Il 30 novembre 2023 è stata pubblicata la sentenza n. 17967 con cui il TAR del Lazio ha sancito l’esistenza del vincolo paesaggistico nel “Centro storico” di Roma ed il conseguente obbligo di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per tutti i lavori da realizzare all’interno dell’area perimetrata: alla sentenza ho dedicato un articolo pubblicato il 3 dicembre 2023 (vedi https://www.rodolfobosi.it/editoriali/il-tar-ha-sancito-lesistenza-del-vincolo-paesaggistico-del-centro-storico-di-roma-negata-invece-dalla-soprintendenza-speciale-archeologia-belle-arti-e-paesaggio-di-roma/).
Il successivo 5 dicembre sul sito online “Legal Team”, composto (come ufficialmente dichiarato) “da un gruppo di lavoro agile e qualificato, formato da professionisti uniti dalla comune volontà di interagire e cooperare per soddisfare le esigenze dei settori di riferimento” è stato pubblicato un articolo sulla suddetta sentenza dal titolo «Roma, ancora incertezze sul regime di autorizzazione paesaggistica della “zona UNESCO» (vedi https://legal-team.it/roma-unesco-autorizzazione-paesaggistica-tar-ptpr/).
L’articolo porta la firma dell’avv. Andrea Di Leo, che fin dalla prima parte precisa che l’oggetto della controversia decisa dal TAR riguarda una S.C.I.A. (Segnalazione Certificata di Inizio di Attività) del 2016 e tale circostanza costituisca un «importante dato cronologico», «al fine di “perimetrare” le conseguenze della sentenza».
Avv. Andrea Di Leo
Nel prosieguo dell’articolo, ed in particolare nella seconda parte e nelle sue considerazioni finali, l’avv. Di Leo spiega come a suo dire, deve essere interpretata la sentenza e quali sono i limiti del giudicato, rifacendosi alle diverse formulazioni dell’iniziale comma 15 dell’art. 43 delle Norme del P.T.P.R. (Piano Territoriale Paesistico Regionale) così come adottato nel 2007, poi divenuto il comma 19 dell’art. 44 approvato con deliberazione n. 5 del 2 agosto 2019 del Consiglio Regionale del Lazio (e non “DGR” come erroneamente riportato nell’articolo), ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale, costringendo la Regione all’approvazione definitiva del PTPR (deliberazione del Consiglio Regionale n. 5 del 21 aprile 2021) con una diversa formulazione del comma 19 dell’art. 44 delle Norme del P.T.P.R..
Il primitivo l’art. 43 delle Norme del P.T.P.R. del 2007 dettava le prescrizioni di tutela di tutti i centri storici dei Comuni del Lazio, ma il comma 15 non ne consentiva l’applicazione nei siti UNESCO perché rimandava la tutela alla «redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale” firmata a Parigi il 10 novembre 1972 ratificata con legge 6 aprile 1977 n. 184 e successive modifiche ed integrazioni».
Si fa presente al riguardo che ogni piano di gestione ha valore solo di indirizzo e non può quindi avere valore dispositivo come le Norme del P.T.P.R. applicate alle aree soggette a vincolo.
Anche l’art. 44 delle Norme del P.T.P.R. approvato nel 2019, ma poi bocciato dalla Corte Costituzionale, dettava le prescrizioni di tutela di tutti i centri storici dei Comuni del Lazio, ma il comma 19 non ne consentiva l’applicazione nei siti UNESCO perché rimandava la tutela precisando che «all’interno di tale perimetro, le valutazioni in ordine alla conformità e compatibilità paesaggistica degli interventi sono esercitate dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma, secondo quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)».
Il vigente comma 19 dell’art. 44 delle Norme del P.T.P.R. definitivamente approvato nel 2021 dispone testualmente: «Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità. Nelle more della definizione di tali specifiche prescrizioni, il controllo degli interventi è comunque garantito dalla Soprintendenza competente nel rispetto di quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)».
Si mette in risalto che a distanza ormai di più di 2 anni ed otto mesi dalla approvazione definitiva del P.T.P.R. Regione e Ministero debbono ancora definire le specifiche prescrizioni di tutela del vincolo paesaggistico del centro storico di Roma.
L’avv. Andrea Di Leo fa un distinguo (che come si dimostrerà più avanti non appare fondato) tra l’iniziale comma 15 dell’art. 43 adottato, che rimandava la tutela al piano di gestione del sito UNESCO, ed il comma 19 dell’art. 44 che pur nella diversa formulazione del 2019 e del 2021 rimanda pur sempre al Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009).
Sulla base di tale distinguo l’avv. Di Leo arriva alle seguenti conclusioni:
«La nuova, e definitiva, versione del PTPR appare, ben più lineare e, a nostro avviso, non suscettibile di essere interpretata secondo i criteri individuati dal TAR Lazio nelle citate decisioni, riferite, infatti al testo del piano paesaggistico solo adottato.
Infatti, la scelta (concertata, si ripete, tra Ministero e Regione) è nel senso di:
- prevedere la non applicazione della disciplina “ordinaria” che il PTPR detta per gli “insediamenti urbani storici“;
- demandare ad un successivo atto le specifiche prescrizioni per l’area UNESCO di Roma (l’adottando “Piano di gestione”);
- chiarire, in modo cristallino, che fintanto che non interverrà tale nuova disciplina prescrittiva, il regime autorizzatorio è quello individuato dal protocollo di intesa MiC – Roma Capitale, con un sostanziale (ancorché “a tempo”) upgrade della disciplina di PRG (art. 24, co. 19 NTA) elevata a normativa “anche paesaggistica”.
D’altronde, sia consentito osservarlo, non è dato comprendere l’utilità concreta (al livello di tutela) di doppiare il regime autorizzatorio previsto dal PRG con una ulteriore autorizzazione paesaggistica resa dal medesimo soggetto istituzionale (la Soprintendenza speciale per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma).»
La “tesi” dell’avv. Andrea Di Leo merita le seguenti osservazioni.
1 – La sentenza del TAR non è riferita esclusivamente al testo del piano paesaggistico solo adottato – Secondo l’avv. Di Leo la sentenza sarebbe riferita solo al comma 15 dell’art. 43 delle Norme del P.T.P.R. adottato e non anche al comma 19 dell’art. 44 del P.T.P.R. definitivamente approvato.
Le successive osservazioni dimostreranno il contrario.
2 – Il comma 19 dell’art. 24 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. di Roma non può essere equiparato anche a norma “paesaggistica” – L’avv. Andrea Di Leo arriva ad affermare in conclusione che non riesce a «comprendere l’utilità concreta (al livello di tutela) di doppiare il regime autorizzatorio previsto dal PRG con una ulteriore autorizzazione paesaggistica resa dal medesimo soggetto istituzionale».
Una affermazione del genere indurrebbe a rimarcare una inaccettabile “ignoranza” (nel senso non offensivo di mancata conoscenza), che invece è la stessa sentenza del TAR ad escludere, dal momento che affronta anche tale questione, per cui trattasi quanto meno di una “tesi” del tutto strumentale priva di qualsiasi fondamento giuridico.
Il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, emanato con il Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, distingue tra i vincoli archeologici e storico-monumentali (nella parte II) e vincoli paesaggistici (nella parte III).
Al punto 4 del “Diritto” della sentenza è riportato il seguente chiarimento al riguardo: «La controinteressata OMISSIS s.p.a. è proprietaria dell’area cortilizia interna dello stabile denominato “Palazzo Bracci”, oltre che di un “negozio” ubicato al civico 20 di via del Corso e sito al piano terra dell’edificio.
È pacifico tra le parti che il suddetto Palazzo non è un “bene culturale” soggetto a tutela cd “monumentale” ai sensi dell’art. 10 e ss. d. lgs. n. 42/2004, con conseguente inapplicabilità delle previsioni dettate dalla parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le quali impongono, tra l’altro, di sottoporre alla preventiva autorizzazione della competente Soprintendenza (nel caso di specie, l’attuale Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma del Ministero della cultura) le “opere e lavori di qualunque genere” da effettuarsi sui beni culturali (cfr. art. 21, co. 4).»
La Sezione Seconda Quater del TAR del Lazio ha stabilito a chiare note che Palazzo Bracci non è sottoposto a vincolo storico-monumentale, la cui normativa di tutela non può essere quindi equiparata anche a “norma paesaggistica”.
Facendo confusione tra i due diversi tipi di vincoli, l’Avv. Andrea Di Leo arriva ad affermare che «non è dato comprendere l’utilità concreta (al livello di tutela) di doppiare il regime autorizzatorio previsto dal PRG con una ulteriore autorizzazione paesaggistica resa dal medesimo soggetto istituzionale (la Soprintendenza speciale per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma)».
Si mette in evidenza che nello stesso errore è incorso l’allora Assessore all’Urbanistica della Regione Lazio, Massimiliano Valeriani, convinto anche lui che ci fosse un doppione del regime autorizzatorio.
3 – La disposizione del comma 19 dell’art. 24 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. di Roma ha valore solo consultivo e non può essere quindi vincolante – L’avv. Andrea Di Leo arriva alla seguente considerazione finale: «Come accennato, se è vero che l’ultima sentenza del TAR Lazio reca affermazioni di principio astrattamente idonee ad “andare oltre” alla normativa ratione temporis applicata (ossia il “vecchio” art. 43, co. 15 NTA PTPR), occorre osservare come ad oggi il vigente art. 44 co. 19 NTA PTPR non pare consentire (salvo sua rituale impugnativa in futuri giudizi amministrativi che dovesse concludersi con una espressa pronuncia di annullamento) di ritenere operante l’obbligo di acquisire l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/2004 per intervento nella Città Storica di Roma Capitale – zona UNESCO. »
Si ribadisce quanto detto in precedenza al primo punto delle osservazioni, vale a dire che non risponde al vero che la sentenza sarebbe riferita solo al comma 15 dell’art. 43 delle Norme del P.T.P.R. adottato e non anche al comma 19 dell’art. 44 del P.T.P.R. definitivamente approvato.
Ne è una diretta conferma quanto si legge in sentenza riguardo proprio al Protocollo d’Intesa tra Comune e Ministero (QI/57701 dell’8 settembre 2009), che rimanda la tutela al comma 19 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente P.R.G. del Comune di Roma: «Ne consegue che non può in alcun modo equipararsi a detto parere vincolante quello, meramente “consultivo”, previsto dall’art. 24, co. 19 delle N.T.A. del P.R.G. di Roma Capitale: quest’ultimo, seppure obbligatorio (così espressamente lo qualifica il comma 12 della medesima disposizione, cui rinvia il citato comma 19, con la precisazione che, per la parte di Città storica interna alle Mura Aureliane dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità, la competenza a pronunciarsi non è del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, bensì della Soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma), è sguarnito di forza cogente, potendo essere “disatteso” dall’amministrazione capitolina.»
4 – In base alla gerarchia delle fonti del Diritto il comma 19 dell’art. 44 delle Norme del P.T.P.R. approvato non può esimere dall’obbligo di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica prescritto dall’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 – A conferma dell’obbligo di rilascio della autorizzazione paesaggistica sempre e comunque in tutti i casi e non solo in quello esaminato dal TAR, si riportano i seguenti passi della sentenza: «Non può fondatamente ritenersi, dunque, che il Centro Storico di Roma, iscritto nella Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, non sia qualificabile quale “bene paesaggistico” ai sensi e per gli effetti della parte III del Codice del 2004, a meno di non voler “sposare” interpretazioni assolutamente devianti rispetto alle coordinate chiaramente tracciate a livello sovranazionale, costituzionale e legislativo.
…. 10.2. Da quanto sopra emerge, conseguentemente, che gli interventi edilizi che si intendano intraprendere su immobili ricompresi in luoghi o siti iscritti nella menzionata Lista UNESCO, tra cui quelli oggetto dell’istanza inoltrata dalla VAS (interessanti l’area cortilizia interna di Palazzo Bracci), devono necessariamente essere subordinati alla preventiva autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d. lgs. n. 42/2004, quale “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio” (cfr. comma 4).
Soccorre, ancora una volta, quanto chiarito dalla Sezione con la menzionata sent. n. 9688/2020, in cui è stato precisato che la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma è l’organo periferico dell’Amministrazione statale dei beni culturali “competente a rilasciare l’autorizzazione di cui all’art. 146 del d.lgs. 42/2004” per gli interventi edilizi da effettuarsi nel Centro Storico di Roma, autorizzazione necessaria per qualunque opera che interessi beni culturali o paesaggistici o ambientali, e puntualizzando che “il Ministero dei Beni Culturali ha un ruolo decisivo non solo nella fase di «imposizione del vincolo» – formulando la relativa proposta al Comitato UNESCO – ma anche nella fase successiva di «gestione del vincolo», (…) in sede di rilascio dell’autorizzazione di cui agli art. 21 e 146 del d.lgs. 42/2004 (Codice Beni Culturali) e di cui all’art. 25 della LR 24/1998, necessaria per effettuare interventi edilizi rispettivamente sui beni culturali e paesaggisti.
Ciò vale sia se tali beni siano di interesse meramente «nazionale», siano essi di rilevanza «mondiale» in quanto iscritti nella lista dell’UNESCO ai sensi della «Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale», firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184. Si tratta di un complesso combinato di norme poste da fonti di livello internazionale, nazionale e regionale, che sanciscono un ordine di competenze e di valori che non possono essere modificati né dall’art. 24 co. 19 delle NTA del nuovo PRG del Comune, né dalle Intese siglate dall’Ente Locale e dal Ministero il 8.9. 2009».
Ne deriva in conclusione che, a fronte della esistenza del vincolo paesaggistico del centro storico di Roma, non contestata dallo stesso avv. Andrea Di Leo, c’é sempre e comunque il conseguente obbligo di rilascio preventivo della autorizzazione paesaggistica relativa a qualunque progetto di trasformazione del territorio che avvenga dentro la zona UNESCO, sia a livello municipale (progetti assentibili con SCIA) che a livello comunale (progetti assentibili con permesso di costruire.
Ferma restando la suddetta conclusione, ci trova d’accordo la seguente considerazione finale dell’avv. Andrea Di Leo: «Appare comunque opportuno ed urgente che, sia per l’attualità che in relazione a iter urbanistico-edilizi conclusisi in passato, il Ministero, la Regione (e Roma Capitale, in sede di revisione, in itinere, delle NTA PRG) affrontino il tema, fornendo ad operatori privati ed uffici pubblici una chiara linea di indirizzo, onde evitare dubbi, contenziosi e scenari caotici che rischiano di coinvolgere importanti investimenti ed operazioni di riqualificazione della Città»
Dott. Arch. Rodolfo Bosi