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Rodolfo Bosi
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Home Governo del territorio

Sblocca Italia choc: “Nessun controllo ambiente a rischio”

23/09/2014
in Governo del territorio, News, Piani territoriali, Urbanistica
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Articolo di Antonello Caporale pubblicato il 17 settembre 2014 su “Il Fatto Quotidiano”.

 Immagine.Antonello Caporale

Antonello Caporale

L’evoluzione della specie. 

In 45 articoli e 56 pagine, rese pubbliche quattro giorni fa sulla Gazzetta Ufficiale, Matteo Renzi si congeda dal sospetto e sviluppa – apertis verbis – le fattezze di Silvio Berlusconi, raccoglie e mette in pratica i dieci comandamenti dell’uomo del fare. 

Fare strade, autostrade, ferrovie, tralicci, ponti, inceneritori, canali di scolo e ogni altro genere di combinato col calcestruzzo nel più breve tempo possibile. 

Fare, soprattutto progettare, possibilmente senza gufi intorno, mani alzate, vincoli, osservazioni, consigli, deduzioni.

Il mito della velocità è spirito del tempo e diviene finalmente – dopo un parto durato mesi – pratica legislativa. 

Il decreto legge si chiama Sblocca Italia, ed è una potente proiezione di ciò che diverrà il nostro Paese. 

[Si tratta del Decreto-Legge n. 133 del 12 settembre 2014, ndr.]

Persino Giuliano Amato, il dottor Sottile, la punta massima dell’eccellenza insieme politica e tecnocratica, sembra abbia dato una sbirciatina al turbopremier e in un biglietto riservato al capo dello Stato avrebbe poi vergato le sue prime considerazioni: ciò che non è riuscito a fare Berlusconi lo fa ora Renzi.

 Immagine.Giuliano Amato

Giuliano Amato

Napolitano ha letto il biglietto ma ha firmato ugualmente. 

È incostituzionale? 

Se la veda il Parlamento.

In effetti la legge, organizzata nei dettagli da Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e gran rappresentante di interessi diffusi, è stata sottoposta al vaglio di legittimità della dottoressa Nicoletta Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze oggi a presidio dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi. 

Immagine.Maurizio Lupi

Maurizio Lupi

Il decreto trasforma le peggiori promesse in realtà.

Inizia col prendere di petto (articolo 1) la costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità Napoli-Bari e indica nell’amministrazione delegato delle Fs il commissario all’opera. 

Costui ha poco tempo (due anni) per fare e avrà – ex lege – poca voglia di discutere. 

Sottoporrà il progetto definitivo, quindi già impacchettato bene, alle varie amministrazioni dello Stato e agli uffici chiamati alla tutela del paesaggio (che pure è un precetto costituzionale, articolo nove della Carta). 

Il commissario aspetterà (comma 4) che i burocrati annuiscano presto e bene. 

Se così non fosse o – peggio – non si presentasse al tavolo della concertazione o – peggio del peggio – si presentasse ma senza averne titolo, il commissario tirerà dritto e aprirà i cantieri.

Non deve informare il ministero che manca il visto ma fa come se ci fosse.

Se l’odioso burocrate si presentasse e manifestasse dissenso e lo motivasse persino, il commissario si prenderebbe una pausa di riflessione. 

Riflettendo con sé medesimo valuterebbe se l’obiezione fosse fondata o incongrua, adeguata o tignosa, volenterosa del bene comune (quindi del cemento) o solo di quello dei pini marittimi. 

Dopo aver brevemente dibattuto (esame interna corporis) il commissario decide se andare avanti o fermarsi. 

Da solo. 

Sembra una barzelletta ma è il risultato del combinato disposto degli undici commi nei quali si concentra e si espande la figura di questo superpotente per far viaggiare in tempo i treni tra Napoli e Bari. 

È una norma per adesso riferita a due sole opere (quella citata e la tratta Palermo-Catania-Messina), ma nel futuro diverrà il modello autocratico, la dimensione del fare a qualunque costo.

Fare o fare silenzio.

Tutte le opere definite grandi, urgenti e indifferibili, avranno una catena di comando blindata e un progetto chiuso. 

Le amministrazioni locali e tutti gli altri uffici chiamati a decidere potranno annuire e basta. 

Ed infatti il progetto, che prima doveva essere presentato nella sua formulazione “preliminare”, adesso viene concesso in visione a chi deve giudicare sull’impatto ambientale dell’opera da costruire nella sua versione definitiva.

Non ci può essere una obiezione assoluta (es: no a una tangenziale che tagli in due il Vesuvio), è consentita invece l’obiezione costruttiva. 

Un secondo esempio sarà utile: si localizza un ponte su un terreno massimamente franoso. 

Bisognerà riconsiderare i termini dell’evidenza e addolcirla, sminuzzarla, renderla supina alla ragion di Stato. Cercare dunque, se proprio non ce n’è altri, un terreno meno franoso sul quale costruire il ponte. 

E magari incrociare le dita.

Nell’ideologia renziana il mito della velocità è un cardine assoluto e l’uomo del fare farà a qualunque costo. Grandi facilitazioni anche a chi volesse installare antenne, tralicci e ogni altra specie di impianti radioelettrici.

Il penultimo comma dell’articolo 6 rende giustizia a Tim, Vodafone e a tutte le altre compagnie: possono poggiarle liberamente e ovunque, senza chiedere “autorizzazioni paesaggistiche” a condizione che non siano alte più di un metro e mezzo. 

Chiese, cattedrali, forse anche il Colosseo: ripetitori ovunque e dovunque e per tutte le tasche. 

E via libera anche (comma 7 dell’articolo 7) a tutti e servizi di collettamento delle acque, agli impianti di depurazione, alle varie bonifiche. 

L’autorizzazione s’intende concessa se il burocrate entro i trenta giorni non dà parere. Il silenzio-assenso funziona così.

Il turbopremier non ha previsto due casi di scuola: se il burocrate di turno, solo e disperato, fosse chiamato nello stesso periodo di tempo a redigere uno sproposito di pareri in quel medesimo territorio come potrebbe onorare la puntualità? 

Oppure, secondo caso, potrebbe colpevolmente distrarsi. 

Perché convinto a stare zitto (magari corrotto?) oppure restare inerte per la sua inguaribile fannullonaggine. 

In quel caso la sua condotta non verrà più sanzionata.

Prima del decreto l’autorità appaltante chiedeva la sostituzione del funzionario infingardo, a cui poteva seguire un provvedimento disciplinare. 

Da oggi il silenzio è come la tana libera tutti: meno si è meglio si appare.

Uguale uguale l’architettura legislativa per la costruzione degli inceneritori. 

Si possono localizzare anche dietro piazza della Signoria. 

Se l’ufficio non vede, cuore non duole. 

L’impatto ambientale che significa, nel caso per esempio di una fabbrica di pesticidi da autorizzare, anche impatto sulla salute di chi vive nelle vicinanze è rubricato come un fastidio e tenuto in conto con l’attenzione che si ha verso un ronzìo di mosche. 

Basta scacciarle con una mano o e il gioco è fatto. 

Renzi va veloce e, a quel che promette, il cemento pure.

 

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