Mentre il Medio Oriente esplode dallo Yemen alla Siria e dal Libano all’Iraq, secondo tre agenzie Onu – Word Food Programme (WFP), Unicef e Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – «è urgente una svolta nel flusso di aiuti umanitari a Gaza, con l’aumento del rischio di carestia e del numero di persone esposto ad epidemie di malattie letali».
I responsabili di WFP, Unicef e Oms affermano in un comunicato congiunto che «l’arrivo di un numero sufficiente di rifornimenti a Gaza e la loro distribuzione dipendono dall’apertura di nuove vie d’accesso, dall’autorizzazione di un maggior numero di camion a superare i controlli di frontiera ogni giorno, dalla riduzione delle restrizioni al movimento degli operatori umanitari e dalla garanzia di sicurezza per le persone che accedono e distribuiscono gli aiuti.
Senza la possibilità di produrre o importare cibo, l’intera popolazione di Gaza dipende dagli aiuti per sopravvivere.
Ma gli aiuti umanitari da soli non possono soddisfare i bisogni essenziali della popolazione di Gaza.
Le Nazioni Unite, le agenzie umanitarie internazionali e le organizzazioni non governative sono riuscite finora a fornire una limitata assistenza umanitaria a Gaza, nonostante le condizioni straordinariamente difficili, ma le quantità sono ben al di sotto di quanto necessario per prevenire una combinazione letale di fame, malnutrizione e malattie.
La carenza di cibo, acqua pulita e assistenza medica è particolarmente grave nelle aree settentrionali».
Le tre agenzie Onu denunciano che «l’azione umanitaria è seriamente limitata dalla chiusura di tutti i valichi di frontiera del sud eccetto due, e dal processo di controllo a più livelli per i camion che entrano a Gaza.
Una volta entrati, gli sforzi per creare punti di assistenza per le persone bisognose sono ostacolati dai bombardamenti e dalle linee del fronte in continuo movimento, che mettono in pericolo le vite della popolazione di Gaza e del personale delle Nazioni Unite e di altri operatori umanitari che cercano di aiutarli».
La direttrice esecutiva del WFP, Cindy McCain, ha avvertito che «le persone a Gaza rischiano di morire di fame a pochi chilometri dai camion pieni di cibo.
Ogni ora persa mette a rischio innumerevoli vite.
Possiamo tenere a bada la carestia, ma solo se riusciamo a fornire scorte sufficienti e ad avere un accesso sicuro a tutti coloro che ne hanno bisogno, ovunque si trovino».
L’ultimo rapporto sulla fase di classificazione integrata della sicurezza alimentare e della nutrizione (IPC) ha rilevato «livelli devastanti di insicurezza alimentare a Gaza» e ha confermato che «l’intera popolazione di Gaza – circa 2,2 milioni di persone – si trova in una situazione a livello di crisi o peggiore di insicurezza alimentare acuta.
Praticamente tutti i palestinesi di Gaza saltano i pasti ogni giorno, mentre molti adulti soffrono la fame per far mangiare i bambini», e il rapporto ha lanciato l’allarme carestia, se le condizioni attuali persistono.
Il WFP fornisce cibo alla popolazione di Gaza ogni giorno dal 7 ottobre e a dicembre ha raggiunto più di 900.000 persone con assistenza alimentare.
L’Agenzia Onu Premio Nobel per la Pace spiega che «questo ha richiesto l’adozione di nuovi modi di operare con i partner locali, tra cui la ricerca di siti sicuri per le distribuzioni, l’invio di farina di grano ai panifici affinché possano riprendere la produzione e la distribuzione di speciali integratori alimentari per aiutare i bambini a combattere la malnutrizione.
Giovedì, il primo convoglio alimentare del WFP a nord di Gaza dopo la pausa umanitaria ha consegnato scorte alimentari per circa 8.000 persone».
La guerra ha anche danneggiato o distrutto infrastrutture e servizi essenziali per l’acqua, le strutture igieniche e per la salute e ha limitato la capacità di curare la malnutrizione grave e le epidemie di malattie infettive.
L’Unicef prevede che «con i 335.000 bambini di Gaza sotto i 5 anni particolarmente vulnerabili, nelle prossime settimane, la malnutrizione acuta fra i bambini, la forma di malnutrizione più pericolosa per la loro vita, potrebbe aumentare rispetto alle condizioni pre-crisi di quasi il 30 per cento, colpendo fino a 10.000 bambini».
La direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, aggiunge: «I bambini ad alto rischio di morte per malnutrizione e malattie hanno un disperato bisogno di cure mediche, acqua pulita e servizi igienici, ma le condizioni sul campo non ci permettono di raggiungere in sicurezza i bambini e le famiglie che ne hanno bisogno.
Alcuni dei materiali di cui abbiamo disperatamente bisogno per riparare e aumentare l’approvvigionamento idrico non possono entrare a Gaza.
Le vite dei bambini e delle loro famiglie sono in bilico.
Ogni minuto è importante».
Da novembre, l’Unicef segnala che i bambini nel sud di Gaza hanno accesso solo a 1,5-2 litri di acqua al giorno, ben al di sotto delle quantità raccomandate per la sopravvivenza.
Per far fronte a questa situazione, l’Unicef e i suoi partner hanno fornito acqua potabile sicura a oltre 1,3 milioni di persone, ma è necessario molto di più per affrontare le condizioni disperate.
Inoltre, l’Unicef ha fornito aiuti medici, tra cui 600.000 dosi di vaccino, integratori alimentari e vitamine a bambini e donne in gravidanza, e trasferimenti umanitari in denaro a oltre 500.000 famiglie.
Dall’inizio delle ostilità, l’Oms e i suoi partner hanno sostenuto il sistema sanitario di Gaza – ormai praticamente distrutto dai bombardamenti israeliani – con consegne di attrezzature e forniture mediche, medicinali, carburante, coordinamento di team medici di emergenza e sorveglianza delle malattie.
Ci sono state più di una dozzina di missioni ad alto rischio per consegnare forniture agli ospedali nel nord e nel sud di Gaza.
L’Oms e i partner hanno contribuito alla creazione di due cucine all’ospedale di Al-Shifa, che ora servono 1.200 pasti al giorno, e hanno consegnato forniture mediche per sostenere la cura di 1.250 bambini colpiti da malnutrizione acuta grave e la creazione di centri di alimentazione terapeutica.
Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, evidenzia che «la popolazione di Gaza soffre per la mancanza di cibo, acqua, medicinali e assistenza sanitaria adeguata.
La carestia renderà catastrofica una situazione già terribile, perché le persone malate hanno maggiori probabilità di soccombere alla fame e le persone affamate sono più vulnerabili alle malattie.
Abbiamo bisogno di un accesso sicuro e senza ostacoli per consegnare gli aiuti e di un cessate il fuoco umanitario per prevenire ulteriori morti e sofferenze».
Per le Agenzie Onu «l’autorizzazione israeliana all’uso di un porto funzionante vicino alla Striscia di Gaza e ai valichi di frontiera verso il nord è un’esigenza cruciale per le agenzie umanitarie.
L’accesso al porto di Ashdod, a circa 40 km a nord, consentirebbe di fare entrare quantità significativamente maggiori di aiuti e di trasportarli direttamente nelle regioni settentrionali di Gaza, gravemente colpite, dove pochi convogli sono riusciti ad arrivare».
Il commissario generale dell’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA) Phillip Lazzarini, fa notare che «il flusso di aiuti è stato un rivolo rispetto a un mare di bisogni umanitari.
Gli aiuti umanitari non saranno sufficienti a contrastare l’aggravarsi della fame tra la popolazione.
Le forniture commerciali sono indispensabili per consentire la riapertura dei mercati e del settore privato e fornire un’alternativa al modo in cui si accede al cibo».
Russell, McCain e Ghebreyesus sottolineano «l’urgente necessità di rimuovere le barriere e le restrizioni alla consegna degli aiuti a Gaza e all’interno di Gaza, e di far riprendere il traffico commerciale» e ribadiscono la richiesta di «un cessate il fuoco umanitario per consentire l’avvio di un’operazione umanitaria massiccia e multiagenzia di vitale importanza».
Alle loro voci si è aggiunta quella del segretario generale dell’Onu António Guterres che in una dichiarazione alla stampa sulla situazione in Medio Oriente ha detto: «Sono trascorsi più di 100 giorni dai terribili attacchi di Hamas del 7 ottobre, che costarono la vita a più di mille israeliani e non solo, e provocarono il brutale sequestro di ostaggi.
Ogni giorno penso all’angoscia delle famiglie che ho incontrato.
Chiedo ancora una volta il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi.
Nel frattempo, devono essere trattati umanamente e devono essere autorizzati a ricevere visite e assistenza da parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
I resoconti delle violenze sessuali commesse da Hamas e altri il 7 ottobre devono essere rigorosamente indagati e perseguiti.
Niente può giustificare l’uccisione deliberata, il ferimento e il rapimento di civili – o il lancio di razzi verso obiettivi civili.
Allo stesso tempo, l’assalto a Gaza da parte delle forze israeliane in questi 100 giorni ha scatenato distruzione totale e livelli di uccisioni di civili a un ritmo senza precedenti durante i miei anni come Segretario generale.
La stragrande maggioranza delle persone uccise sono donne e bambini.
Niente può giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese».
Guterres ha rilanciato l’allarme di WFP, Unicef e Oms: «La situazione umanitaria a Gaza è al di là delle parole.
Da nessuna parte e nessuno è al sicuro.
Le persone traumatizzate vengono spinte in aree sempre più limitate del sud, che stanno diventando intollerabili e pericolosamente congestionate.
Sebbene siano stati fatti alcuni passi per aumentare il flusso di assistenza umanitaria a Gaza, i soccorsi salvavita non stanno arrivando alle persone che hanno sopportato mesi di attacchi implacabili, nemmeno lontanamente vicini alla portata necessaria.
La lunga ombra della fame incombe sulla popolazione di Gaza, insieme a malattie, malnutrizione e altre minacce alla salute.
Sono profondamente turbato dalla chiara violazione del diritto internazionale umanitario a cui stiamo assistendo.
La settimana scorsa, il sottosegretario generale Sigrid Kaag ha iniziato il suo lavoro come coordinatore senior per gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza, in linea con la risoluzione 2720 del Consiglio di sicurezza.
Chiedo a tutti gli Stati e alle parti in conflitto la loro piena cooperazione, poiché lavora anche con i membri del Consiglio di Sicurezza e gli attori regionali per rispettare il mandato stabilito nella risoluzione».
Il capo dell’Onu ha ricordato che «un’operazione di aiuto efficace a Gaza – o altrove – richiede alcuni principi fondamentali.
Richiede sicurezza.
Richiede un ambiente in cui il personale possa lavorare in sicurezza.
Richiede la logistica necessaria e la ripresa dell’attività commerciale.
Gli ostacoli agli aiuti sono chiari – e sono stati identificati non solo dalle Nazioni Unite, ma da funzionari di tutto il mondo che hanno visto la situazione con i propri occhi.
Primo, le Nazioni Unite e i nostri partner non possono fornire aiuti umanitari in modo efficace mentre Gaza è sottoposta a un bombardamento così pesante, diffuso e incessante.
Ciò mette in pericolo la vita di coloro che ricevono gli aiuti e di coloro che li forniscono.
La stragrande maggioranza del nostro personale palestinese a Gaza è stato costretto a fuggire dalle proprie case.
Dal 7 ottobre, 152 membri del personale delle Nazioni Unite sono stati uccisi a Gaza – la più grande perdita di vite umane nella storia della nostra organizzazione – una cifra straziante e fonte di profondo dolore.
Tuttavia, gli operatori umanitari, sotto enorme pressione e senza garanzie di sicurezza, stanno facendo del loro meglio per portare avanti gli aiuti all’interno di Gaza.
Continuiamo a chiedere un accesso umanitario rapido, sicuro, senza ostacoli, ampliato e duraturo dentro e attraverso Gaza.
Secondo, l’operazione di aiuto deve affrontare ostacoli significativi al confine di Gaza.
Materiali vitali – tra cui attrezzature mediche salvavita e parti fondamentali per la riparazione di strutture e infrastrutture idriche – sono stati rifiutati con poca o nessuna spiegazione, interrompendo il flusso di forniture critiche e la ripresa dei servizi di base.
E quando un articolo viene rifiutato, il lungo processo di approvazione ricomincia da zero per l’intero carico.
Terzo, l’operazione di aiuto incontra grossi ostacoli alla distribuzione all’interno di Gaza.
Questo include ripetuti divieti di accesso al nord, dove rimangono centinaia di migliaia di persone.
Dall’inizio dell’anno, solo 7 delle 29 missioni per portare aiuti al nord hanno potuto procedere.
Ampi tratti di percorsi concordati non possono essere utilizzati a causa dei pesanti combattimenti e delle macerie, e gli ordigni inesplosi minacciano anche i convogli.
Non vengono rispettati i sistemi di notifica umanitaria per massimizzare la sicurezza delle operazioni di aiuto.
Inoltre, i frequenti blackout delle telecomunicazioni impediscono agli operatori umanitari di cercare le strade più sicure, coordinare la distribuzione degli aiuti o monitorare i movimenti degli sfollati che necessitano di assistenza».
Guterres ha confermato che «stiamo cercando di accelerare la risposta, ma abbiamo bisogno di condizioni di base.
Le parti devono rispettare il diritto internazionale umanitario, rispettare e proteggere i civili e garantire che i loro bisogni essenziali siano soddisfatti.
E deve esserci un aumento immediato e massiccio dell’offerta commerciale di beni essenziali.
Da soli, l’Onu e i partner umanitari non possono da soli fornire a tutta la popolazione i beni di prima necessità che dovrebbero essere disponibili anche sui mercati».
Il segretario generale dell’Onu ha poi analizzato la situazione fuori da Gaza: «Nel frattempo, il calderone delle tensioni nella Cisgiordania occupata sta ribollendo con un’accresciuta violenza che aggrava una già terribile crisi fiscale per l’Autorità Palestinese.
Le tensioni sono alle stelle anche nel Mar Rosso e oltre – e potrebbero presto essere impossibili da contenere.
Nutro serie preoccupazioni per gli scontri a fuoco quotidiani lungo la Linea Blu.
Questo rischia di innescare un’escalation più ampia tra Israele e Libano e di incidere profondamente sulla stabilità regionale.
Decine di migliaia di persone nel nord di Israele e nel sud del Libano sono state sfollate a causa dei combattimenti e l’accesso umanitario in Libano continua a essere limitato.
Sono profondamente preoccupato per ciò che sta accadendo.
È mio dovere trasmettere questo messaggio semplice e diretto a tutte le parti: smettere di giocare con il fuoco oltre la Linea Blu, ridurre l’escalation e porre fine alle ostilità in conformità con la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza».
Guterres è convinto che per il livello senza precedenti di vittime civili e le catastrofiche condizioni umanitarie a Gaza, il destino degli ostaggi e le tensioni che si stanno diffondendo in tutta la regione ci sia un’unica soluzione: «Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco umanitario immediato.
Per garantire che aiuti sufficienti arrivino dove sono necessari.
Per facilitare il rilascio degli ostaggi.
Per reprimere le fiamme di una guerra più ampia perché più a lungo continua il conflitto a Gaza, maggiore è il rischio di escalation ed errori di calcolo.
Non possiamo vedere in Libano quello che vediamo a Gaza.
E non possiamo permettere che ciò che sta accadendo a Gaza continui».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 16 gennaio 2024 sul sito online “greenreport.it”)