Si è appena chiuso l’anno più caldo almeno dal 1850 – ma probabilmente degli ultimi 100mila anni – a livello globale e il secondo in classifica per l’Italia, dove il 2023 ha registrato un’anomalia di +1,12°C rispetto al 1991-2020. Solo nel 2022 è andata peggio, per un soffio (0,04°C in più).
Un andamento che ha fatto crescere gli eventi meteo estremi che si sono abbattuti sul nostro Paese (+22%), con un allarme siccità già presente a macchia di leopardo sul territorio, nonostante si sia ancora in pieno inverno.
«L’Italia si conferma un avamposto dell’estremizzazione climatica», spiega l’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica (Anbi), dettagliando i dati raccolti lungo lo Stivale, evidenziando come Sardegna e Sicilia siano «già in allarme per l’acqua».
«A gennaio – argomenta l’Anbi – è già crisi idrica in Sardegna con invasi regionali ad un livello d’emergenza rossa nei comprensori di Sardegna Nord Occidentale, Alto Cixerri, Posada ed Ogliastra; a causa della scarsità di piogge e del caldo anomalo, la richiesta d’acqua è stata superiore al consueto e ha comportato, nel solo mese di dicembre, una riduzione di oltre 14 milioni di metri cubi nella disponibilità idrica presente negli invasi, dove attualmente mancano circa 380 milioni rispetto alla media degli anni recenti e il bilancio è negativo anche in rapporto all’anno scorso».
Non va meglio in Sicilia, dove la crisi idrica certificata dalla Regione «ha già comportato il razionamento dell’acqua in 39 comuni nell’area di Palermo, Agrigento e Caltanissetta; prima dell’ondata di maltempo, che ha investito l’isola nei giorni scorsi (abbondanti cumulate di pioggia con punte che hanno sfiorato mm.100 in 24 ore a Monreale e Ragusa; trombe marine hanno interessato i comuni di Terrasini, Capo d’Orlando, Portopalo di Capo Passero, Patti; grandinate su Ragusano e Trapanese), si erano avuti 3 mesi di siccità estrema con piogge pressoché assenti e temperature, che hanno superato ogni record: al 1° dicembre, le riserve idriche negli invasi erano inferiori di ben 45,6 milioni di metri cubi (-13%) rispetto ad un anno prima ed attualmente mancano all’appello circa 54 milioni e mezzo di metri cubi sulle medie più recenti».
Anche in Piemonte a dicembre ha piovuto il 23% in meno (nell’intero 2023 il dato si ferma a -8%), con grandi differenze tra le zone alpine (+50%) e quelle di pianura (da -60% a -80% in base alle aree); in Lombardia invece le riserve idriche segnano -8,9%, con quelle niviali che a inizio 2024 hanno perso oltre il 40% rispetto alla media.
Ma in questo inizio d’anno, il problema siccità è comunque concentrato soprattutto al sud, al contrario di quanto avvenuto nel 2023.
«La Toscana – osserva il dg Anbi, Massimo Gargano – è la frontiera idraulica di un’Italia che, riprendendo l’immagine più consueta, vede il sud in maggiore stress idrico, dovuto al combinato fra alte temperature e minori precipitazioni: una situazione diametralmente opposta a quanto si registrava l’anno scorso e che ci conferma alla mercé di andamenti meteo ormai imprevedibili».
Andamenti ai quali comunque siamo chiamati ad adattarci, oltre a cercare di evitare il peggio proseguendo nella transizione ecologica, ovvero abbandonando le fonti di energia fossili per passare alle rinnovabili.
«Lo scorso anno abbiamo iniziato a parlare di emergenza siccità a febbraio. Quest’anno Anbi già lancia l’allarme, con zone della penisola in crisi idrica, tra invasi a livelli d’emergenza rossa e inizio dei razionamenti – commentano i deputati M5S Ilaria Fontana, Patty L’Abbate, Daniela Morfino e Agostino Santillo – Una situazione che conferma quanto il problema ormai non sia più emergenziale, ma strutturale, e richieda interventi mirati.
Quelli che questo Governo a più di un anno dal suo insediamento non ha ancora fatto».
La scorsa primavera si è insediata la Cabina di regia contro la siccità, voluta dal Governo Meloni e presieduta dal ministro Salvini.
A maggio c’è stata la prima riunione, ma da allora sembra sparita nel nulla.
Le regioni hanno avanzato proposte d’investimento (la Toscana ad esempio ha avanzato progetti per 802 mln di euro, oltre ad aver avviato il proprio Piano di tutela dell’acqua, ma le risposte non sono ancora pervenute); il commissario nazionale Nicola Dell’Acqua ha indicato tre ragionevoli priorità d’azione, per le quali al momento non sono noti gli sviluppi; le principali utility idriche italiane hanno messo sul piatto investimenti per 11 mld di euro, ma la regia politica per coordinarli latita.
Nel frattempo, nell’ultimo trentennio climatologico 1991-2020 la disponibilità di acqua in Italia è già diminuita del 20%, rispetto al periodo 1921-1950, e se non si porrà un freno al cambiamento climatico potremmo perdere un altro 40-90% entro fine secolo.
(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 12 gennaio 2024 sul sito online “greenreport.it”)