legale climatica contro una banca commerciale.
Nel 2023, Amis de la Terre, Oxfam France e Notre Affaire à Tous hanno avviato presso il tribunale di Parigi un contenzioso con Bnp Paribas, fra i primi finanziatori mondiali di grandi compagnie del petrolio e del gas in Europa e Usa.
Ma tornando alla olandese Ing, gli ambientalisti sono fiduciosi, vista la loro vittoria (insieme ad altre associazioni fra le quali Greenpeace) contro Shell.
Il 26 maggio 2021, il tribunale olandese ha stabilito che la compagnia petrolifera: deve ridurre le proprie emissioni del 45% entro il 2030 rispetto al 2019; è responsabile per le emissioni sia sul lato della produzione che del consumo; deve usare la propria influenza per presentare scelte più sostenibili; deve rispettare i diritti umani. Anche le altre compagnie devono agire; il futuro della terra è più importante dei sacrifici delle imprese.
Il caso non è concluso: Shell ha fatto ricorso e ad aprile ci sarà l’appello.
L’AVVOCATO CHE AFFIANCA Milieufedensie e i suoi giovani è Roger Cox, il «più efficace patrocinante di cause climatiche al mondo», lo ha definito il Financial Times.
Nel 2011 pubblica il saggio Revolution Justified: Why Only çaw Can Save Us: sostiene che i tribunali sono la grande speranza per evitare la catastrofe ambientale.
La sua prima vittoria climatica è del 2015, per conto del gruppo non-profit Urgenda, contro il governo olandese al quale la Corte suprema ordina di tagliare le emissioni del 25% entro il 2021 rispetto al 1990.
Per Roger Cox, il sistema giudiziario ha il compito di proteggerci dalle violazioni dei diritti umani, e le conseguenze del caos climatico «sono la violazione più macroscopica».
«UNA VALANGA DI RICORSI contro l’industria fossile e quelle collegate, come il mondo automobilistico», ma anche contro le banche e i finanziatori: questo aveva previsto Cox dopo la vittoria Shell.
E le cause sono ormai numerose, in decine di paesi.
In Francia diverse associazioni accusano TotalEnergies di climaticidio, in Germania Greenpeace chiede per vie legali che Volkswagen smetta di produrre auto a combustione interna, altri attivisti fanno lo stesso contro Bmw e Daimler.
In Italia Greenpeace e Re:Common a maggio 2023 hanno presentato una causa civile per danni contro Eni e A Sud porta avanti da anni Giudizio universale, causa climatica contro il governo italiano, per inadempienza.
(Articolo di Marinella Correggia, pubblicato con questo titolo il 25 gennaio 2024 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)
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